Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14051 del 21/05/2021

Cassazione civile sez. I, 21/05/2021, (ud. 11/03/2021, dep. 21/05/2021), n.14051

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 19181/2015 proposto da:

G.P., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Gian Pio Papa, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

HDI Assicurazioni S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Boezio n. 4/c,

presso lo studio dell’avvocato Ettore Cappuccio, che la rappresenta

e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

B.V., C.P., D.R.G.,

E.A., F.S., Gi.An., Istituto Vigilanza Partenopea

Combattenti e Reduci S.r.l., Ktesios Cessione del Quinto S.p.a.,

M.L., Mu.Ci., P.R., Pa.Ra.,

Po.Lu.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2352/2015 della Corte d’appello di Napoli,

depositata il 23/5/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/3/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Ktesios Cessione del Quinto s.p.a. chiedeva al Tribunale di Napoli di essere ammessa tardivamente al passivo dell’amministrazione straordinaria dell’Istituto di Vigilanza Partenopea combattenti e reduci s.r.l. per effetto della stipula con una serie di suoi dipendenti, fra cui G.P., di un contratto di mutuo contro la cessione del quinto dei rispettivi stipendi.

1.1 HDI s.p.a., avendo stipulato in favore di Ktesios s.p.a. una polizza assicurativa contemplante il cd. rischio impiego per una serie dei mutui concessi, polizza che Ktesios s.p.a. aveva azionato conseguendo da HDI s.p.a. le somme che l’Istituto di Vigilanza non aveva corrisposto, chiedeva al medesimo Tribunale di essere ammessa al passivo per il credito vantato per T.F.R., maturato e non erogato ai dipendenti dell’Istituto di Vigilanza sottoscrittori delle polizze (fra cui il G.).

1.2 G.P., con ricorso L. Fall., ex art. 101, rappresentava a sua volta al Tribunale fallimentare di aver lavorato alle dipendenze dell’Istituto di Vigilanza Partenopea combattenti e reduci s.r.l., ora in a.s., e di aver ottenuto da Ktesios Cessione del Quinto s.p.a. l’erogazione di un mutuo, da rimborsarsi mediante cessione del quinto stipendiale e dell’intero T.F.R. e garantito da HDI Assicurazioni s.p.a.. Malgrado la ex datrice di lavoro avesse trattenuto l’intero credito a lui spettante a titolo di T.F.R. al momento della cessazione del rapporto, allo scopo di rimborsare il finanziamento concesso da Ktesios s.p.a., HDI Assicurazioni s.p.a. gli aveva notificato un decreto ingiuntivo di Euro 12.403,16, somma che la compagnia assicurativa aveva corrisposto alla stessa Ktesios in virtù della garanzia prestata ed a causa dell’interruzione dei rimborsi.

Il G. domandava quindi di essere ammesso al passivo della procedura per l’importo di Euro 12.403,16 in via privilegiata, risultando evidente che l’Istituto di Vigilanza Partenopea combattenti e reduci s.r.l. aveva trattenuto per sè tale somma, omettendo di versarla alla mutuante.

2. Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 24 aprile 2013, registrava che l’Istituto di Vigilanza Partenopea combattenti e reduci s.r.l. aveva trattenuto nella busta paga di liquidazione del G. l’importo di Euro 22.798,47 a titolo di anticipata estinzione del debito verso Ktesios e che HDI s.p.a. aveva pagato alla mutuante l’importo garantito di Euro 12.403,16 e, di conseguenza, ammetteva al passivo HDI s.p.a. per la somma versata e Ktesios per Euro 9.602,16.

Respingeva invece la domanda di ammissione al passivo del G., in quanto questi, per effetto della cessione, non era più legittimato a chiedere la somma pretesa nè aveva dato prova di aver provveduto ad alcun pagamento in favore di HDI Assicurazioni s.p.a., in modo da poter giustificare la richiesta di ammissione in via di surroga o regresso.

3. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 23 maggio 2015, rigettava l’impugnazione del G., rilevando come questi da un lato non avesse contestato l’assunto del primo giudice secondo cui il credito derivante dalla mancata restituzione del finanziamento poteva essere collocato al passivo una sola volta, dall’altro non avesse impugnato, ai sensi della L. Fall., art. 100 (nel testo applicabile ratione temporis), l’ammissione al passivo di HDI Assicurazioni s.p.a..

Nè giovava all’accoglimento della domanda del G. – a dire della Corte distrettuale – il fatto che la ex datrice di lavoro si fosse indebitamente appropriata degli emolumenti trattenuti, in quanto il pericolo che la compagnia assicurativa potesse conseguire sia il quinto dei suoi ratei pensionistici, a lei assegnati in sede esecutiva, sia le somme per cui era stata ammessa al passivo, in sede di riparto, poteva essere superato mediante rivalsa nei confronti della stessa HDI s.p.a. una volta che l’ingiustificato arricchimento si fosse verificato, recuperando le somme percepite in eccesso o sollecitando il giudice dell’esecuzione alla revoca dell’ordine di pagamento.

4. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso G.P. prospettando quattro motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso HDI Assicurazioni s.p.a..

Gli intimati Istituto di Vigilanza Partenopea combattenti e reduci s.r.l. in a.s., LKTS s.p.a. in liquidazione (già Ktesios Cessione del Quinto s.p.a.), P.R., D.R.G., Pa.Ra., B.V., C.R., E.A., Gi.An., M.L., Po.Lu., F.S. e Mu.Ci. non hanno svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. Il primo motivo di ricorso, sotto la rubrica “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto – omessa e/o contraddittoria motivazione – omesso esame circa un fatto decisivo della controversia”, assume che Ktesios Cessione del Quinto s.p.a. avesse dapprima mutato denominazione in LKTS s.p.a. e quindi avesse ceduto la propria attività a Mediocredito.

Tali circostanze, ove dichiarate dai difensori costituiti, avrebbero comportato l’interruzione del giudizio o quanto meno un riesame della posizione della mutuante, il cui liquidatore, non costituendosi, aveva di fatto rinunziato a ogni eventuale pretesa spettante alla ex Ktesios.

Il piano di riparto andava quindi assolutamente rivisto, alla luce di queste circostanze.

6. La decisione impugnata non fa alcun cenno alla questione relativa alla rinuncia al credito da parte di Ktesios in conseguenza della mancata costituzione del suo liquidatore.

Questo tema, introdotto per la prima volta in questa sede di legittimità, risulta di conseguenza inammissibile.

I motivi del ricorso per cassazione, infatti, devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito nè rilevabili d’ufficio (Cass. 1377/2003).

7.1 Il secondo motivo di ricorso, sotto la rubrica “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto – omessa e/o contraddittoria motivazione – omesso esame circa un fatto decisivo della controversia”, sostiene che la Corte d’appello abbia interpretato in maniera formalistica il principio secondo cui un credito, per poter essere insinuato in maniera tardiva, deve essere diverso per petitum e causa petendi da quello già fatto valere in via tempestiva, senza tener conto che la domanda si riferiva non a una cessione di credito, bensì a una restituzione di somme indebitamente trattenute dalla ex datrice di lavoro e non corrisposte alla compagine mutuante.

7.2 Il terzo motivo di ricorso, sotto la rubrica “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto – omessa e/o contraddittoria motivazione – omesso esame circa un fatto decisivo della controversia”, rappresenta in primo luogo che non esisteva più alcun residuo debito verso Ktesios, avendo la stessa compagine finanziatrice ammesso di essere già stata indennizzata di tutto.

Entrambi i giudici di merito non si sarebbero neppure accorti che nel momento in cui il G. aveva presentato la propria domanda tardiva di insinuazione al passivo non vi era stato ancora alcun riparto definitivo e HDI stava recuperando il proprio credito grazie all’assegnazione del quinto della pensione ottenuta in sede esecutiva. Il credito da non ammettersi doveva, quindi, essere quello di HDI e non quello dell’ex dipendente.

7.3 Il quarto motivo di ricorso, sotto la rubrica “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto – omessa e/o contraddittoria motivazione – omesso esame circa un fatto decisivo della controversia”, contesta che l’appellante non avesse impugnato vuoi l’affermazione del Tribunale secondo cui l’ammissione riguarda i crediti e non i creditori, vuoi l’ammissione al passivo di HDI, avendo domandato di essere ammesso al passivo per la somma già corrisposta a quest’ultima al fine di evitare che Istituto di Vigilanza Partenopea s.r.l. in a.s. nulla versasse di quanto dovuto.

8. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili.

8.1 Tutte le doglianze in esame assumono di voler censurare, nel contempo, la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, la carenza o la contraddittorietà della motivazione della decisione impugnata e l’omesso esame di un fatto decisivo.

Un simile coacervo di critiche non soddisfa però l’onere previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), di articolare il ricorso per cassazione in specifici motivi riconducibili in maniera immediata e inequivocabile a una delle ragioni di impugnazione stabilite dall’art. 360 c.p.c., comma 1 (cfr. Cass. 24247/2016, Cass. 18829/2016).

Il giudizio di cassazione, infatti, è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito; ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, in modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito (Cass. 19959/2014).

Un simile vizio affligge, all’evidenza, tutte le critiche in esame, posto che le stesse non spiegano se intendano rappresentare la violazione o la falsa applicazione di norme di diritto regolanti il rapporto sostanziale controverso o, piuttosto, di norme concernenti l’attività processuale e neppure si premurano di indicare specificamente i fatti storico-naturalistici (e non le questioni) che la Corte di merito avrebbe, in tesi, omesso di esaminare (oltre che il “come” e il “quando” tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti; Cass., Sez. U., 8053/2014).

In questo modo le doglianze presentate non risultano collegabili ai canoni previsti dall’art. 360 c.p.c., in presenza dei quali è possibile proporre ricorso per cassazione, e si riducono a un generico tentativo di rivedere nel merito la decisione già assunta dalla Corte distrettuale.

8.2 Oltre a ciò i motivi di ricorso non indicano quali siano le norme in tesi violate nè forniscono indicazioni per individuarle.

Il che costituisce un ulteriore motivo di inammissibilità, giacchè l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. U., 23745/2020).

8.3 I giudici di appello, nel registrare la tesi del G. secondo cui il soggetto indebitamente arricchitosi doveva essere identificato nella società datrice di lavoro (la quale, non versando gli emolumenti trattenuti, avrebbe posto in essere una condotta illecita configurabile come appropriazione indebita), hanno ritenuto che la doglianza, pur corretta, fosse priva di decisività, sia perchè l’ammissione al passivo ha ad oggetto i crediti e non i creditori (con la conseguente impossibilità che l’importo comunque causalmente ricollegabile a un’unica fonte obbligatoria possa essere ammesso al passivo due volte), sia perchè il pericolo prospettato dal G., consistente nel conseguimento da parte di HDI da un lato del quinto dei suoi ratei pensionistici, dall’altro del credito che l’istituto di vigilanza deve restituire al suo lavoratore, potrà trovare rimedio nella rivalsa nei confronti della stessa HDI s.p.a. “allorchè l’ingiustificato arricchimento si sarà verificato, recuperando le somme percepite in eccesso rispetto al credito di Euro 12.403,16 ovvero sollecitando al giudice dell’esecuzione presso terzi la revoca dell’ordine di pagamento quando la somma degli importi conseguiti dalla HDI s.p.a. nell’una o nell’altra procedura avrà raggiunto o superato il suo credito”.

Questi argomenti nella loro prima parte non sono stati adeguatamente impugnati, malgrado l’odierno ricorrente abbia sostenuto di essersi doluto all’interno dell’atto di appello tanto dell’affermazione del Tribunale secondo cui l’ammissione riguarda i crediti e non i creditori, quanto dell’ammissione al passivo di HDI.

L’assunto non è stato però accompagnato, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, dall’indicazione specifica del preciso contenuto dei motivi di appello presentati, malgrado questa Corte non sia legittimata a procedere a un’autonoma ricerca degli atti denunciati come viziati ma solo a una verifica del contenuto degli stessi.

In mancanza di una simile indicazione la doglianza, sul punto, risulta giocoforza inammissibile per violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

La seconda parte della motivazione, invece, non risulta investita da alcuna specifica critica, in quanto l’odierno ricorrente ha lamentato a più riprese la mancata considerazione del fatto che la sua domanda riguardava la restituzione di somme indebitamente trattenute, ha insistito nel sostenere che la sua domanda andava ammessa al passivo per la parte già corrisposta ad HDI s.p.a., ma nulla ha osservato rispetto agli argomenti addotti dalla Corte di merito per dimostrare la non decisività delle doglianze presentate.

9. Per tutto quanto sopra esposto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.500, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2021

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