Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14051 del 08/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 08/07/2016, (ud. 11/04/2016, dep. 08/07/2016), n.14051
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11844 2014 proposto da:
D.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RUGGERO
MURO, 102, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO COSTANTINI,
rappresentata e difesa dall’avvocato DOMENICO RUSSO, giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
T.L.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 250/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del
15/01/2015, depositata il 19/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
dell’11/04/2016 dal Consigliere Dott. Relatore ANTONINO SCALISI;
udito l’Avvocato Domenico Russo difensore del ricorrente che si
riporta agli scritti e deposita cartolina A/R.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto monitorio il Presidente del Tribunale di Lanciano ingiungeva alla sig.ra D.C. il pagamento in favore dell’avv. T.L. della somma di Euro 17.423,07 dallo stesso richiesta sulla base di parcelle in quella misura validate dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Lanciano, a compenso dell’attività professionale svolta quale parte civile nel doppio grado di un giudizio penale svoltosi davanti al Tribunale e alla Corte di appello di Bologna.
Avverso tale decreto proponeva opposizione la sig.ra D. eccependo:) la non corrispondenza all’accordo concluso con l’opposto in merito al compenso professionale; b) il compenso richiesto non conforme alle prestazioni svolte e alle relative voci previste dalle Tariffe professionali vigenti alle rispettive epoche; c) non aveva considerato l’acconto che era stato versato.
Il Tribunale di Lanciano con sentenza n. 99 del 2004 rigettava l’opposizione condannando l’opponente al pagamento delle spese di lite.
Tale sentenza veniva confermata, con sentenza n. 728 del 2004, dalla Corte di Appello dell’Aquila, adita dalla sig. D.. Secondo la Corte distrettuale l’opponente non aveva raggiunto la prova circa il preteso accordo teso a limitare le competenze del procuratore opposto agli importi liquidati in sede giudiziale, corretta era la liquidazione effettuata dal Tribunale, avendo considerato la natura, la complessità e la gravità della causa, il numero delle questioni trattate, la durata del processo; la unicità del difensore, che aveva vinto in entrambi i gradi del giudizio.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dalla sig.ra D.C. per un motivo. L’avv. T.L., intimato, in questa fase non ha svolto attività giudiziale.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.= Con l’unico motivo di ricorso D.C. denuncia la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda relativa ad uno dei motivi di appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4) e, in eventuale subordine, omessa o, comunque, insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5). Secondo la ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe omesso la pronuncia in ordine al motivo di appello indicato dalla stessa sentenza a pag. 3 dal rigo 3 al rigo 9. In particolare, specifica la ricorrente, in fase di appello la sig.ra D. aveva lamentato che “(…) il Tribunale non considerava la mancata detrazione del somma di vecchie Lire 7.500.000 versata pacificamente all’avvocato T., affermando che la dichiarazione solutoria non inciderebbe sull’entità del credito rivendicato dall’opposto, ma, erroneamente, in quanto l’Ordine professionale di appartenenza esprime un parere sugli emolumenti chiesti, ma non accerta l’entità dei pagamenti ricevuti in acconto, nè provvede ad effettuarne imputazioni”.
Tuttavia aggiunge la ricorrente nell’ipotesi in cui si dovesse ritenere che nella motivazione della sentenza sia contenuto un riferimento implicito alla motivazione contenuta nella sentenza del Tribunale, la motivazione della sentenza impugnata sarebbe sul punto quantomeno insufficiente.
1.1.= Il motivo è infondato.
Costituisce ius receptum che sussiste il vizio di omessa pronuncia, con violazione dell’art. 112 c.p.c., allorchè manchi completamente l’esame di una censura mossa al giudice di primo grado, mentre tale violazione non ricorre, invece, nel caso, quale quello in esame, in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logico-
giuridica incompatibile con la domanda (cfr. tra le altre Cass. n. 16254 del 25/09/2012; id n. 11756 del 2006). E, nella specie, il Giudice di appello, non solo nel confermare la sentenza di primo grado ha dichiarato che la stessa non meritava censura alcuna, ma la sentenza fa riferimento all’acconto versato in primo grado dalla sig.ra D., nell’importo di Lire 7.500.000, specificando che in data 7 febbraio 2001 veniva emessa la fattura n. (OMISSIS) inerente al solo contestato acconto. Tale rilievo, sia pure nella considerazione che la Corte di appello abbia lasciato integro l’importo richiesto con il decreto ingiuntivo dal professionista, lascia intendere, seppure indirettamente, che quanto richiesto dal professionista e oggetto del decreto ingiuntivo era stato decurtato dalla somma di Lire 7.500.00, così come già affermato dalla sentenza di primo grado, che, come si è già detto, veniva confermata nella sua totalità.
Nè la ricorrente ha evidenziato le ragioni, i dati e/o i documenti posti a fondamento del motivo di appello che incontrovertibilmente avrebbero comportato il ritenere che il richiesto dal professionista opinato dall’Ordine professionale fosse comprensivo anche dell’acconto già versato e di cui si dice, tale che in modo certo, se la Corte avesse esaminato de funditus il profilo relativo all’acconto, avrebbe deciso in maniera diversa di quanto ha effettivamente fatto.
In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere al regolamento delle spese dato che l’avv. T.L., intimato in questa fase, non ha svolto attività giudiziale.
Il Collegio, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e dichiara che, ai sensi DEL D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 aprile 2016.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2016