Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14035 del 21/05/2021

Cassazione civile sez. I, 21/05/2021, (ud. 22/10/2020, dep. 21/05/2021), n.14035

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16650/2015 proposto da:

Santa Clara S.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Merulana n. 234, presso lo

studio dell’avvocato Della Valle Cristina, che la rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.C., elettivamente domiciliato in Roma, Via Federico

Confalonieri n. 5, presso lo studio dell’avvocato Manzi Luigi, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Bariani Giorgio,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il

19/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/10/2020 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza depositata iI49-12-2014 la Corte d’appello di Venezia ha rigettato l’istanza di riconoscimento della sentenza resa da Giudice della Repubblica Domenicana il 7-62013 nel procedimento promosso da Santa Clara s.a. nei confronti di C.C., già amministratore della suddetta società, avente ad oggetto il risarcimento del danno subito dalla società a causa dell’utilizzo non autorizzato di carta di credito da parte del C.. La Corte d’appello ha rilevato che: (i) il procedimento davanti al Giudice della Repubblica Domenicana si era svolto in contumacia del C.; (ii) il convenuto era stato sempre residente in Italia, anche quando aveva domicilio in Santo Domingo per ragioni di lavoro, e la s.a. Santa Clara era a conoscenza di detta circostanza, come risultava documentalmente dimostrato, atteso che il contratto di lavoro era stato inviato in Italia; (iii) il domicilio del C. non era, quindi, sconosciuto, la società aveva fornito errate notizie al Giudice domenicano, al C. non era stata portata a conoscenza la citazione in giudizio e risultava violato il disposto di cui alla L. n. 218 del 1995, art. 65 (rectius 64) lett. B.

2. Avverso questa ordinanza Santa Clara s.a. propone ricorso per cassazione, affidato a un motivo, nei confronti di C.C., che resiste con controricorso.

4. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c.. Il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unico articolato motivo la società ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 218 del 1995, art. 64. Rileva che l’interpretazione e il ragionamento seguiti dalla Corte d’appello sono viziati, richiedendo la lettera b) della citata norma due requisiti, ossia che l’atto introduttivo del giudizio sia portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo in cui si è svolto il processo e che non siano stati violati i diritti essenziali della difesa. Ad avviso della ricorrente, la Corte territoriale non ha verificato che l’atto introduttivo del giudizio era stato notificato nel rigoroso rispetto delle norme processuali di cui agli artt. 68 e 69 del Codigo de Procedimento Civil de la Republica Dominicana, il Tribunale di Santo Domingo aveva verificato il rispetto di quelle norme e nessuna violazione dei diritti essenziali di difesa del C. si era verificata.

2.11 motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.

2.1. Secondo il costante orientamento di questa Corte a cui il Collegio intende dare continuità, la L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 64, comma 1, lett. b), prevede, invero, un duplice requisito: (a) che l’atto introduttivo del giudizio sia portato a conoscenza del convenuto “in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo”; (b) che nell’ambito del processo svoltosi dinanzi al giudice straniero non siano stati violati i diritti essenziali della difesa. Entrambi i requisiti devono concorrere (l’indagine relativa al primo di essi riguardando un controllo di legittimità in ordine al puntuale rispetto della legge straniera in tema di notificazioni, l’indagine relativa al secondo coinvolgendo un controllo di regolarità dell’intero processo alla stregua dei principi di ordine pubblico sanciti dall’ordinamento interno a salvaguardia del contraddittorio e del diritto di difesa in ambito processuale), di tal che la verifica relativa alla sussistenza dell’uno dei due requisiti non assorbe quella attinente alla sussistenza dell’altro (Cass. n. 13662/2004; Cass. n. 16978/2006 e successive conformi). A tal fine, ove sia in contestazione il riconoscimento della sentenza straniera, la Corte d’appello non deve applicare pedissequamente i principi in tema di notificazione dettati dalla legge italiana, ma deve verificare se la comunicazione o la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio abbia rispettato le regole previste dal diritto straniero ed abbia soddisfatto i principi fondamentali dell’ordinamento, in modo tale da non ledere i diritti essenziali della difesa, primo tra tutti quello al contraddittorio (Cass. n. 9677/2013; Cass. n. 4392/2014).

2.2. Ciò posto, la censura è infondata nella parte in cui la ricorrente afferma che la Corte d’appello non avrebbe verificato se le modalità con le quali il giudizio è stato incardinato presso il Tribunale dominicano fossero, o meno, conformi alla legge del luogo dove sì è svolto. La Corte ha, per contro, ampiamente motivato, facendo riferimento ad una serie di elementi indiziari convergenti ed univoci, desunti dalla documentazione in atti, che evidenziavano come l’applicazione del rito degli irreperibili fosse errata, dovendo applicarsi il rito ordinario ex art. 68 del codice dominicana. La suddetta norma, anche se non espressamente citata nell’ordinanza impugnata, è stata implicitamente applicata dalla Corte di merito e sul punto non vi è specifica impugnazione da parte della ricorrente. Nè può dubitarsi del fatto che la mancata rituale notifica incida sul nucleo essenziale del diritto di difesa (Cass. 17519/2015).

2.3. La censura è inammissibile nella parte in cui non si confronta con la motivazione dell’ordinanza impugnata in punto di effettiva conoscenza, da parte della società, del fatto che il C. risiedeva in Italia e il suo domicilio non era sconosciuto. La Corte d’appello ha, infatti, ritenuto dimostrato, in via presuntiva, che il luogo di residenza del C. fosse conosciuto dalla società. Invece la notifica dell’atto introduttivo del giudizio avanti al giudice domenicano era stata eseguita con il rito degli irreperibili, come se il domicilio del C. fosse sconosciuto, avendo la società rappresentato al Giudice domenicano informazioni errate (pag.n. 3 dell’ordinanza impugnata).

La ricorrente nulla assume a confutazione di detto assunto, che ha rilevanza dirimente nel percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale e nella formazione del suo convincimento.

3.In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro6.200, di cui Euro200 per esborsi, oltre spese generali, nella misura del 15 per cento, ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2021

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