Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14055 del 21/05/2021

Cassazione civile sez. I, 21/05/2021, (ud. 30/03/2021, dep. 21/05/2021), n.14055

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4334/2019 proposto da:

O.R., elettivamente domiciliato in Roma Viale Manzoni n.

81, presso lo studio dell’avvocato Giudice Emanuele, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 08/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/03/2021 da Dott. CAPRIOLI MAURA

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

O.R., cittadino nigeriano proveniente dall’Edo State, chiedeva alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Novara, la protezione internazionale nelle forme del riconoscimento dello status di rifugiato e, in via subordinata, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Esponeva di aver lasciato il proprio Paese in ragione dell’appartenenza ad un gruppo politico denominato (OMISSIS) e di essere perseguitato, per motivi politici, dalla giustizia nigeriana; aveva riferito di essere stato per questo arrestato nel corso di una grande manifestazione che aveva provocato diverse vittime e di essere riuscito a fuggire grazie al fatto che erano rimaste aperte le porte; di temere in caso di rientro in patria di essere ucciso dalla Polizia o di essere messo in carcere.

La domanda venne rigettata in sede amministrativa ed il richiedente impugnava il provvedimenti avanti il Tribunale di Torino che con Decreto n. 54 del 2019 lo rigettava condividendo la motivazione della Commissione che aveva ritenuto il richiedente non credibile in quanto erano state rilevate significative incongruenze del racconto.

Escluse, sulla base delle fonti internazionali, l’esistenza in Nigeria di un conflitto armato nel versante dello Stato di provenienza.

Rigettava la richiesta di protezione umanitaria ritenendo non sussistenti condizioni riconducibili al concetto di serio motivo umanitario.

O.R. propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

Il Ministero intimato non si costituisce.

Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si lamenta che il Tribunale avrebbe ritenuto non credibile la narrazione dei fatti esposta dal ricorrente valorizzando alcuni aspetti marginali (la partecipazione alla manifestazione del (OMISSIS) e la successiva attività di repressione governativa) rispetto alle effettive ragioni che hanno spinto il richiedente a lasciare la Nigeria estrapolando alcune dichiarazioni rese nell’ambito della seconda audizione avanti alla Commissione senza vagliare con la dovuta attenzione i chiarimenti offerti nel ricorso introduttivo circa le modalità della fuga dalla struttura ove era stato portato dopo la manifestazione.

Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si censura la motivazione espressa dal Tribunale,sulla base di mere formule di stile, in merito ai timori espressi dal richiedente relativamente al clima persecutorio e di violenza politica nei confronti dell’etnia (OMISSIS) e dei simpatizzanti e militanti dell'(OMISSIS).

Con un terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. C), in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si censura la decisione del Tribunale laddove ha ritenuto che non sarebbero emerse dalle dichiarazioni rese dal ricorrente fattori di individualizzazione del rischio effettivo di subire una minaccia grave ed individuale alla vita e alla persona sulla base delle allegazioni del richiedente che avrebbe ammesso di non aver svolto attività politica e di non aver ricevuto notizie di azioni penali o di polizia nei suoi confronti.

Si sostiene che tale conclusioni non sarebbe coerente con quanto effettivamente allegato nel ricorso introduttivo nel quale era stato affermato il pericolo concreto ed attuale cui è esposto qualunque simpatizzante o attivista del movimento (OMISSIS).

Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si critica la decisione nella parte in cui ha ritenuto di non riconoscere la misura della protezione umanitaria senza considerare che il richiedente era entrato in situazione di minore età ed aveva nel frattempo migliorato le sue condizioni di vita.

Con il quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2 ed comma 1, n. 1 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si sostiene che il Tribunale avrebbe omesso di valutare il rischio di subire una persecuzione per uno dei motivi indicati dall’art. 19 menzionato in rubrica in caso di rientro nel Paese d’origine e rilasciare in caso di esito positivo un permesso della durata di un anno.

I primi tre motivi che vanno esaminati congiuntamente perchè accomunati dalla medesima ragione di inammissibilità.

Secondo il principio costantemente affermato da questa Corte, in materia di protezione internazionale, il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (ex multis Cassazione civile, sez. I, 07/08/2019, n. 21142).

Nell’applicare i summenzionati parametri il Tribunale ha ritenuto incoerente ed inattendibile la ricostruzione sostenuta da parte ricorrente precisando le ragioni per le quali il racconto offerto non poteva ritenersi veritiero (pag. 3 e 4 del decreto). Privo di verosimiglianza è stata ritenuto l’episodio dell’arresto e delle modalità di fuga dalla struttura ove era detenuto.

La valutazione della credibilità è avvenuta su aspetti essenziali del racconto sui quali aveva fondato la richiesta di protezione internazionale, che il giudice di merito ha ritenuto inverosimili ed inattendibili, facendo corretta applicazione degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

Quanto, poi, alla censura concernente l’inadempimento del dovere di cooperazione istruttoria, in violazione del disposto di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, l’eventuale esito negativo della valutazione di credibilità, coerenza intrinseca e attendibilità della versione resa dal richiedente la protezione internazionale non rende operante il dovere di cooperazione istruttoria, che presuppone sempre un racconto credibile (Cassazione civile, sez. I, 30/08/2019, n. 21889; Cassazione civile, sez. I, 22/02/2019, n. 5354).

All’assenza di credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente la protezione internazionale consegue l’insussistenza di un danno grave ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria nelle ipotesi previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Le censure, a prescindere dalle già assorbenti considerazioni sopra esposte si risolvono, sostanzialmente, in una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice a quo, cui il ricorrente intenderebbe opporre, sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge, una diversa valutazione: ciò non è ammesso, però, nel giudizio di legittimità, che non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito secondo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. n. 21381 del 2006, nonchè le più recenti Cass. n. 8758 del 2017 e Cass. n. 7119 del 2020). Il quarto motivo è parimenti inammissibile perchè volto a richiedere a questa Corte di legittimità una rivalutazione del merito della decisione in ordine alla ricorrenza dei presupposti fattuali di applicazione della richiesta protezione umanitaria, e ciò in relazione al profilo, da un lato, della condizione di soggetto vulnerabile e, dall’altro, dell’integrazione sociale in Italia, profili sui quali invece si assiste, nel provvedimento impugnato, ad un’adeguata motivazione in fatto, che non può essere più censurata in questa sede giudiziale attraverso il denunciato vizio di violazione e falsa applicazione di legge.

Con riguardo all’ultimo motivo si censura sotto lo schermo di una violazione di legge un omesso esame censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va dichiarato inammissibile. Nessuna determinazione in punto spese della presente fase in assenza della costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2021

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