Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14048 del 21/05/2021

Cassazione civile sez. I, 21/05/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 21/05/2021), n.14048

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23217/2015 proposto da:

Agenzia del Demanio, in persona del Direttore generale pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

V.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via G. Pierluigi

da Palestrina n. 47, presso lo studio dell’avvocato Cardarelli

Francesco, rappresentato e difeso dall’avvocato Zaza d’Aulisio

Alfredo, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

Va.El.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1254/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/01/2021 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 26394/2009 il Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda proposta da Va.El. e V.S., dichiarava che il confine tra la proprietà degli attori del fabbricato con annesso giardino sito in (OMISSIS), in catasto al f. (OMISSIS), p.lle (OMISSIS), ed il demanio marittimo era quello costituito dal segmento rettilineo coincidente con il lembo esterno, lato mare, dell’esistente palizzata realizzata con vecchie traversine lignee ferroviarie infisse verticalmente, in dettaglio come da allegato “Z” della C.T.U. espletata dall’ing. S.M. da intendersi parte integrante della sentenza.

2. Con sentenza n. 1254/2015 depositata il 23-2-2015, la Corte d’Appello di Roma ha respinto l’appello proposto avverso la sentenza del Tribunale di Roma dall’Agenzia del Demanio nei confronti di Va.El. e V.S..

3. Avverso questa sentenza, l’Agenzia del Demanio propone ricorso affidato a quattro motivi, resistito con controricorso V.S.. Va.El. è rimasta intimata.

4. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis.1 c.p.c.. V.S. ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo parte ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”. Denuncia la perplessità o apparenza della motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte d’appello espresso sostanziale adesione alle argomentazioni del Tribunale, senza effettuare alcun vaglio critico della sentenza impugnata in relazione ai motivi d’appello. Nel riportare nel testo del ricorso le parti di rilevanza dell’atto d’appello, lamenta che non sia rinvenibile nella motivazione della sentenza impugnata una confutazione dei motivi di gravame, con particolare riguardo al denunciato vizio di eccesso di potere del giudice ordinario in sede di disapplicazione degli atti amministrativi o alla nullità della C.T.U. espletata in primo grado.

2. Con il secondo motivo l’Agenzia ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c.. Nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”. Lamenta che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto che l’Amministrazione non avesse fornito elementi probatori sufficienti a stabilire la demanialità della superficie recintata, violando le norme indicate in rubrica e l’obbligo per il giudice di porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti. Richiama le risultanze dei verbali di delimitazione del 1930 e del 1995, quest’ultimo che assume essere stato accettato senza riserve dall’allora proprietario V.R., nonchè le risultanze degli estratti di mappe e storici dell’impianto e dell’estratto SID, deduce che il dante causa dei controricorrenti aveva ottenuto una regolare concessione avente ad oggetto 243 mq., poi ridotti a 100 mq., di area demaniale e che fin dal 1988 la Capitaneria di Porto di Gaeta aveva rilevato l’occupazione abusiva di suolo demaniale per mq. 201. Ad avviso del Comune, detta produzione documentale è stata pretermessa dalla Corte d’appello e i controricorrenti non avevano mai offerto la prova della proprietà del terreno occupato e adibito a giardino.

3. Con il terzo motivo l’Agenzia ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 822 e 828 c.c. e degli artt. 28,32,35 c.n. in combinato disposto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. Lamenta che la Corte territoriale abbia violato le norme indicate in rubrica, rileva che l’atto di delimitazione di determinate zone del demanio marittimo ha carattere dichiarativo e ricognitivo, come da giurisprudenza che richiama, e deduce che l’eventuale sdemanializzazione si verifica solo a seguito di formale provvedimento proveniente dall’autorità amministrativa, con la conseguente applicazione del regime giuridico proprio dei beni patrimoniali dello Stato.

4. Con il quarto motivo l’Agenzia ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e artt. 2697 c.c. e segg., in combinato disposto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”. Censura l’affermazione della Corte territoriale sulla mancanza o insufficienza delle indicazioni sul confine rilevabile dai titoli e sull’idoneità dell’area ad essere utilizzata per attività connesse all’uso del mare e rileva che la Corte d’appello ha “pretermesso” la cartografia e le risultanze degli estratti di mappe e storici dell’impianto ed estratto SID e deduce che i dati forniti dal S.I.D. sono ufficiali e vincolanti per l’individuazione dei confini demaniali, poichè sono il risultato di un’operazione di revisione e completamento della cartografia del demanio marittimo sulla base dei dati in possesso proprio dell’Autorità demaniale, come da circolare del Ministero dei Trasporti che richiama.

5. I motivi primo, secondo e quarto, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono in parte infondati e in parte inammissibili.

5.1. Le doglianze sono infondate nella parte in cui la ricorrente denuncia il vizio motivazione apparente o perplessa e di nullità della sentenza (motivi primo e secondo), atteso che il percorso argomentativo seguito dalla Corte d’appello, in adesione a quanto affermato dal Tribunale, è chiaro e comprensibile, seppure in alcune parti sinteticamente espresso. In particolare la Corte di merito ha affermato che: a) l’azione proposta è quella di regolamento di confini e su entrambe le parti ricade l’onere probatorio; b) la linea di confine con il demanio marittimo deve individuarsi in base a quanto previsto dall’art. 28 c.n., altresì considerando che il lido del mare, secondo la giurisprudenza, comprende la zona di riva bagnata dalle acque fino al punto che viene coperto dalle ordinarie mareggiate, estive e invernali; c) mediante gli accertamenti compiuti dal C.T.U. di primo grado era stata individuata la linea di confine, mentre nei verbali di delimitazione prodotti mancava l’indicazione del limite della spiaggia; d) l’area in contestazione nelle mappe catastali non era intestata al demanio, appartiene geologicamente alle terre stabilmente emerse, di composizione minerologica diversa dalle dune, è sopraelevata di circa tre metri rispetto al livello medio marino, dista circa 45-50 metri dalla battigia, non è raggiunta dalle mareggiate ordinarie invernali ed era coltivata a vigneto da oltre cento anni.

5.2. A fronte del suddetto lineare iter motivazionale, l’Agenzia ricorrente denuncia il vizio di “eccesso di potere” in ordine alla disapplicazione di atto amministrativo, nella specie dei verbali di delimitazione del 1930 e del 1995, nonchè la nullità della C.T.U., con riguardo a profili non esattamente precisati, stante il solo generico riferimento all'”evidente sconfinamento dai limiti fattuali del quesito”, effettuato senza riportare il contenuto delle parti dell’elaborato peritale di cui eccepisce la nullità.

Premesso che il verbale di delimitazione ha solo efficacia dichiarativa (cfr. Cass. n. 18511 del 12/07/2018), come peraltro assume la stessa parte ricorrente (cfr. terzo motivo), l’affermazione, reiterata e dirimente, della Corte di merito secondo cui i verbali di delimitazione di cui trattasi non contenevano l’indicazione del limite della spiaggia è censurata assumendo che sia stata errata la valutazione delle risultanze istruttorie ai sensi dell’art. 115 c.p.c. e violato il principio di ripartizione dell’onere della prova (motivi secondo e quarto).

Le censure sono inammissibili nella parte in cui sono dirette a sollecitare il riesame delle risultanze probatorie, ed in particolare delle produzioni documentali, senza che siano compiutamente precisati i fatti storici il cui esame sarebbe stato omesso, limitandosi l’Agenzia ricorrente a confutare le conclusioni, in fatto, cui è pervenuta la Corte d’appello, in dipendenza, a suo dire, dell’errata valutazione del materiale istruttorio.

Ricorre, peraltro, un ulteriore profilo di inammissibilità, evidenziato dal controricorrente nella memoria illustrativa, poichè la deduzione relativa ai fatti, pur, come già detto, non compiutamente specificati, desumibili dalla “produzione documentale pretermessa” (pag. 45 e 48 ricorso) si risolve nella denuncia del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, che non è indicato nella rubrica dei motivi, ma è univocamente evocato dalla ricorrente nell’illustrazione delle censure. Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità (tra le tante Sez. 1 -, Sentenza n. 26774/2016), nell’ipotesi di ” doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5 (applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo novellato – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse. Premesso che il citato art. 54, è applicabile ratione temporis nella fattispecie in esame, la ricorrente non deduce affatto che le ragioni di fatto poste a base della sentenza di primo grado sono diverse da quelle su cui è fondata la sentenza d’appello, ma assume, anzi, che le ragioni di fatto siano le medesime.

A ciò si aggiunga che, come pure costantemente ribadito da questa Corte (tra le tante Cass. n. 1229/2019), “una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione”. Nella specie, come già rimarcato, la ricorrente si duole dell’erronea valutazione del materiale istruttorio, senza fornire le allegazioni infra precisate. Ne consegue, anche sotto il suddetto ultimo profilo, l’inammissibilità delle doglianze.

E’ infondata la censura relativa alla violazione dei principi in tema di ripartizione dell’onere probatorio (artt. 2697 c.c. e segg.), atteso che nell’azione di regolamento di confini, la quale si configura come una vindicatio incertae partis, incombe sia sull’attore che sul convenuto l’onere di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all’individuazione dell’esatta linea di confine, mentre il giudice, del tutto svincolato dal principio actore non probante reus absolvitur, deve determinare il confine in relazione agli elementi che gli sembrano più attendibili, ricorrendo in ultima analisi alle risultanze catastali, aventi valore sussidiario (Cass. n. 10066/2018).

Infatti, mentre l’azione di regolamento di confini, che è quella oggetto di causa, presuppone un’incertezza oggettiva o soggettiva sugli stessi, l’azione di rivendica presuppone un conflitto tra i rispettivi titoli di proprietà. Ne consegue che solo in tale ultimo caso sull’attore incombe l’onere di fornire la prova del suo diritto di proprietà in forza di un titolo di acquisto originario o derivativo risalente ad un periodo di tempo atto all’usucapione.

Va altresì ribadito l’orientamento di questa Corte secondo il quale l’omesso esame di elementi istruttori (in tesi risultanze degli estratti di mappe e storici dell’impianto e dell’estratto SID) non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa (nella specie la delimitazione dei confini tra la proprietà dei V. – Va. e il demanio marittimo), sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. n. 27415 del 2018; Cass. n. 21187/2019). Sono, infatti, riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonchè la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, mentre la ricorrente propugna un’operazione inferenziale che non è consentita davanti alla Corte di cassazione, in quanto essa suppone un accesso diretto alle emergenze istruttorie e una loro delibazione.

E’ stato riscontrato in fatto (nell’ambito di apprezzamento che costituisce prerogativa del giudice di merito) dalla Corte d’Appello, con idonei criteri di accertamento, che l’area non presenta i caratteri obiettivi e sui connotati naturali propri dei beni appartenenti al demanio marittimo necessario, ovvero: 1) aree normalmente coperte dalle mareggiate ordinarie; 2) aree che, sebbene non sottoposte a mareggiate ordinarie, siano state in antico sommerse e tuttora utilizzabili per uso marittimo; 3) beni comunque necessariamente adibiti ad usi attinenti alla navigazione (accesso, approdo, tirata in secco di natanti, operazioni attinenti alla pesca da terra, operazioni di balneazione), anche solo allo stato potenziale (Cass. Sez. 3, 28/05/2004, n. 10304; Cass. Sez. 2, 23/04/1981, n. 2417; cfr. anche Cass. Sez. 1, 01/04/2015, n. 6619; Cass. Sez. 1, 30/07/2009, n. 17737).

Infine, è inammissibile per genericità e difetto di autosufficienza la deduzione secondo cui il verbale di delimitazione del 1995 sarebbe stato accettato senza riserve dal dante causa dei V. – Va., sia perchè la stessa parte ricorrente non allega che la suddetta “accettazione senza riserve” sia configurabile come un rituale e vincolante accordo sull’individuazione del confine, sia perchè la questione, involgente anche profili fattuali, non è menzionata nella sentenza impugnata e la ricorrente non precisa come, dove e quando l’ha dedotta nei giudizi di merito.

6. Il terzo motivo è infondato.

6.1. Nella specie non si discute di titolo di acquisto dell’uno o dell’altro, ma solo di delimitazione di confini, e ciò rende inconferente il richiamo al procedimento di sdemanializzazione.

Il procedimento di delimitazione del demanio marittimo, previsto nell’art. 32 c.n., tendendo a rendere evidente la demarcazione tra il demanio e le proprietà private finitime (senza, tuttavia, che ne resti alterata la situazione giuridica preesistente), si presenta quale proiezione specifica, nel campo del demanio marittimo, della normale actio finium regundorum, di cui all’art. 950 c.c. (Cass. n. 18511/2018). Tale procedimento si conclude con un atto di delimitazione, il quale, come si è anticipato e come affermato dalla stessa ricorrente, si pone in funzione di mero accertamento, in sede amministrativa, dei confini del demanio marittimo rispetto alle proprietà private, con esclusione di ogni potere discrezionale della P.A., di talchè il privato, che contesti le risultanze del verbale di delimitazione, può invocare la tutela della propria situazione giuridica soggettiva dinanzi al giudice ordinario, abilitato alla disapplicazione dell’atto amministrativo, se ed in quanto illegittimo (Cass. Sez. U., 11/03/1992, n. 2956; Cass. Sez. U, 21/09/1970, n. 1636).

7. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente V.S., seguono la soccombenza, nulla disponendosi nei confronti della parte rimasta intimata.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass. S.U. n. 5314/2020).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente V.S. delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 7.200, di cui Euro200 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza li dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2021

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