Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14042 del 04/06/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14042 Anno 2013
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA
sul ricorso 4570-2010 proposto da:
ACQUEDOTTO PUGLIESE S.P.A. 00347000721, in persona
dell’Avv.

CECILIA GRECO,

Responsabile dell’Unità

Affari Legali e Societari dell’AQP S.P.A.,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI SANTA TERESA
23, presso lo studio dell’avvocato PIETROSANTI
2013
709

FABRIZIO, rappresentata e difesa dagli avvocati AMATO
ALESSANDRO, GIUSEPPE CEGLIE con studio in 70121 BARI,
VIA COGNETTI 36 presso la sede legale dell’AQP S.P.A.
giusta delega in atti;
– ricorrente –

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Data pubblicazione: 04/06/2013

contro

CONDOMINIO VIA COLLODI 9 GROTTAGLIE 90139910732 in
persona del suo Amministratore pro tempore Geom.
ALFONSO ANNICHIARICO, LAINO MARIA MUTATA
LNAMMT29R20E205N, CALIANDRO ORAZIO CLNRSC37R03E2050,

presso lo studio dell’avvocato PANSINI GIOVANNA,
rappresentati e difesi dall’avvocato CALIANDRO ORAZIO
difensore di sè medesimo;
– controri correnti –

avverso la sentenza n. 142/2009 del TRIBUNALE DI
TARANTO SEZIONE DISTACCATA DI GROTTAGLIE, depositata
1’11/11/2009, R.G.N. 441/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/03/2013 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA
AMBROSIO;
udito l’Avvocato TOMMASO PAPARO per delega;
udito l’Avvocato ORAZIO CALIANDRO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del primo motivo di ricorso, accoglimento del
secondo motivo;

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elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE ANGELICO 70,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 11.11.2009, il Tribunale di Taranto,
sez. distaccata di Grottaglie – rigettando l’appello proposto
dall’Acquedotto Pugliese s.p.a. (di seguito, brevemente,
A.Q.P. o anche Acquedotto) avverso la sentenza del Giudice di

via Collodi, di Maria Mutata Laino e di Orazio Caliandro – ha
confermato, sia pure con diversa motivazione, che l’ente
appellante non aveva diritto al pagamento degli oneri di
depurazione per il periodo 03.10.2000/30.09.2002, avuto
riguardo

alla

declaratoria

di

parziale

illegittimità

costituzionale, intervenuta nelle more con sentenza
n.335/2008, dell’art. 14 della legge n. 36 del 1994 e
considerato, altresì, che l’Acquedotto non aveva fornito la
prova dell’esistenza (nell’ambito di Grottaglie) di un
impianto di depurazione funzionante nel periodo preso in
considerazione.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
A.Q.P., svolgendo due motivi, illustrati anche da memoria.
Hanno resistito il Condominio di via Collodi, Maria Mutata
Laino e Orazio Caliandro, depositando controricorso .
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione o
falsa applicazione della legge istitutiva dell’E.A.A.P. (oggi
A.Q.P.), nonché degli atti normativi e regolamentari di
settore applicabili al gestore del servizio idrico integrato
(art. 360 n.3 cod. proc. civ.). Al riguardo parte ricorrente
deduce che la sentenza impugnata – pur riconoscendo che la

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pace di Grottaglie n. 268/2005 nei confronti del Condominio di

società appellante era subentrata all’E.A.A.P. nel potere di
gestione del servizio di depurazione del rete fognaria di
Grottaglie – ha negato il diritto alla riscossione dei
relativi oneri senza chiarire a quale soggetto spettasse tale
diritto; per altro verso il Tribunale non avrebbe tenuto conto

costi di progettazione, di realizzazione e completamento degli
impianti di depurazione e connessi investimenti, in tal modo
assunti a componenti vincolati della tariffa.
1.2. Il motivo è in parte inammissibile, perché eccentrico
rispetto alle ragioni

della decisione e,

in parte, comunque

infondato.
Sotto il primo profilo si osserva che – contrariamente a
quanto opinato da parte ricorrente – le ragioni del diniego
della pretesa di pagamento non riposano nel rilievo del
difetto della legittimazione a riscuotere (di modo che è
incongrua la doglianza inerente la mancata individuazione del
soggetto legittimato), bensì nella considerazione della
mancata dimostrazione del fatto costitutivo del diritto alla
riscossione, rappresentato

dall’effettivo

svolgimento del

servizio di cui viene richiesto il pagamento.
Sotto il secondo profilo si rileva, in ossequio alla
lettura costituzionale della disciplina relativa alla debenza
del canone di depurazione delle acque, che non vi è luogo al
pagamento laddove il Comune sia sfornito di impianto di
depurazione centralizzato delle acque (Cass.12 aprile 2011, n.
8318). Invero la Corte costituzionale dichiarando
costituzionalmente illegittimo l’art. 14, co. 1, legge 5

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che il concetto di servizio di depurazione comprende anche

gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse
idriche), sia nel testo originario, sia nel testo modificato
dall’art. 28 della legge 31 luglio 2002, n. 179 (Disposizioni
in materia ambientale), nella parte in cui prevede che la
quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta
«anche nel caso in cui la fognatura sia

sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi
siano temporaneamente inattivi»

(Corte cost., 10 ottobre 2008,

n. 335) – ha inequivocabilmente stabilito che la tariffa del
servizio idrico integrato si configura, in tutte le sue
componenti, come il corrispettivo di una prestazione
commerciale complessa, il quale, ancorché determinato nel suo
ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto
autoritativo direttamente incidente sul patrimonio
dell’utente, bensì nel contratto di utenza. La connessione di
tali componenti è evidenziata, in particolare, dal fatto che,
a fronte del pagamento della tariffa, l’utente riceve un
complesso di prestazioni consistenti, sia nella
somministrazione della risorsa idrica, sia nella fornitura dei
servizi di fognatura e depurazione. E poiché la quota di
tariffa riferita al servizio di depurazione, in quanto
componente della complessiva tariffa del servizio idrico
integrato, ne ripete necessariamente la natura di
corrispettivo contrattuale, il cui ammontare è inserito
automaticamente nel contratto (L. n. 36 del 1994, art. 13), è
irragionevole l’imposizione all’utente dell’obbligo del
pagamento della quota riferita al servizio di depurazione
anche in mancanza della controprestazione, non potendosi, in

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dagli utenti

contrario, qualificare come controprestazione il fatto che le
somme pagate dagli utenti in mancanza del servizio sarebbero
destinate, attraverso un apposito fondo vincolato,
all’attuazione del piano d’ambito, comprendente anche la
realizzazione dei depuratori, e non potendosi ritenere, stante

abbiano natura non omogenea, e, conseguentemente, che anche
solo una di esse, a differenza delle altre, non abbia natura
di corrispettivo contrattuale ma di tributo (Cons. Stato, 30
giugno 2011, n. 3920).
Ciò posto e precisato che – come risulta nella decisione
impugnata- nella specie si controverte degli oneri riferiti al
servizio di depurazione delle acque reflue domestiche nel
periodo 03.10.2000/30.09.2002, correttamente il Tribunale ha
escluso il diritto alla riscossione per non essere stato
fornita la prova dell’esistenza di un impianto funzionante nel
periodo in considerazione,

ergo

per non essere stata

dimostrata, con riferimento a detto periodo, l’effettiva
fruizione del servizio di depurazione cui, per la rilevata
natura sinallagmatica del rapporto, risultava condizionato
l’accoglimento della pretesa di pagamento.
2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio: gestione dell’impianto
di depurazione (art. 360 n.5 cod. proc. civ.). Al riguardo
parte ricorrente lamenta che il Tribunale non si sia
pronunciato sulla richiesta di ammissione in appello ex art.
345 cod. proc. civ. della documentazione allegata al gravame e

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l’unitarietà della tariffa, che le sue singole componenti

intesa a provare l’esistenza di un impianto di depurazione
funzionante nell’abitato di Grottaglie.
2.1. Il motivo è inammissibile per la sua genericità.
In via di principio si rammenta che l’art. 345, terzo
comma, cod. proc. civ., come modificato dalla legge 26

mezzi di prova, ivi compresi i documenti, consente al giudice
di ammettere, oltre alle nuove prove che le parti non abbiano
potuto produrre prima per causa ad esse non imputabile, anche
quelle da lui ritenute, nel quadro delle risultanze
istruttorie già acquisite, indispensabili, perchè dotate di
un’influenza causale più incisiva rispetto a quella che le
prove rilevanti hanno sulla decisione finale della
controversia.
Ciò posto e precisato che, nella specie, la ricorrente
allega che la documentazione in questione era funzionale alla
dimostrazione della titolarità della gestione del servizio
idrico, messa in discussione dalla decisione di prime cure, si
osserva che dal tenore della censura, per un verso, non emerge
la non imputabilità della relativa produzione nel primo grado
del giudizio e, per altro verso, neppure è dato desumere
l'”indispensabilità” della documentazione ai fini della
dimostrazione dell’effettivo funzionamento del depuratore nel
periodo che qui rileva; donde la non decisività del vizio
motivazionale dedotto.
Non appare superfluo aggiungere che le stesse deduzioni di
parte ricorrente, intese a ricondurre la quota degli oneri di
depurazione «ai costi di progettazione e di realizzazione o di

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novembre 1990, n. 353, nell’escludere l’ammissibilità di nuovi

completamento degli impianti di depurazione e connessi
investimenti»

(pag. 8 in ricorso), piuttosto che smentirlo,

convalidano il rilievo del difetto di prova in ordine
all’effettivo funzionamento dell’impianto di depurazione.
In conclusione il ricorso va rigettato.

dispositivo alla stregua dei parametri di cui al

D.M. n. 140

del 2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al
rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in
C 1.000,00 (di cui C 800,00 per compensi) oltre accessori come
per legge.
Roma 25 marzo 2013

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in

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