Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1405 del 21/01/2011

Cassazione civile sez. III, 21/01/2011, (ud. 01/12/2010, dep. 21/01/2011), n.1405

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo studio dell’avvocato RAPPAZZO ANTONIO,

che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

DI.PI.AN., (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA ASIAGO N. 2, presso lo studio dell’avvocato D’INZILLO

CARLO, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al

controricorso;

EDITORIALE L’ESPRESSO SPA, (OMISSIS), in persona del suo

amministratore delegato e legale rappresentante, dott. B.

M., C.P., nella qualita’ di giornalista,

elettivamente domiciliati in ROMA, P.ZZA DEI CAPRETTARI 70, presso lo

studio dell’avvocato MARTINETTI MAURIZIO, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato RIPA DI MEANA VITTORIO giusta procura

speciale al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3605/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

emessa il 29/06/2005, depositata il 04/09/2006; R.G.N. 11335/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2010 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato FABRIZIO CIPOLLARO per delega Avvocato ANTONIO

PAPPAZZO;

udito l’Avvocato CARLO D’INZILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per la inammissibilita’ o il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 4 settembre 2006 la Corte di appello di Roma rigettava il gravame proposto da D.A. avverso la omologa decisione del Tribunale di questa citta’ del 7 giugno 2002, che a sua volta, aveva respinto la domanda rivolta dal D. nei confronti di Di.Pi.An., C.P. e l’editoriale L’Espresso s.p.a., onde ottenere il risarcimento dei danni asseritamene da lui subiti per una intervista, da lui ritenuta diffamatoria, dal titolo “ormai il Cavaliere mi fa solo pieta’” rilasciata al giornalista C. il (OMISSIS) dal D. P. sul quotidiano (OMISSIS), conseguente alla pubblicazione su (OMISSIS) di un articolo dal titolo “Dissolto il grande mistero: non c’e’ il tesoro di Di.Pi.”.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il D. affidandosi a quattro motivi.

Resistono con rispettivi controricorsi il Gruppo Editoriale L’Espresso s.p.a., il C. e il Di.Pi..

Il D. e il Di.Pi. hanno depositate rispettive memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Osserva il Collegio, passando all’esame della impugnazione, che con il primo motivo, il ricorrente assume che vi sia nella sentenza impugnata contraddittorieta’ di motivazione sulla sua qualita’ come teste – persona informata dei fatti chiamato dal P.M. a rendere le sue dichiarazioni in processo penale (punto decisivo) e per petizione di principio (art. 360 c.p.c., n. 5).

Il motivo e’ incongruo perche’, come si legge nella sentenza impugnata, ai fini della natura diffamatoria o veritiera dei fatti raccontati non e’ decisiva la qualita’ nel processo penale del D., “perche’ non e’ necessario presentare formale denuncia contro una persona per rendere dichiarazioni accusatorie a suo carico, poiche’ cio’ puo’ verificarsi in qualunque atto del procedimento penale nel quale taluno sia chiamato a deporre davanti all’autorita’ giudiziaria”.

Il che, invece, puo’ assurgere ad una certa rilevanza ai fini della responsabilita’ risarcitoria, allorche’ la denuncia dei fatti diffamanti riguardino reati perseguibili di ufficio, come quelli denunciati, se ritenuti penalmente rilevanti – non lo sono stati nel caso di specie – e di cui tratta il provvedimento di archiviazione del G.I.P. del 14 dicembre 1998.

Infatti, con il conseguente provvedimento di archiviazione si accertava che il D. nel procedimento n. 2235/97 Reg-P.M., lungi dall’essere un ignoto testimone, convocato per iniziativa esclusiva dell’autorita’ giudiziaria, aveva spontaneamente consegnato a P.C. un memoriale contenente gravissime accuse contro Di.Pi. e da quel memoriale erano nati diversi procedimenti penali a carico del Di.Pi., contenenti accuse di concussione, corruzione in atti giudiziari ed abuso di ufficio per asseriti favoritismi (remunerati in vario modo) che il Di.Pi. avrebbe posto in essere a vantaggio delle persone sottoposte da lui ad indagini nel procedimento relativo alla gestione dell’ATM milanese tra il 1988 e il 1991.

Ne consegue che sia il diritto di critica esercitato dal Di.Pi.

che quello di cronaca, posto in essere dalla giornalista nella intervista rilasciata non hanno superato i limiti della continenza, trattandosi di espressioni usate che avevano una loro rilevanza perche’ adoperate nell’ambito della vita pubblica dei soggetti coinvolti, e che certamente presentavano toni polemici ed oggettivamente aspri, a fronte di un attacco personale diretto a colpire sul piano individuale la figura morale del Di.Pi..

Con il secondo motivo, concernente una asserita inversione dell’onere della prova, che, a suo avviso, sarebbe dovuta gravare sugli appellati, il ricorrente formula un quesito di diritto assolutamente inidoneo, in quanto, correttamente il giudice dell’appello ha chiarito che il D. non ha dimostrato che non fossero quelli indicati nell’articolo de (OMISSIS) dell’(OMISSIS) i fatti specificamente indicati dalla difesa degli appellati come origine della dichiarazioni del Di.Pi. nell’intervista a (OMISSIS) (del giorno successivo) e riportati nel predetto decreto di archiviazione, senza che cio’ comporti alcun inversione dell’onere della prova perche’ a fronte della prova fornita dagli attuali resistenti circa la natura non diffamatoria dell’intervista rispetto alla accuse del D., questi ex art. 2697 c.c., comma 2 era tenuto a provare l’inefficacia dei fatti dedotti e documentati dalle controparti.

Con il terzo motivo il ricorrente, in sintesi, lamenta che il giudice dell’appello abbia dato rilievo alla conoscenza dei fatti successivi alla data dell’intervista, ovvero all’esito del giudizio penale intervenuto dopo oltre un anno (p. 11 ricorso).

Al relativo quesito va data risposta negativa, in quanto, contrariamente a quanto assunto dal ricorrente, il giudice dell’appello nel contestualizzare la vicenda si e’ soffermato su tutte le circostanze anteriori alla pubblicazione dell’articolo ed ha ritenute giustificabili la reazione del Di.Pi. e lecito e doveroso l’esercizio del diritto di cronaca.

Infatti, e contrariamente a quanto assume il ricorrente, il giudice dell’appello valuta le accuse del D., ritenute, poi, infondate dalla magistratura e dallo stesso (OMISSIS), e che non furono da lui mai smentite, al momento in cui esse furono espresse e non gia’ dopo che ebbe termine il giudizio penale, per cui, con accertamento insindacabile, perche’ congruamente motivato, il giudice del gravame ha ritenuto, come si legge nella sentenza impugnata, che nei confronti di tali accuse, complessivamente intese, il Di.Pi.

avesse “esercitato il proprio diritto di critica in limiti di continenza ampiamente proporzionati all’inaudita gravita’ delle dichiarazioni del D., con espressioni indubbiamente forti, ma giustificate dalla particolare e pesante pressione psicologica subita dal Di.Pi. a seguito delle campagne stampa e dei procedimenti penali che avevano avuto origine proprio da memoriale del D.”.

Non si rinviene, quindi, alcuna “rotta di collisione” del convincimento del giudice a quo con la Cass. n. 7605/06 richiamata dal ricorrente a p. 9 del ricorso, la quale in motivazione non consente di affermare una presa di posizione giurisprudenziale diversa dall’indirizzo costante e che il giudice dell’appello contrariamente all’assunto del ricorrente, come si e’ visto, ha correttamente seguito, con motivazione appagante sotto ogni profilo.

Resta assorbito, di conseguenza, il quarto ed ultimo motivo.

Non si rinvengono gli estremi per la condanna alla pena per lite temeraria ex art. 385 c.p.c., cosi’ come richiesta dai resistenti Gruppo Editoriale Espresso s.p.a. e C..

Le spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di cassazione che liquida in favore del Gruppo Editoriale L’espresso e del C. in Euro 12.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge; in favore del D.P. in Euro 13.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011

Sommario

IntestazioneFattoDirittoP.Q.M.

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