Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14035 del 27/06/2011
Cassazione civile sez. trib., 27/06/2011, (ud. 31/03/2011, dep. 27/06/2011), n.14035
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –
Dott. FERRARA Ettore – rel. Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrenti –
contro
S.F., P.C., ESSEPI IMPIANTI SNC;
– intimati –
avverso la sentenza n. 29/2004 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,
depositata il 25/11/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
31/03/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE FERRARA;
udito per il ricorrente l’Avvocato DE BELLIS GIANNI, che ha chiesto
l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine
il rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito di avviso di accertamento con il quale l’Ufficio II.DD. di Cuneo accertava un maggior imponibile ai fini Ilor per il 1995 nei confronti della Essepi Impianti s.n.c. di S.F. e P.C., e di conseguenza un maggior corrispondente reddito ai fini irpef a carico dei due soci, sul rilievo che la predetta società avrebbe indebitamente contabilizzato tre fatture emesse da Tecno Impianti Industriali di G.G.B. per operazioni in realtà inesistenti, la società e i soci proponevano ricorso dinanzi alla C.T.P. di quella città, che, riuniti i ricorsi, li rigettava.
I contribuenti appellavano però la decisione e la C.T.R. del Piemonte con sentenza n. 29/24/04, depositata in data 25.11.2004 e non notificata, disattese le eccezioni degli appellanti in ordine all’illegittimità dell’atto impositivo per inesistenza dell’autorizzazione del P.M. alla utilizzazione di elementi acquisiti in sede di indagini di P.G. e per difetto di motivazione, accoglieva però i gravami ed annullava l’atto impugnato ritenendo non dimostrata l’inesistenza delle operazioni fatturate.
Per la cassazione della sentenza di appello proponevano ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, articolando un unico motivo.
Nessuna attività difensiva svolgevano nell’attuale fase gli intimati.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Rileva questa Suprema Corte doversi preliminarmente dichiarare d’ufficio l’inammissibilità del ricorso del Ministero in quanto privo della necessaria legittimazione ad impugnare la sentenza di secondo grado perchè soggetto rimasto estraneo al giudizio di appello (ex plurimis v. Cass. 23.4.2010, n. 9794).
2 – Con l’unico motivo articolato deduce l’Agenzia dell’Entrate il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (ex art. 360 c.p.c., n. 4), denunciando in particolare la nullità della sentenza per aver il giudice di merito accolto le impugnazioni dei contribuenti sulla scorta di un motivo non dedotto dagli stessi.
La doglianza è fondata.
Ed invero, premesso che l’ultrapetizione va verificata con esclusivo riferimento al giudizio di appello, osserva il Collegio che, come risulta dall’esame degli atti, sempre consentito in sede di legittimità allorchè sia dedotto un error in procedendo, i contribuenti appellarono la sentenza della C.T.R. articolando quali “motivi specifici”, ai sensi e per gli effetti di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 unicamente censure relative alla asserita illegittimità dell’avviso di accertamento per l’assenza dell’autorizzazione del P.M. all’utilizzo di informazioni raccolte nel corso di operazioni di P.G. nonchè per difetto di motivazione, fondandosi esso su p.v.c. della Guardia di Finanza non allegato.
Tanto premesso in fatto, non vi è dubbio che è incorso in vizio di ultrapetizione il giudice del gravame che, dopo aver respinto le doglianze relative alla legittimità formale dell’atto impugnato, abbia travalicato i limiti della domanda pronunziandosi sulla fondatezza dell’atto impositivo, benchè al riguardo non risultasse formulato uno specifico motivo di appello.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata per la nullità conseguente all’accertato vizio di ultrapetizione.
La particolarità della vicenda, così come descritta dal giudice di secondo grado, giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero, accoglie quello dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 31 marzo 2011.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011