Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14042 del 08/07/2016


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Cassazione civile sez. un., 08/07/2016, (ud. 21/06/2016, dep. 08/07/2016), n.14042

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26549-2014 proposto da:

SOCIETA’ FONDIARIA INDUSTRIALE ROMAGNOLA S.F.I.R. S.P.A., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DORA 1, presso lo studio degli avvocati

ALESSIA MONTANI e VINCENZO CERULLI IRELLI, che la rappresentano e

difendono, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.G.E.A. AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA, MINISTERO DELLE

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3185/2014 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 23/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2016 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito l’Avvocato Alessia MONTANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. SFIR – Società fondiaria industriale romagnola – S.p.A. è impresa saccarifera che ha aderito al piano comunitario di ristrutturazione dell’industria dello zucchero, presentando al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali domanda di concessione per l’aiuto integrale, corredata dal piano di ristrutturazione degli stabilimenti interessati prevedente lo smantellamento di tutti gli impianti legati alla linea produttiva e il mantenimento di taluni silos di stoccaggio a lungo termine e degli impianti di confezionamento e commercializzazione, in quanto utilizzati non per la produzione, bensì appunto per le attività di confezionamento e commercializzazione dello zucchero prodotto in altri stabilimenti o da altre imprese.

Tuttavia, con nota n. 2095 del 15 marzo 2011, il Ministero ha comunicato a SFIR che, a seguito di altre ispezioni effettuate nel mese di settembre 2010, i revisori della Commissione hanno riscontrato l’esistenza di silos presso alcuni stabilimenti dismessi e per la prima volta formulato rilievi, formalizzati con nota Ares n. 922678 del 9 dicembre 2010. In particolare, hanno ritenuto che il mantenimento dei silos non sia conforme ai regolamenti C.E. nn. 320/2006 e 968/2006 ai fini dell’ammissibilità a tasso pieno dell’aiuto, implicante il completo smantellamento di tutti i manufatti direttamente connessi alla produzione, quali appunto i silos da considerarsi come “direttamente connessi alla produzione dello zucchero” in quanto “impianti di imballaggio” di cui all’art. 4, par. 1, lett. c) del cit. regolamento C.E. n. 968/2006.

Poi, con nota n. 327 del 22 marzo 2011, l’AGEA ha diffidato l’interessata a procedere allo smantellamento totale mediante la completa dismissione dei silos entro il termine dettato dal regolamento comunitario (30 settembre 2011, poi 31 marzo 2012), nonchè ha comunicato di non poter svincolare le cauzioni presentate dall’impresa a garanzia degli impegni assunti, stante la raccomandazione “all’Italia di non rilasciare nessuna ulteriore cauzione alle imprese interessate”, formulata dalla Commissione europea e ribadita dal Ministero con nota 2 marzo 2011 n. 1732.

2. Con sentenza n. 9481 del primo dicembre 2011 il TAR ha accolto parzialmente il ricorso avverso i suddetti atti, ossia unicamente nella parte intesa ad ottenere lo svincolo parziale della cauzione in corrispondenza dell’aiuto per smantellamento parziale, dunque con esclusione della quota differenziale. Sono stati invece respinti i motivi di ricorso intesi a sostenere che lo “smantellamento totale” degli impianti di produzione, dante luogo ad aiuto maggiore rispetto a quello relativo allo “smantellamento parziale”, non comprendesse la demolizione dei silos di stoccaggio, in quanto connessi alla diversa fase di commercializzazione (e non di produzione).

SFIR ha appellato detta sentenza dinanzi al Consiglio di Stato che, con ordinanza n. 2069 del 12 aprile 2012, ha rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione europea la risoluzione di talune questioni pregiudiziali.

3. Con sentenza del 14 novembre 2013, resa nelle cause riunite da C187/12 a C-189/12, la Corte di giustizia da un lato ha affermato che l’esame delle questioni “non ha evidenziato alcun elemento atto a inficiare la validità degli artt. 3 e 4 del regolamento n. 320/2006 e dell’art. 4 del regolamento n. 968/2006”, nel resto ha stabilito:

“Gli artt. 3 e 4 del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio, del 20 febbraio 2006, relativo a un regime temporaneo per la ristrutturazione dell’industria dello zucchero nella Comunità e che modifica il regolamento (CE) n. 1290/2005 relativo al finanziamento della politica agricola comune, e l’art. 4 del regolamento (CE) n. 968/2006 della Commissione, del 27 giugno 2006, recante modalità di applicazione del regolamento n. 320/2006, devono essere interpretati nel senso che, ai loro fini, la nozione di “impianti di produzione” comprende i silos destinati allo stoccaggio dello zucchero del beneficiario dell’aiuto, a prescindere se questi siano utilizzati anche per altri usi. Non rientrano in tale nozione nè i silos utilizzati unicamente per lo stoccaggio di zucchero, prodotto entro quota, depositato da altri produttori o acquistato da questi ultimi, nè quelli utilizzati solamente per il confezionamento o l’imballaggio di zucchero ai fini della sua commercializzazione.

Spetta al giudice nazionale valutare caso per caso, tenendo conto delle caratteristiche tecniche o del vero uso che è fatto dei silos di cui trattasi”.

4. Indi, riattivatosi in giudizio di merito, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3185 del 2014, ha rigettato il gravame.

Secondo il giudice d’appello la normativa in discussione, la quale non si poneva in contrasto con gli invocati principi di proporzionalità e di parità di trattamento, consentiva la permanenza dei silos solo in via di eccezione ed in ben ristretti casi. Quindi occorreva verificare se, con riferimento al periodo di attività produttiva dello zuccherificio, con particolare al punto n. 40 della decisione della Corte di giustizia, per il silo dello stabilimento di (OMISSIS) e per i due silos dello stabilimento di (OMISSIS), qui in discussione, fosse dimostrato che ricorressero a suo tempo singolarmente e di fatto le condizioni che ne consentissero l’esenzione dallo smantellamento. Tali condizioni, secondo la Corte di giustizia, consistevano “nella pregressa utilizzazione, per ragioni tecniche o commerciali, dell’impianto di stoccaggio esclusivamente per zucchero prodotto entro quota altrove, sia dallo stesso produttore che da altri produttori e da loro depositato o venduto, ossia nell’utilizzazione del silo nell’ambito della sola commercializzazione e non della produzione intesa nei sensi espressi dalla stessa Corte, unicamente in questo caso potendosi escludere il silo dal novero degli impianti di produzione da smantellare per mantenere il diritto all’aiuto integrale”.

Tuttavia, dagli atti di causa non emergeva alcuna prova in tal senso.

Ne derivava, per il Consiglio di Stato, che andavano qualificati come “impianti produttivi” tutti e tre i silos, peraltro definiti “di stoccaggio a lungo termine” dalla commissione ministeriale di valutazione, come evidenziato dalla stessa appellante.

5. Contro la sentenza, SFIR propone ricorso per cassazione denunciando che il Consiglio di Stato abbia travalicato i limiti esterni della propria giurisdizione, indebitamente sostituendosi alla Corte di giustizia nell’interpretare la regolamentazione dell’UE in materia di ristrutturazione dell’industria saccarifera in una vicenda in cui la corretta interpretazione della fonte eurounitaria era cruciale per la soluzione della controversia, in particolare riguardo a quale fosse il momento nel tempo rispetto al quale di dovesse svolgere l’analisi “caso per caso” al fine di verificare la caratteristiche dei silos. Trattavasi, secondo la ricorrente, di questione non toccata dalla decisione della Corte di giustizia che avrebbe dovuto essere nuovamente investita della questione prima che il giudice nazionale definisse l’appello. In proposito formula anche richiesta di rinvio pregiudiziale. Gli intimati non hanno svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va disatteso dovendosi dare ulteriore continuità ai principi di diritto recentemente enunciati dalle sezioni unite di questa Corte in analoga vertenza (Cassazione civile, sez. un., 20/05/2016, n. 10501). Tale decisione ribadisce che, in materia di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, il controllo del rispetto del limite esterno della giurisdizione – che l’art. 111 Cost., u.c. affida alla Corte di cassazione – non include anche una funzione di verifica finale della conformità di quelle decisioni al diritto dell’Unione europea, neppure sotto il profilo dell’osservanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale ex art. 267, comma 3 TFUE. Si deve, infatti, tener conto che nel plesso della giurisdizione amministrativa spetta al Consiglio di Stato – quale giudice di ultima istanza – garantire, nello specifico ordinamento di settore, la conformità del diritto interno a quello dell’Unione, se del caso avvalendosi dello strumento del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Di contro, l’ordinamento nazionale contempla – per reagire ad una lesione del principio di effettività della tutela, conseguente ad una decisione del giudice amministrativo assunta in pregiudizio di situazioni giuridiche soggettive protette dal diritto dell’Unione – altri strumenti di garanzia, attivabili a fronte di una violazione del diritto comunitario che sia grave e manifesta (Cassazione civile, sez. un., 04/02/2014, n. 2403). Si rammenta che la Corte di giustizia, nell’esercizio del potere di interpretazione, non opera come giudice del caso concreto, bensì come interprete di disposizioni ritenute rilevanti ai fini del decidere da parte del giudice nazionale, in capo al quale permane in via esclusiva la funzione giurisdizionale. Ne consegue che il mancato rinvio pregiudiziale da parte del Consiglio di Stato alla Corte di giustizia, non configura una questione attinente allo sconfinamento dalla giurisdizione del giudice amministrativo (Cassazione civile, sez. un., 05/07/2013, n. 16886).

2. Costituisce jus receptum il principio di diritto secondo cui, ai fini dell’individuazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, è norma sulla giurisdizione non solo quella che individua i presupposti dell’attribuzione del potere giurisdizionale, ma anche quella che dà contenuto a quel potere stabilendo le forme di tutela attraverso le quali esso si estrinseca. Pertanto, rientra nello schema logico del sindacato per motivi inerenti alla giurisdizione l’operazione che consiste nell’interpretare la norma attributiva di tutela, onde verificare se il giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8 la eroghi concretamente e nel vincolarlo ad esercitare la giurisdizione rispettandone il contenuto essenziale (Cassazione civile, sez. un., 23/12/2008, n. 30254). Però il controllo del limite esterno non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori in iudicando o in procedendo per contrasto con il diritto dell’Unione europea, salva l’ipotesi, estrema, in cui l’errore si sia tradotto in una interpretazione delle norme europee di riferimento in contrasto con quelle fornite dalla Corte di giustizia, sì da precludere l’accesso alla tutela giurisdizionale dinanzi al giudice amministrativo (Cassazione civile, sez. un., 06/02/2015, n. 2242). Il che non ricorre se la decisione del Consiglio di Stato non contiene un aprioristico diniego di giurisdizione e, anzi, è assunta alla luce di pronuncia della Corte di giustizia (Cassazione civile, sez. un., 29/02/2016, n. 3915).

A tal proposito si è osservato che la primazia del diritto dell’UE “non sovverte gli assetti procedimentali degli ordinamenti nazionali (e la relativa funzione di garantire certezza e stabilità ai rapporti giuridici)”; sicchè, per un verso, “il mancato accoglimento, da parte del Consiglio di Stato…, di una richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia del Lussemburgo…è determinazione che, essendo espressione della potestas iudicandi devoluta a quel giudice, non esorbita i limiti interni della sua giurisdizione”, e, per l’altro verso, “il ricorso per cassazione, teso ad accertare la ricorrenza… delle condizioni per il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, è inammissibile, giacchè si risolve in una impugnativa diretta, non già a prospettare una questione attinente alla giurisdizione del giudice amministrativo, ma a denunciarne un (supposto) errore di giudizio” (Cassazione civile, sez. un., 01/03/2012, n. 3236).

3. Inoltre va ribadito quanto enunciato in analoga vertenza, cioè che “dirimente, poi, appare, nella concreta fattispecie, la stessa prospettazione della doglianza, la quale concerne non già l’omesso rinvio pregiudiziale al fine dell’interpretazione della normativa europea bensì l’omesso reinvio degli atti alla Corte di Giustizia –

già adita dal giudice amministrativo – al fine di ottenere un chiarimento sull’interpretazione pregiudiziale già fornita (Cassazione civile, sez. un., 20/05/2016, n. 10501, cit.).

Di contro, il Consiglio di Stato ha compiuto proprio “quell’accertamento caso per caso demandato dalla Corte di giustizia al giudice nazionale dopo avere enucleato il principio enunciato dalla corte europea e, dunque, il vizio dal quale sarebbe affetta quell’operazione ermeneutica sarebbe palesemente un error in iudicando, non denunciabile ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, con ricorso per cassazione” (ult. cit.).

4. Nè alcun rinvio pregiudiziale alla Corte europea di Lussemburgo potrebbe, in una ipotesi come quella in esame, essere disposto dalle sezioni unite della Corte di cassazione, potendosi vagliare solo il rispetto da parte del Consiglio di Stato dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa mentre non si evidenziano norme dell’UE che riguardino una tale attribuzione di controllo sui limiti della giurisdizione in ordine alle quali possano ipotizzarsi quesiti interpretativi. Si deve pertanto disattendere la richiesta di rinvio alla Corte di giustizia avanzata a pag. 31 dell’odierno ricorso, non esistendo alcun diritto della parte all’automatico rinvio pregiudiziale ogni qualvolta la corte di Cassazione non ne condivida le tesi difensive, bastando che le ragioni del diniego siano espresse (Corte EDU, caso Ullens de Schooten & Rezabek vs. Belgio) ovvero implicite laddove la questione pregiudiziale sia manifestamente inammissibile o manifestamente infondata (Corte EDU, caso Wind Telecomunicazioni vs. Italia, 36).

5. Dal rigetto del ricorso non deriva alcuna statuizione in punto di spese non avendo le parti pubbliche svolto alcuna attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2016

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