Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14049 del 08/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 08/07/2016, (ud. 11/04/2016, dep. 08/07/2016), n.14049

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1652-2014 proposto da:

C.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

Roma Piazza Cavour presso la Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato ANTONINO LO PINTO, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SOGIDIL SNC, in persona del legale rappresentate pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma Piazza Cavour presso la Corte di

Cassazione, rappresentata e difesa dall’ Avvocato SALVATORE MARINO,

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1500/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

1/10/2013, depositata il 08/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’11/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato Salvatore MARINO difensore del controricorrente

che si riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.R.F. con atto notarile del 14 luglio 1993 alienava alla società SO.GI.DIL, nella persona di D.L. C., rappresentante legale, l’immobile sito in (OMISSIS), contrada (OMISSIS). Il M. aveva acquistato l’immobile in oggetto da tale Ma.Ca. con atto notarile del 22 ottobre 1992. Lo Sogedil, contestualmente a detto acquisto stipulava preliminare di vendita con il sig. F. A. per l’acquisto di una fascia di terreno sito in (OMISSIS). D.L.G., recatosi sui luoghi, notava che erano stati fatti dei lavori nel prospettato della casa, nonchè l’impianto idrico e sanitario. Assunte informazioni, apprendeva che Ma.Ca., dante causa di M. Filippo, e questi, dante causa della SO.GI.DIL, in data 3 gennaio 1990, e quindi prima di averlo venduto a M.R., aveva promesso in vendita lo stesso immobile a C.G.. Tuttavia, in data 27 marzo 1992, Ma. recedeva da tale contratto, ai sensi degli artt. 1385 e 1455 c.c. e, il C. non impugnava tale atto di recesso.

La Sogidil intimava al sig. C. la riconsegna dell’immobile e del terreno ma senza alcun esito. Pertanto, con atto di citazione del 18 aprile 2001 convocava in giudizio C.G., chiedendo di essere riconosciuta proprietariadell’immobile.

C.G. non si costituiva.

Il Tribunale di Palermo con sentenza n. 258 del 2007 accoglieva la domanda dell’attrice e dichiarava che la Sogedil era titolare del diritto di proprietà sulla casetta sita in (OMISSIS) con area libera sovrastante e annesso terreno pertinenziale. Condannava C. G. a rilasciare il detto bene nella disponibilità della Sogedil, compensava integralmente le spese del giudizio.

Questa sentenza impugnata da C. veniva confermata dalla Corte di Appello di Palermo con sentenza n. 1500 del 2013 non notificata.

Secondo la Corte di Palermo, essendo pacifica l’originaria appartenenza del cespite per cui è causa all’originario dante causa:

dante causa della Sogedil e dante causa, anche, del C., ed essendo l’atto di acquisto della Sogedil prevalente rispetto al contratto preliminare del C. ormai decaduto e, comunque, di per sè inidoneo a trasferire la proprietà del bene, correttamente il primo giudice ha affermato provata la proprietà del bene per cui è causa, in capo alla società appellata, pur in assenza della cosiddetta probatio diabolica.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da C. G. per due motivi. La Sogedil ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo del ricorso C.G. lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 948 e 950 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., commi 1, 2 e 3, in ogni caso per l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale non avrebbe potuto ritenere attenuato l’onere probatorio della Sogedil relativo alla probatio diabolica della proprietà, perchè il C. era rimasto contumace in primo grado, e quella contumacia non equivaleva a mancata contestazione dei fatti e documenti addotti dall’attore. E, comunque, nel caso concreto, come pure affermato da controparte, l’immobile di cui si dice era stato promesso in vendita al C. G., non dal sig. M.F., ma da Ma.

C., che a sua volta lo possedeva per aver precedentemente stipulato un preliminare di vendita con il sig. Ma.Gi.

originario proprietario.

1.1= Il motivo è infondato.

Come pacificamente è affermato da questa Corte in diverse occasioni:

i principi in tema di prova nel giudizio di rivendica non hanno carattere assoluto, ma vanno adeguati alle particolarità del caso concreto. Ne consegue che il rigore della prova si attenua, allorquando il convenuto non contesti l’originaria appartenenza del bene conteso ad un comune dante causa o ad uno dei danti causa dell’attore, e contrapponga l’esistenza di un suo titolo derivativo di proprietà che abbia per presupposto l’originaria appartenenza del cespite al dante causa indicato dal rivendicante, bastando, in tal caso, che questi si limiti a dimostrare che il bene medesimo ha formato oggetto del proprio titolo d’acquisto, perchè la proprietà sia attribuita alla parte che ha addotto un titolo prevalente rispetto a quello dell’altra (ex multis Cass. n. 15388 del 22/07/2005).

Nella fattispecie, la Sogidil ha proposto un’azione tesa ad ottenere l’accertamento e la tutela del proprio dominio su un fabbricato, sito in (OMISSIS), specificando di aver acquistato il suddetto bene da M.R.F., con atto notarile del 14 luglio 1993 e che il M. aveva, a sua volta, acquistato l’immobile in oggetto da Ma.

C., con atto notarile del 22 ottobre 1992. C.G. ha contrastato la pretesa in questione, senza mettere in discussione il titolo di acquisto della Sogidil e, soprattutto, senza contestare che la Sogedil aveva indirettamente acquistato da Ma. e facendo valere un titolo di acquisto che si era risolto con efficacia retroattiva in assenza di sue contestazioni, rimanendo irrilevante la sussistenza o meno di una sua adesione alla risoluzione. E, comunque, il contratto di compravendita stipulato dalla Sogidil era prevalente rispetto al contratto preliminare (pur tralasciando che Gì lo stesso non ha effetti reali) stipulato dal C.. Sicchè, nella situazione illustrata, è da ritenere che la Corte territoriale, nella constatata sostanziale pacificità dell’originaria appartenenza del bene in controversia a Ma.

indicato dai rivendicanti, attuali controricorrenti, come proprio autore mediato e dalla controparte, cioè dal ricorrente, come proprio dante causa, diretto, abbia correttamente riscontrato conseguita la prova del dominio dai predetti, ed abbia legittimamente accolto, quindi, l’azione ex art. 948 c.c. dagli stessi esperita nella dichiarata (per altro, con statuizione in questa sede neppure contestata), idoneità del loro titolo a prevalere su quello del loro contraddittore.

2.= Con il secondo motivo C.G. lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3).

Secondo il ricorrente, erroneamente, sia il Tribunale che la Corte distrettuale hanno considerato come provati i fatti dedotti dall’attore e non contestati dal convenuto rimasto contumace in primo grado, non tenendo conto che la contumacia non è una ficta confessio (così come affermato della Corte Cost. per il rimosso art. 13, comma 2 D.Lgs. n. 5 del 2003 dell’abrogato rito societario), ma una ficta litiscontestatio.

2.1.= Il motivo è inammissibile per mancanza di interesse perchè, ammesso pure che il Tribunale non avesse tenuto conto della contumacia di C. e dunque, erroneamente, avesse ritenuto meno rigoroso l’onere probatorio in merito al diritto di proprietà, tuttavia, ai sensi dell’art 354 c.p.c. l’erroneità della sentenza non integrerebbe gli estremi di un’ipotesi di rinvio al primo Giudice. Piuttosto, in quest’ultimo caso, la Corte sarebbe chiamata a pronunciarsi sul merito della causa, come correttamente ha fatto la Corte di Palermo.

In definitiva, il ricorso va rigetto e il ricorrente, per il principio di soccomenbbezna ex art. 91 c.p.c., condannato al pagamento delle spese del giudizio che vengono liquidate con il dispositivo.

Il Collegio da atto che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla società Sogedil le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2016

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