Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14048 del 10/06/2010

Cassazione civile sez. I, 10/06/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 10/06/2010), n.14048

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 5436-2009 proposto da:

C.E., F.A., G.O., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ANGELO EMO 106, presso lo studio

dell’avvocato MAFALDA MATTA, rappresentati e difesi dagli avvocati

QUATTROMINI PAOLA, QUATTROMINI GIULIANA, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto nn. riuniti R.G. 54454/06 + 54458/06 + 54460/06

della CORTE D’APPELLO di ROMA del 17.9.07, depositato il 26/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che C.E., F.A. ed G.O., con ricorso del 19 febbraio 2009, hanno impugnato per cassazione – deducendo sei motivi di censura, illustrati con memoria -, nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Roma depositato in data 26 marzo 2008, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso dei predetti ricorrenti – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni patrimoniali e non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso, ha respinto le domande;

che il Ministro della giustizia, benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno patrimoniale e non patrimoniale – richiesto per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con distinti ricorsi del 25 luglio 2006, era fondata sui seguenti fatti: a) i predetti tre ricorrenti, asseritamente creditori di differenze previdenziali, avevano proposto – con distinti ricorsi del novembre 1998 – le relative domande dinanzi al Pretore circondariale di Nola in funzione di giudice del lavoro; b) il Pretore adito non aveva ancora deciso la causa alla data di proposizione della domanda per equa riparazione;

che la Corte d’Appello di Roma, con il suddetto decreto impugnato ha respinto la domanda, osservando che: a) “come risulta da tutti i verbali d’udienza … non è stato possibile decidere la causa per la mancata riformulazione di conteggi e per la omessa produzione di documenti in originale … da parte della difesa dei ricorrenti (che all’udienza 11.5.2004 ha chiesto, essa stessa, rinvio per deposito della documentazione)”; b) “le lungaggini processuali debbono essere imputate esclusivamente alle parti e non già all’amministrazione della giustizia (i rinvii d’ufficio restando, comunque, assorbiti e superati dalla mancata allegazione dei conteggi e dei documenti, ritenuti necessari per la decisione)”; c) non sussistono “gli elementi costitutivi di una irragionevole durata del processo presupposto, da imputarsi all’amministrazione della giustizia”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con i motivi di censura, concernenti il negato riconoscimento dei danni non patrimoniali – motivi che possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione, vengono denunciati come illegittimi, sia per violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 6 della CEDU, sia sotto il profilo di vizi della motivazione: a) l’omessa considerazione che, al fine di verificare la violazione dei termini di irragionevole durata del processo, non può non tenersi conto del tempo impiegato dalle parti per riformulare conteggi già prodotti ovvero per depositare documenti già prodotti;

b) l’omessa considerazione che, ai fini dei rinvii d’ufficio, non può non tenersi conto del disposto di cui all’art. 81 disp. att. cod. proc. civ.; c) l’omessa considerazione che il giudice nazionale non può discostarsi dal parametro di ragionevole durata fissato dalla Corte EDU in due anni e sette mesi;

che il ricorso non merita accoglimento, che, secondo il costante orientamento di questa Corte: a) i rinvii superiori al termine ordinario – di cui all’art. 81 disp. att. cod. proc. civ. -, concessi dal giudice su richiesta delle parti, devono essere computati soltanto ai fini della misura dell’equa riparazione, salvo che sia motivatamente evidenziata una vera e propria strategia dilatoria di parte, idonea ad impedire l’esercizio dei poteri di direzione del processo, attribuiti al giudice istruttore (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 20286 del 2009 e 1715 del 2008); b) il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorchè non automatica, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e deve essere ritenuto sussistente, senza necessità di specifica prova (diretta o presuntiva), in ragione dell’obiettivo riscontro di detta violazione, sempre che non ricorrano circostanze particolari che ne evidenzino l’assenza nel caso concreto (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 3515 del 2009 e 6898 del 2008);

che, nella specie, i Giudici a quibus, in conformità rispetto ai qui ribaditi principi, hanno sostanzialmente affermato – con motivazione adeguata e giuridicamente corretta che i ricorrenti, nell’omettere il deposito della riformulazione dei conteggi e dei relativi documenti per circa sei anni e nell’impedire perciò la definizione della causa, hanno obbedito ad una strategia essenzialmente dilatoria, espressiva del loro disinteresse al giudizio;

che, con tutti i motivi di censura, i ricorrenti – a fronte di tale inequivoca ratio decidendi – pretendono una nuova valutazione del loro comportamento processuale in termini diversi da quelli correttamente accertati dai Giudici a quibus, tanto più che gli stessi non adducono neppure le ragioni della inammissibile e prolungata inerzia loro addebitata;

che, pertanto, il ricorso, complessivamente considerato, deve essere rigettato;

che non sussistono i presupposti per pronunciare sulle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 11 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2010

 

 

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