Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14047 del 10/06/2010
Cassazione civile sez. I, 10/06/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 10/06/2010), n.14047
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 5431-2009 proposto da:
A.G., C.G., B.G.,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANGELO EMO 106, presso lo
studio dell’avvocato MAPALDA MATTA, rappresentati e difesi dagli
avvocati QUATTROMINI PAOLA, QUATTROMINI GIULIANA, giusta delega a
margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope
legis;
– controricorrente –
avverso il decreto nn. riuniti R.G. 54471/06 + 54472/06 + 54473/06
della CORTE D’APPELLO di ROMA del 17.9.07, depositato il 26/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
11/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che A.G., B.G. e C.G., con ricorso del 19 gennaio 2 009, hanno impugnato per cassazione – deducendo quattro motivi di censura, nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Roma depositato in data 26 marzo 2008, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso dei predetti ricorrenti – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni patrimoniali e non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso, ha respinto le domande;
che resiste, con controricorso, il Ministro della giustizia;
che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno patrimoniale e non patrimoniale – richiesto per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con distinti ricorsi del 25 luglio 2006, era fondata sui seguenti fatti: a) i predetti tre ricorrenti, asseritamente creditori di differenze previdenziali, avevano proposto – con distinti ricorsi del 29 gennaio 1999 – le relative domande dinanzi al Pretore circondariale di Napoli in funzione di giudice del lavoro; b) il Pretore adito non aveva ancora deciso la causa alla data di proposizione della domanda per equa riparazione;
che la Corte d’Appello di Roma, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver affermato che il processo presupposto ha avuto una durata di sette anni e dieci mesi, astrattamente suscettibile di qualificazione come irragionevolmente lungo – ha respinto la domanda, osservando che: a) “a fare data dall’udienza del 21.12.2000 sino a quella del 30.09.2004 (…) vi è stata una continua richiesta di rinvio per la comparizione (mai verificatasi) tra le parti”; b) “all’udienza del 30.09.2004 la causa è stata cancellata dal ruolo e (…), quindi, nessun addebito può muoversi all’amministrazione della giustizia”; c) è incompatibile con il dedotto stress da ritardo “il palese disinteresse delle parti ad una sollecita definizione del giudizio”.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che con i motivi di censura, concernenti il negato riconoscimento dei danni non patrimoniali – motivi che possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione, vengono denunciati come illegittimi, sia per violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 6 della CEDU, sia sotto il profilo di vizi della motivazione: a) la esclusiva considerazione dei rinvii richiesti dalle parti per una comparizione personale mai verificatasi, senza tener conto dell’ulteriore attività processuale svolta; b) l’erroneo e decisivo rilievo dato alla cancellazione della causa dal ruolo, senza considerare l’ulteriore svolgimento del processo, successivo alla tempestiva riassunzione dello stesso da parte degli stessi ricorrenti;
che il ricorso merita accoglimento;
che, secondo il costante orientamento di questa Corte: a) i rinvii superiori al termine ordinario – di cui all’art. 81 disp. att. cod. proc. civ. -, concessi dal giudice su richiesta delle parti, devono essere computati soltanto ai fini della misura dell’equa riparazione, salvo che sia motivatamente evidenziata una vera e propria strategia dilatoria di parte, idonea ad impedire l’esercizio dei poteri di direzione del processo, attribuiti al giudice istruttore (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 20286 del 2009 e 1715 del 200 8); b) il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorchè non automatica, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e deve essere ritenuto sussistente, senza necessità di specifica prova (diretta o presuntiva), in ragione dell’obiettivo riscontro di detta violazione, sempre che non ricorrano circostanze particolari che ne evidenzino l’assenza nel caso concreto (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 3515 del 2009 e 6898 del 2008);
che, nella specie, i Giudici a quibus, in difformità rispetto ai qui ribaditi principi, hanno espunto la durata dei rinvii richiesti dalle parti, senza fare riferimento nè ad una strategia dilatoria nè al dettato di cui all’art. 81 disp. att. cod. proc. civ., ed inoltre hanno valorizzato la cancellazione della causa dal ruolo, senza considerare il successivo svolgimento del processo e senza tener conto che dette circostanze avrebbero potuto influire sulla misura dell’indennizzo, ma non sulla sua esclusione tout court;
che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alle censure accolte e la relativa causa deve essere rinviata alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che si uniformerà ai principi di diritto qui ribaditi e provvedere anche a regolare le spese del presente grado del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 11 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2010