Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14041 del 04/06/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14041 Anno 2013
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: LANZILLO RAFFAELLA

SENTENZA
sul ricorso 4564-2010 proposto da:
PENNELLA ANGELO ALDO PNNNLL45T10E418X, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DEI PARIOLI 76, presso lo
studio dell’avvocato MENSITIERE ANGELA, rappresentato
e difeso dall’avvocato ROMANO PIETRO giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2013

contro

708

CONSORZIO DI BONIFICA DEL POLLINO 830003707789 in
persona

del

Commissario

ad

acta

Dr.

ANTONIO

SCHIAVELLI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

1

Data pubblicazione: 04/06/2013

PACINOTTI 5 D, presso lo studio dell’avvocato MARIA
CHIEFARI,

rappresentato

e

difeso

dall’avvocato

COSENTINO ANGELO giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 904/2009 della CORTE D’APPELLO

1322/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/03/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA
LANZILLO;
udito l’Avvocato ANGELO COSENTINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

2

di CATANZARO, depositata il 14/11/2009, R.G.N.

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Catanzaro ha
confermato il rigetto, disposto dal Tribunale di Castrovillari,
della domanda di risarcimento dei danni – proposta con atto di

contro il Consorzio di Bonifica del Pollino, al quale il
Pennella addebita di avere arrecato gravi danni al fondo rustico
di sua proprietà, nell’eseguire i lavori di ampliamento di una
strada vicinale, lavori che hanno alterato il deflusso delle
acque, provocando lo smottamento del terreno e lo sradicamento
di oltre cento piante di ontano e di una decina di castagni.
Il Pennella aveva chiesto sia il risarcimento dei danni ai sensi
dell’art. 2043 cod. civ., sia in subordine l’indennizzo di cui
all’art.

913 cod.

civ.;

sia la condanna del convenuto

all’esecuzione in forma specifica dei lavori necessari ad
interrompere il perpetuarsi degli inconvenienti
La Corte di appello, come già il Tribunale, ha ritenuto carente
la prova del nesso causale fra l’esecuzione dei lavori e i danni
lamentati dal Pennella, anche a causa del lungo tempo trascorso
(quasi dieci anni) fra il fatto e l’inizio della causa.
Il Pennella propone quattro motivi di ricorso per cassazione.
Resiste l’intimato con controricorso.
Il Consorzio ha depositato memoria.
Motivi della decisione

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citazione notificato il 2 luglio 1990 – da Angelo Aldo Pennella

1.- Con i primi tre motivi – che possono essere congiuntamente
esaminati perché connessi – il ricorrente denuncia violazione
degli art. 2043 cod. civ., 40 e 41 cod. pen., nonché omessa,
insufficiente od illogica motivazione, per avere la Corte di

eseguiti dal Consorzio e i danni da lui subiti, pur avendo
accertato – sulla base della CTU svolta in appello – che a
seguito dei lavori e dell’esecuzione di cunette artificiali,
vengono convogliate nel fossato adiacente al suo fondo quantità
d’acqua di gran lunga superiori a quelle precedenti (che si
disperdevano lungo varie canalizzazioni naturali del terreno),
e che ciò ha provocato smottamenti e dissesto idrogeologico,
trattandosi di terreno franoso.
Il ricorrente censura la motivazione della Corte di appello,
nella parte in cui afferma che la CTU non ha potuto fornire la
certezza che il danno sia stato causato dall’esecuzione dei
lavori di costruzione della strada, in quanto non ha potuto
escludere che gli smottamenti del terreno avrebbero potuto
verificarsi comunque, anche in mancanza dei lavori. Rileva che
solo nel diritto penale il nesso causale fra un dato
comportamento e l’evento che ne è conseguito deve essere
accertato con assoluta certezza.
Agli effetti civili, quanto all’obbligo del risarcimento dei
danni, è sufficiente che si accerti un alto grado di probabilità
che al comportamento dedotto in giudizio segua l’evento dannoso,

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appello escluso la sussistenza del nesso causale fra i lavori

dovendosi applicare il criterio, ispirato alla regola della
normalità causale, secondo cui è sufficiente che il verificarsi
dell’evento dannoso sia “più probabile che non”, come la
giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato (Cass. 16

altre).
Il CTU avrebbe per l’appunto formulato un giudizio di elevata
probabilità, per il fatto che le opere eseguite dal Consorzio
hanno aumentato sia la quantità, sia la velocità dell’acqua che
affluisce al fossato, e che “l’erosione del terreno è risultata
accentuata dalla mancanza di opere di regimazione delle acque,
necessarie per evitare che lo scolo delle stesse sia più gravoso
per i terreni a valle”.
Il CTU ha anche indicato quali opere sarebbero state necessarie
per scongiurare futuri inconvenienti, cioè la realizzazione di
gradini destinati a ridurre la pendenza dell’alveo, al fine di
interrompere o rallentare il processo di erosione, e che la
Corte di appello ha trascurato di tenere conto di tali
accertamenti, senza darne motivazione alcuna.
Rileva altresì il ricorrente che la situazione pregressa del
terreno, cioè la sua particolare franosità, costituisce solo una
concausa, dell’evento e che la Corte di appello avrebbe potuto
escludere il nesso causale solo dietro dimostrazione che la
situazione pregressa del suolo era sufficiente da sola a
provocare il danno che si è in effetti verificato.

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ottobre 2007 n. 21619; Cass. S.U. 11 gennaio 2008 n. 576, ed

2.- Deve essere preliminarmente respinta l’eccezione di
inammissibilità del primo motivo di appello – avente ad oggetto
il capo della sentenza del Tribunale che ha escluso la
sussistenza del nesso causale – sollevata dal Consorzio sul

nuova.
Il resistente assume che l’inammissibilità dovrebbe essere
rilevata di ufficio, per violazione dell’art. 345 cod. proc.
civ., avendo esso sollevato l’eccezione con la comparsa di
risposta in appello.
L’assunto è infondato.
La Corte di cassazione può rilevare di ufficio l’inammissibilità
di una domanda nuova in appello solo se non vi sia stata
un’esplicita pronuncia sul punto del giudice di appello.
In caso contrario, il riesame della questione è subordinato alla
prospettazione di apposita censura, da proporre ai sensi
dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 n. 4
cod. proc. civ.

(Cass. civ. Sez. 2, 12 maggio 2003 n. 7258;

Cass. civ. Sez. 2, 24 novembre 2008 n. 27890;

Cass. civ. Sez.

3, 17 ottobre 2003 n. 15547 e 13 novembre 2009 n. 24047, fra le
altre).
Nella specie, la Corte di appello ha preso in esame ed ha
respinto l’eccezione di novità della domanda, ritenendo che le
richieste formulate in appello fossero già contenute nella
domanda proposta in primo grado.

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rilievo che il Pennella avrebbe proposto in appello una domanda

Il resistente non ha proposto specifica impugnazione contro tale
capo della sentenza, in termini tali da impedire che si formasse
il giudicato sul punto.
2.1. Quanto al merito, i motivi di ricorso sono inammissibili,

Il ricorrente fonda le sue difese sugli accertamenti tecnici di
ufficio esperiti soprattutto in grado di appello, ma non ha
prodotto in giudizio la relazione di CTU, né essa risulta
allegata agli atti e ai documenti di causa.
A norma dell’art. 369 n. 4 cod. proc. civ. il ricorrente è
tenuto, a pena di improcedibilità,

a produrre unitamente al

ricorso gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda.
A norma dell’art. 366 n. 6 stesso codice l’esposizione dei
motivi deve contenere, a pena di inammissibilità, la specifica
..
indicazione di tali atti e documenti.
Deve altresì specificare come tali atti siano contrassegnati e
dove siano reperibili fra gli altri atti e documenti di causa
(Cass. civ. 31 ottobre 2007 n. 23019; Cass. civ. Sez. 3, 17
luglio 2008 n. 19766; Cass. civ. S.U. 2 dicembre 2008 n. 28547,
Cass. civ. Sez. Lav., 7 febbraio 2011 n. 2966, fra le tante; e
da ultimo Cass. civ. S.U. 3 novembre 2011 n. 22726, quanto alla
necessità della specifica indicazione del luogo in cui il
documento si trova).
Tali indicazioni sono mancanti e la CTU più volte menzionata non
è in atti.

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prima ancora che non fondati.

I

Le argomentazioni del ricorrente sono quindi prive di ogni
oggettivo riscontro e non valgono a dimostrare gli asseriti vizi
di motivazione della sentenza impugnata.
Si ricorda che le censure del ricorrente circa la sussistenza o

opere eseguite fossero idonee a provocare il danno, e così via,
attengono essenzialmente all’accertamento dei fatti ed alla
valutazione delle prove: questioni non suscettibili di riesame
in sede di legittimità se non dimostrando l’insufficienza o
l’illogicità intrinseca alle argomentazioni della sentenza
impugnata, alla luce dei fatti accertati in corso di causa e di
ben precisi e concreti elementi di prova: elementi che, si
ripete, nella specie non ricorrono.
La Corte di appello ha premesso in fatto che i lavori sono stati
effettuati dal Consorzio negli anni 1980 e 1981 e sono stati
conclusi il 31 dicembre 1981; che l’atto introduttivo del
giudizio è stato notificato nove anni più tardi (il 2 luglio
1990); che nel frattempo il Pennella ha inviato una sola
diffida, in data 28 luglio 1989.
Ne ha tratto la conclusione che non è possibile escludere che,
nel corso dei dieci anni trascorsi fra l’esecuzione delle opere
e l’inizio della causa, il terreno – di per sé instabile sarebbe comunque franato, anche senza la costruzione della
strada.

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meno del nesso causale, la maggiore o minore probabilità che le

Trattasi di valutazione di merito, obiettivamente condivisibile
e non smentita da concreti elementi di prova in contrario.
3.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia insufficiente o
contraddittoria motivazione nel capo in cui la Corte di appello

indennizzo ai sensi dell’art. 913 cod. civ., con la motivazione
che non ricorrono gli estremi della sistemazione agraria del
fondo. Rileva il ricorrente che la costruzione o l’ampliamento
di una strada vicinale a servizio di fondi rustici costituisce
di per sé opera di sistemazione agraria e che i Consorzi di
bonifica non possono che dedicarsi ad opere di tal genere.
3.1.- La censura è fondata, ma non giustifica l’annullamento
della sentenza impugnata, il cui dispositivo si regge su altra e
più pregnante argomentazione.
Erroneamente la Corte di appello ha escluso l’applicabilità
dell’art. 913 cod. civ., potendo l’opera rientrare fra i lavori
di sistemazione agraria di fondi confinanti.
Erroneamente ha anche ritenuto la norma inapplicabile al caso di
specie, per il fatto che si riferisce ad attività lecite.
La domanda è stata infatti proposta dal Pennella in subordine,
per il caso in cui – esclusa ogni responsabilità in ordine alle
modalità di esecuzione della strada e di convogliamento delle
acque – il comportamento del Consorzio fosse ritenuto lecito.
La domanda avrebbe dovuto essere rigettata, piuttosto, quale
conseguenza dell’accertata insussistenza del nesso causale fra

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ha respinto la sua domanda subordinata di pagamento di un

le opere eseguite dal Consorzio e l’incremento della franosità,
poiché anche l’indennizzo di cui all’art. 913 cod. civ.
richiede, ovviamente, che il danno trovi la sua causa
nell’esecuzione dell’opera di sistemazione agraria.

sentenza impugnata.
4.- Il ricorso deve essere rigettato.
5.-

Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo,

seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte di cassazione

rigetta il ricorso e condanna il

ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,
liquidate complessivamente in

e

2.500,00, di cui C 200,00 per

esborsi ed C 2.300,00 per compensi; oltre agli accessori
previdenziali e fiscali di legge.

Così deciso in Roma, il 25 marzo 2013

Il

resils1:421t.

In questo senso deve essere modificata la motivazione della

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