Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14036 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 27/06/2011, (ud. 31/03/2011, dep. 27/06/2011), n.14036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

M.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 180/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 28/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/03/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE FERRARA;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BELLIS GIANNI, che ha chiesto

il termine per rinnovo notifica e in subordine l’accoglimento del

ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di notifica a M.G. di due avvisi di rettifica delle dichiarazioni Iva per gli anni 1990 e 1991, e di un avviso di irrogazione sanzioni per iva anno 1993, emessi sul rilievo che il contribuente avrebbe indebitamente portato in detrazione l’imposta relativa a due fatture emesse dalla ditta Russo Ennio con sede in (OMISSIS) per operazioni in realtà inesistenti, il M. proponeva distinti ricorsi dinanzi alla C.T.P. di Avellino che, riunite le impugnazioni, le accoglieva, così annullando gli atti contestati.

L’Ufficio appellava però la decisione e la C.T.R. della Campania con sentenza n. 180/12/04, depositata il 28.1.2005 e non notificata, rigettava il gravame ritenendo non dimostrata l’inesistenza delle operazioni in questione per essere gli avvisi di rettifica fondati su dichiarazione di terzo raccolta dai verificatori, successivamente smentita dal medesimo dichiarante con dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà prodotta in giudizio dal contribuente.

Per la cassazione della sentenza di appello proponevano ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, articolando un unico complesso motivo.

Nessuna attività difensiva svolgeva nell’attuale fase il contribuente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Rileva questa Suprema Corte doversi preliminarmente dichiarare d’ufficio l’inammissibilità del ricorso del Ministero in quanto privo della necessaria legittimazione ad impugnare la sentenza di secondo grado perchè soggetto rimasto estraneo al giudizio di appello.

Ed infatti nel caso di specie al giudizio di appello risulta aver partecipato unicamente l’Ufficio periferico di S. Angelo dei Lombardi dell’Agenzia delle Entrate (successore a titolo particolare del Ministero) e il contraddittorio è stato accettato dai contribuente senza sollevare alcuna eccezione sulla mancata partecipazione del dante causa, che così risulta, come costantemente ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis. v. Cass. 23.4.2010, n. 9794) estromesso implicitamente dal giudizio. Da tali premesse inevitabilmente discende l’esclusione della legittimazione del Ministero a proporre il ricorso per cassazione, spettando la relativa legittimazione processuale alla sola Agenzia.

2 – Con l’unico motivo articolato deduce l’Agenzia dell’Entrate i vizi di violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2727 c.c. nonchè D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 21, 51 e 54 omessa pronuncia e omessa o comunque insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, lamentando in particolare che il giudice di merito avrebbe deciso la controversia sulla base della sola ritrattazione del R., omettendo di prendere in considerazione elementi acquisiti al processo e rappresentati in particolare dalle “risultanze della verifica fiscale eseguita dalla Guardia di Finanza di Trebisacce nei confronti della ditta Russo Ennio, corrente in (OMISSIS), dalle quali era emerso che quella ditta aveva emesso due fatture …. nei confronti della ditta Costruzioni edili Mastrota Giuseppe …relative ad operazioni inesistenti”, nonchè dall’inottemperanza del contribuente all’invito ad esibire la copia autentica del registro degli acquisti per gli anni 1990 e 1991; ed inoltre sulla base dell’erronea attribuzione all’Ufficio dell’onere della prova in ordine alle operazioni ritenute inesistenti.

Il ricorso è infondato, e per qualche aspetto addirittura inammissibile.

Premesso infatti che il vizio di omessa pronuncia risulta solo astrattamente dedotto, senza nessun concreto riferimento alla vicenda in esame, osserva la Corte che la doglianza relativa al difetto di motivazione della sentenza, in conseguenza dell’omessa valutazione di elementi e circostanze risultanti dagli atti impugnati, risulta formulata in maniera assolutamente generica, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso.

Al riguardo infatti costante è la giurisprudenza di questa Corte nel senso che: “Il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci l’erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito ha l’onere, a pena di inammissibilità del motivo di censura, di riprodurre nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza del medesimo, il documento nella sua integrità (così Cass. 28.6.2006, n. 14973; cfr. ord. 30.7.2010, n. 17915;

sent. 25.8.2006, n. 18506; 17.5.2006, n. 11501).

Quanto alla violazione di legge pure denunciata, osserva questa Suprema Corte, che la decisione del giudice di merito, così come fondata sulla valutazione della prova della falsità delle operazioni fornita dall’Ufficio, sul presupposto che su di esso gravasse il relativo onere, appare conforme a consolidata e condivisa giurisprudenza di legittimità, secondo la quale. “In materia di IVA, in ipotesi di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad operazioni inesistenti, grava su di essa l’onere di provare che le operazioni, oggetto delle fatture, in realtà non sono state mai poste in essere. Ma, se l’amministrazione fornisca validi elementi – alla stregua del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, – per affermare che alcune fatture sono state emesse per operazioni (anche solo parzialmente) fittizie, passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate” (così Cass. 11.6.2008, n. 15395; cfr. Cass. 23.4.2010, n. 9784;

19.10.2007, n. 21953; 12.12.2005, n. 27341).

li ricorso deve pertanto essere rigettato, nulla dovendo disporsi per le spese in assenza di costituzione del contribuente.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero e rigetta quello dell’Agenzia delle Entrate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 31 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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