Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14044 del 07/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 07/07/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 07/07/2020), n.14044

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11765-2013 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI

49, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO RICCIONI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIANFRANCESCO VECCHIO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI VITERBO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 58/2012 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 12/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/01/2020 dal Consigliere Dott. MAISANO GIULIO.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza n. 58/28/12 pubblicata il 12 marzo 2012 la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello proposto da B.A. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Viterbo n. 48/01/2010 con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dal B. avverso gli avvisi di accertamento n. (OMISSIS) e (OMISSIS) emessi nei suoi confronti dall’Agenzia delle entrate e con i quali erano stati accertati ai sensi dell’art. 32, comma 1, n. 2 maggiori redditi rispettivamente di Euro 71.421,27 per l’anno 2003 ed Euro 64.465,65 per l’anno 2004. La Commissione tributaria regionale ha ritenuto condivisibile la decisione dei primi giudici che avevano considerato legittimo l’accertamento in questione eseguito tramite indagini bancarie, ed ha considerato che il contribuente non aveva fornito alcuna prova idonea a contrastare la pretesa dell’Ufficio;

che B.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo articolato in cinque punti;

che l’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso deducendo l’inammissibilità del ricorso e la sua infondatezza nel merito.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo si lamenta omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. In particolare si deduce l’illegittimità del maggior reddito in quanto basata sull’utilizzo di un sistema misto sintetico-analitico; l’illegittimità della sentenza nella parte in cui non è stata riconosciuta una parte induttiva dei costi; l’illegittimità della sentenza nella parte in cui non ha valutato le eccezioni di parte atte a dimostrare che i versamenti effettuati fossero inferiori ai compensi contabilizzati e dichiarati; l’illegittimità della sentenza nella parte in cui è stata confermata l’applicazione retroattiva della norma in materia di indagini bancarie ai professionisti; l’illegittimità della sentenza nella parte in cui, nella determinazione sintetica del reddito, non si è tenuto conto del reddito da lavoro dipendente della moglie;

che l’eccezione di inammissibilità del ricorso perchè sostanzialmente mirato ad un nuovo giudizio di merito è infondata in quanto il ricorrente lamenta la mancata pronuncia su vari punti sollevati con l’atto di appello ed una sostanziale omessa motivazione;

che il motivo di ricorso è fondato. I giudici dell’appello si sono limitati a confermare la sentenza di primo grado e la legittimità dell’accertamento impugnato senza neanche riportare le doglianze del contribuente e senza conseguentemente esaminarle. L’impugnata decisione, viola il consolidato principio secondo cui ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 1756/2006, n. 890/2006). Nel caso in esame, invero, l’impugnata sentenza, non risulta aver effettuato una adeguata disamina della realtà fattuale, rendendo, così, impossibile il controllo sulla logicità del ragionamento sviluppato per giungere alla rassegnata decisione. La Commissione tributaria regionale, infatti, si limita ad affermare la legittimità dell’accertamento impugnato senza spiegarne le ragioni, ed afferma che il contribuente non ha fornito idonea prova documentale a giustificazione dei rilievi sollevati dall’Ufficio, senza tenere conto di quanto dedotto dal contribuente per contestarne eventualmente l’idoneità a contrastare la pretesa dell’Ufficio. La disamina delle ragioni del contribuente devono comunque essere esaminate, con particolare riferimento all’accertamento conseguente ad indagini bancarie anche in considerazione della intervenuta pronuncia della Corte Costituzionale alla presunzione dei prelievi quali compensi per i redditi di lavoro e professionali;

che la sentenza impugnata deve conseguentemente essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione che provvederà anche al regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte di cassazione accoglie il ricorso; Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 7 luglio 2020

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