Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14055 del 04/06/2013
Civile Sent. Sez. 3 Num. 14055 Anno 2013
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: UCCELLA FULVIO
SENTENZA
sul ricorso 22755-2007 proposto da:
PEDUTO OTTAVIO PDTTTV39B19F839E, domfeiliato ex lege
in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
PASSARO AMEDEO con studio in 80137 NAPOLI, PIAZZA
CAVOUR 19 giusta delega in atti;
– ricorrente –
2013
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contro
ROMANO ANTONINO RMNNNN50CO3F162X, domiciliato ex lege
in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
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Data pubblicazione: 04/06/2013
MARESCA GIOACCHINO giusta delega in atti;
–
avverso la sentenza n.
controricorrente
2009/2007
–
della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/06/2007,
R.G.N.
2340/2004;
udienza del
09/04/2013
dal Consigliere Dott. FULVIO
UCCELLA;
udito l’Avvocato AMEDEO PASSARO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;
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udita la relazione della causa svolta nella pubblica
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Torre Annunziata in data 9 marzo 2004,
decidendo sulla domanda proposta da Peduto Ottavio nei
confronti di Romano Antonino e volta ad ottenere il rilascio
di una cantinola e di un vano ad essa attiguo, acquistati la
4 dicembre 1993, nonché per il risarcimento dei danni,
domanda, in seguito limitata ad ottenere la disponibilità
della sola cantinola così decideva:
dichiarava cessata la materia del contendere in ordine al
vano; rigettava la domanda di rilascio della cantinola;
rigettava la riconvenzionale dispiegata dal Romano per
ottenere il rimborso delle spese sostenute per il
mantenimento delle cose comuni e condannava l’ attore alle
spese di lite.
Su gravame del Peduto,
che chiedeva anche condanna
risarcitoria ex art.96 c.p.c. , cui resisteva il Romano, in
data 18 giugno 2007 la Corte di appello di Napoli confermava
la sentenza di prime cure.
Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il
Peduto, affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso il Romano.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1.-Con l’
unico motivo (
violazione dell’ art.112 c.p.c. in
relazione all’ art.360 n.5 c.p.c. per omessa, insufficiente
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prima dalla madre del Romano e il secondo con preliminare del
motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il
giudizio ) il ricorrente lamenta che erroneamente il giudice
dell’ appello avrebbe ritenuto che su di lui gravasse l’onere
di provare di essere titolare del diritto di agire in
rivendica sul bene posseduto dal Romano, non essendo
e stante una precedente sentenza passata in giudicato tra la
madre del Romano-Maresca Maria Giovanna- e lo stesso Peduto,
per la quale l’ oggetto della lite era stata la cantinola.
Assume il ricorrente che il Romano, in virtù di quella
sentenza che aveva dichiarato infondato ed integralmente
respinto la domanda di rivendica e quella di dichiarazione di
inefficacia del citato atto notarile non ne avrebbe eccepito
la inefficacia e ciò nonostante il giudice dell’ appello
avrebbe ritenuto che il Tribunale non avesse violato
l’art.112 c.p.c., perché la sentenza era passata in
giudicato.
Ad illustrazione del motivo viene formulato il seguente
quesito di diritto:
Se sussiste omessa motivazione ex art.360 n.5 c.p.c. in
relazione all’ eccepita violazione dell’ art.112 c.p.c. tra
chiesto e pronunciato, previa attribuzione di un bene
(cantinola) non richiesto da parte convenuta o comunque di
proprietà attorea in virtù di una sentenza passata in
giudicato fra le parti del presente giudizio e se una
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sufficiente l’ atto per notaio Chiariello del 13 agosto 1981
sentenza passata in giudicato fra le parti fa stato fra le
stesse”.
2.-Premesso che la doglianza è stata già oggetto di esame da
parte del giudice dell’appello, che ha integrato le
motivazioni della sentenza di primo grado ( p.4 sentenza
Infatti,
il vizio di cui all’ art.112 c.p.c. non può essere
dedotto sotto il profilo di cui all’art.360 n.5 c.p.c., bensì
sotto quello di cui all’art.360 n.4 c.p.c. (giurisprudenza
costante).
Se a ciò si aggiunge che in realtà il ricorrente, più che
lamentarsi della violazione dell’ art.112 c.p.c., richiede
una valutazione dei documenti versati in atti, peraltro
accuratamente esaminati dal giudice
a quo,
diversa da quella
fatta propria dalla sentenza impugnata e, quindi, propone una
indagine da parte del Collegio su una interpretazione degli
stessi riservata, come è noto, al giudice del merito, si è in
presenza di una ulteriore sanzione di inammissibilità alla
sua censura, anche perché -e su questo sorvola- il giudice
del merito ha ritenuto non provata la sua domanda, rettamente
qualificata d rivendica, perché la cantinola non
apparteneva alla Maresca Maria Giovanna, dante causa del
Peduto, in quanto non rientrava tra i beni da lei acquisiti
con atto del notaio De Luca del 1965 (p.5 sentenza impugnata)
e, quindi, non poteva essere accolta la domanda per
occupazione senza titolo ( p.6 sentenza impugnata ).
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impugnata ), la stessa va dichiarata inammissibile.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile e le
spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
cassazione, che liquida in euro 1.500, di cui euro 200 per
spese, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 aprile
2013.
ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di