Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14035 del 04/06/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 14035 Anno 2013
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA
sul ricorso 17684-2007 proposto da:
IOVINO PACIFICO VNIPCF67C23D7901, LUCAIOLI MARIA
LCLMRA39A47D790U, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA LUCA DELLA ROBBIA 3, presso lo studio
dell’avvocato

T
2013

CAPORILLI

MARIA

ROSARIA,

rappresentati e difesi dagli avvocati MERCONE
PASQUALE, IODICE SILVIO giusta delega in atti;
– ricorrenti –

696
contro

ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI
INFORTUNI

SUL LAVORO

(INAIL)

1

01165400589,

in

Data pubblicazione: 04/06/2013

persona del Dirigente con incarico di livello
generale Dott. PAOLO VACCARELLA, Direttore della
Direzione

Centrale

Prestazioni,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo
studio

dell’avvocato

ROSSI

ANDREA,

che

lo

TARANTINO CRISTOFARO giusta delega in atti;
MONTEPASCHI ASSICURAZIONI DANNI S.P.A. (già TICINO
ASSICURAZIONI S.P.A.), in persona del suo Dirigente
sinistri

Dott.

CARLO

LANDI,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 44, presso
lo

studio

dell’avvocato

FRONTICELLI

BALDELLI

GIOVANNI, che lo rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– controricorrenti nonchè contro

DE LUCA GIUSEPPE, C.G.D. S.P.A.;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1921/2006 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 09/06/2006,
R.G.N. 2916/2003;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 25/03/2013 dal Consigliere
Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato ANDREA ROSSI;
udito l’Avvocato GIOVANNI FRONTICELLI BALDELLI;

2

rappresenta e difende unitamente all’avvocato

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il

rigetto del ricorso;

3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Decidendo sulle cause riunite, proposte, l’una, da Giuseppe
De Luca nei confronti di Maria Lucaioli e di Pacifico Iovine,
della Ticino Assicurazioni s.p.a. (ora Montepaschi
Assicurazioni s.p.a.) e della CGD s.p.a. (oggi R.E.T.E.R.A.

Maria Lucaioli e di Pacifico Iovine, con sentenza in data
29.09.2002 il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda di
risarcimento danni proposta dal De Luca in dipendenza di un
grave incidente verificatosi il 16.10.1990, allorchè, mentre
lavorava all’interno di un cantiere aperto dalla C.G.D. era
stato travolto dall’escavatrice di proprietà della Lucaioli,
lasciato in sosta su un pendio dal conducente Iovine;
condannava in solido i predetti Maria Lucaioli e Pacifico
Iovine al pagamento della differenza residua tra il
complessivo ammontare dei danni pari ad
somma di

966.797,33 e la

377.192,83, già corrisposta dall’I.N.A.I.L. al De

Luca; accoglieva, inoltre, la domanda dell’I.N.A.I.L. e
condannava i medesimi Maria Lucaioli e Pacifico Iovine in
solido al pagamento della somma di 377.192,83 corrisposta
dall’Istituto al De Luca; rigettava la domanda proposta dal De
Luca nei confronti della C.G.D. e della Ticino Assicurazioni
s.p.a.; condannava Lucaioli e ‘ovine al pagamento delle spese
nei confronti del De Luca, compensandole per il resto
compensate tra le parti.
La decisione, gravata da impugnazione, in via principale,
da parte di Maria Lucaioli e Pacifico Iovine e, in via
incidentale, da parte del De Luca, era confermata dalla Corte

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s.p.a. fallita) e, l’altra, dall’I.N.A.I.L. nei confronti di

di appello di Napoli, la quale con sentenza in data 09.06.2006
condannava gli appellanti principali al pagamento delle spese
processuali in favore del De Luca, dell’I.N.A.I.L. e del
Montepaschi Assicurazioni s.p.a.; condannava invece, il De
Luca al pagamento delle spese in favore del Montepaschi.

cassazione Maria Lucaioli e Pacifico ‘ovino, svolgendo sei
motivi.
Hanno resistito con distinti controricorsi l’I.N.A.I.L. e
il Montepaschi Assicurazioni.
Dette parti hanno anche depositato memorie.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte degli
altri intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. L’affermazione di responsabilità degli odierni ricorrenti
per il grave incidente occorso al De Luca muove
dall’individuazione delle cause del sinistro nelle carenze di
manutenzione dell’escavatrice che investì l’originario attore
(interessanti il funzionamento del freno di stazionamento, con
conseguente coinvolgimento, in primo luogo, della proprietaria
del mezzo Maria Lucaioli) e nell’imprudente gestione della
sosta del veicolo (per essere stata l’escavatrice
imprudentemente lasciata in cima ad una salita, con
conseguente responsabilità anche del suo conducente, Pacifico
Iovine,). In particolare la Corte di appello – premesso che la
domanda era fondata sulla violazione del generale principio
del

neminem ledere,

per avere il De Luca dedotto una

responsabilità di tipo extracontrattuale, chiamando in causa

5

Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per

gli odierni ricorrenti ex art. 2043 cod. civ. e la C.G.D.

ex

art. 2049 cod. civ.- ha, per un verso, confermato la
statuizione di responsabilità di Lucaioli e Iovine per il
titolo precisato e, per altro verso, escluso una concorrente
responsabilità della C.G.D., non ravvisando alcun nesso di

rapporto tra la committente e lo Iovine, anche in
considerazione della parziale autonomia del lavoro svolto da
quest’ultimo al di fuori dello schema del lavoro subordinato
(trattandosi di nolo “a caldo”).
2. Il ricorso – avuto riguardo alla data della pronuncia
della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e
antecedente al 4 luglio 2009) – è soggetto, in forza del
combinato disposto di cui al d.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40,
art. 27, comma 2 e della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58,
alla disciplina di cui agli artt. 360 cod. proc. civ. e segg.
come risultanti per effetto del cit. d.Lgs. n. 40 del 2006.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione
o falsa applicazione degli artt. 442 e seg. cod. proc. civ.,
nonchè dell’art. 409 cod. proc. civ. in relazione alla
determinazione della competenza

ratione materiae

riferimento al petitum e alla causa petendi

con

(art. 360 nn. 2 e

3 cod. proc. civ.). Con il quesito conclusivo si chiede a
questa Corte «se sussiste la competenza

ratione materiae del

giudice del lavoro, allorquando il

petitum

sostanziale

mediato, il petitum formale nonché la prospettazione dei fatti
di causa integrino la richiesta del risarcimento del c.d.
danno differenziale spettante al prestatore di lavoro in caso

6

occasionalità necessaria tra l’illecito in oggetto e il

di incidente sul lavoro stesso»
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia
violazione o falsa applicazione degli artt. 410 e seg. cod.
proc. civ. in relazione alla dedotta violazione e falsa
applicazione degli art. 442 e seg. e dell’art. 409 cod. proc.

S.C. di affermare

«anche in relazione al primo motivo di

gravame la necessità dell’esperimento del tentativo
obbligatorio di conciliazione ex art. 410 c.p.c.».
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione
o falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. (art. 360
n.3 cod. proc. civ.), nonché insufficiente motivazione sul
punto della valenza di prove delle risultanze del giudizio
penale e della valenza probatoria dell’accertamento della USL
2 di Potenza sul veicolo (art. 360 n.5 cod. proc. civ.). Con
il quesito di diritto parte ricorrente chiede che questa Corte
«affermi … la violazione di diritto in cui è incorso il
giudice di merito allorquando ha fondato, senza alcun rilievo
critico, il proprio convincimento sulle risultanze istruttorie
del giudizio penale»,

mentre ai fini della “chiara

indicazione” richiesta dalla seconda parte dell’art. 366

bis

cod. proc. civ. in relazione al vizio di cui all’art. 360 co.5
chiede di rilevare «come la medesima Corte di appello abbia
omesso la motivazione sul punto essenziale relativamente
all’ammissibilità, rilevanza e attendibilità delle risultanze
dell’accertamento compiuto dalla USL Potenza 2 due giorni dopo
il sinistro sulla escavatrice mezzo del reato e del danno» .
2.4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia violazione

7

civ.). A conclusione del motivo i ricorrenti chiedono a questa

o falsa applicazione dell’art. 2054 cod. civ. nonché erronea,
illogica, insufficiente motivazione. Con il quesito conclusivo
si chiede a questa Corte di affermare

«l’applicabilità del

disposto dell’art. 2054 c.c. al caso di specie,

ex

art.360

comma 1 n.3 c.p.c., nonché l’omessa, erronea o contraddittoria

all’art. 2054 c.c. nella parte in cui da prima si esclude
l’operatività della polizza assicurativa e di contro si
sostiene la solidarietà del proprietario e “conducente” del
veicolo investitore ex art. 360 comma l n. 5 c.p.c.».
2.5. Con il quinto motivo di ricorso si denuncia violazione
o falsa applicazione dell’art. 2055 cod. civ. in relazione
all’art. 2054 cod. civ.. A conclusione del motivo si chiede
che «la Suprema Corte affermi ex art.360 n. 5 cod. proc. civ.
come la Corte di appello di Napoli abbia omesso di motivare
sul punto della causa efficiente delle singole concause
accertate, omettendo vieppiù ogni motivazione in ordine alla
graduazione della responsabilità e in rapporto con la causa
stessa».
2.6. Con il sesto motivo si denuncia violazione o falsa
applicazione dell’art. 2049 cod. civ. per essere stata esclusa
la responsabilità della C.G.D. committente del nolo a caldo,
relativo all’escavatrice in oggetto .
3. Il ricorso è inammissibile.
Va innanzitutto osservato che al ricorso si applica, per le
ragioni esposto sub 2, l’art. 366 bis cod. proc. civ., attesa
l’univoca volontà del legislatore di assicurare ultra-attività
alla medesima anche dopo la formale abrogazione della norma

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motivazione in relazione all’applicabilità del dettato di cui

(per tutte, v. espressamente Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194).
In particolare è stato evidenziato che in un sistema
processuale che già prevedeva la redazione del motivo con
l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del
disposto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. prima parte

motivo, di una sintesi originale ed autosufficiente della
censura, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta
del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della
funzione nomofilattica della Corte di legittimità (Cass. ord.
24 luglio 2008, n.20409 e più di recente Cass. 5 luglio 2011,
n. 14771). Una formulazione del quesito di diritto idonea alla
sua funzione richiede allora che, con riferimento ad ogni
punto della sentenza investito da motivo di ricorso, la parte,
dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto
rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha
deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il
punto controverso andrebbe viceversa risolto; dovendosi
assimilare alla mancanza del quesito il quesito inconferente o
che si risolva in un’enunciazione di carattere generale e
astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della
controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in
esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire
la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi
desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il
primo con il secondo (Cass. civ., Sez. Unite, 11 marzo 2008,
n.6420).
3.1. Per quanto riguarda, poi, il motivo di cui all’art.

9

consiste nell’imposizione, al patrocinante che redige il

360 n.5 cod. proc. civ., «la chiara indicazione» (c.d. quesito
di fatto) richiesta dalla seconda parte dell’art. 366 bis cod.
proc. civ., deve consistere in una parte del motivo che si
presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, da
cui risulti non solo «il fatto controverso» in riferimento al

anche – se non soprattutto – «la decisività» del vizio, e
cioè le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione
(cfr. Sez. Unite, l ottobre 2007, n.20603; Cass. ord., 18
luglio 2007, n.16002; Cass. ord. 7 aprile 2008, n.8897). Tale
requisito non può, dunque, ritenersi rispettato quando solo la
completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di
un’interpretazione svolta dal lettore, anziché su indicazione
della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto
ed il significato delle censure (Cass., ord. 18 luglio 2007,
n. 16002).
4. Ciò premesso, si osserva che nessuno dei motivi di
ricorso riesce a superare il preventivo vaglio di
inammissibilità per le considerazioni che seguono.
4.1. Il quesito conclusivo a corredo del primo motivo si
risolve in una mera evocazione della tesi difensiva non
accolta, muovendo da una premessa valutativa (e cioè
dall’assunto che la domanda introduttiva del giudizio
prospettasse un incidente sul lavoro, profilando una
responsabilità contrattuale del datore di lavoro) che non
trova riscontro nella decisione impugnata ed è, anzi, dalla
stessa smentita, avendo la Corte d’appello segnatamente

10

quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ma

escluso la riconducibilità della controversia negli schemi
lavoristici, per la considerazione che la domanda del De Luca
«postulava una responsabilità di tipo extra-contrattuale»

e

che anche la domanda dell’I.N.A.I.L., siccome proposta nei
confronti di terzi estranei al rapporto assicurativo e

controversie previdenziali. In tal modo il quesito all’esame
si risolve in un interrogativo circolare e, in ogni caso, si
palesa privo di decisività, tale cioè da non consentire, in
base alla sua sola lettura

(ex plurimis cfr. Cass., Sez. Un.,

27 marzo 2009, n. 7433), di ben individuare la discrasia tra
la

ratio decidendi

della sentenza impugnata, che avrebbe

dovuto essere correttamente indicata, e il diverso principio
di diritto da porre a fondamento della decisione invocata.
Merita aggiungere che l’inidoneità del quesito è il
riflesso della genericità del motivo e della stessa erronea
individuazione della tipologia di vizio, giacchè sarebbe stato
onere dei ricorrenti, innanzitutto, di contestare, sotto il
profilo logico-giuridico, l’intepretazione della domanda,
quale è stata svolta dalla Corte di appello, per escludere la
natura lavoristica della controversia. Invero
l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito,
il quale deve accertarne la portata sulla base sia della sua
formulazione letterale sia, soprattutto, del suo contenuto
sostanziale, in relazione alle finalità perseguite dalla parte
ed al provvedimento richiesto in concreto, desumibile dalla
situazione dedotta in causa e dalle eventuali precisazioni
formulate nel corso del giudizio; di conseguenza il sindacato

11

responsabili dell’infortunio, esulava dall’ambito delle

sull’operazione interpretativa anzidetta,

in quanto non

riferibile ad un vizio in procedendo, è consentito alla Corte
di Cassazione nei limiti istituzionali del giudizio di
legittimità, così da sottrarvisi, ove immune, come nella
specie, da vizi logici o giuridici.

risolve in una mera affermazione di principio, incorrendo in
profili di inadeguatezza analoghi a quelli rilevati per il
precedente. Peraltro il motivo (e il quesito) sono chiaramente
formulati in via consequenziale all’accoglimento del primo
motivo, sicchè dall’inammissibilità della prima censura non
può che conseguire l’irrilevanza della seconda, che
presupporrebbe la fondatezza della configurazione lavoristica
della controversia.
4.3. Il quesito di diritto, a corredo della denuncia di
violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. di cui al terzo
motivo, risulta generico, nonchè basato su una premessa
meramente valutativa (quale l’avere fondato il giudice di
appello «senza alcun rilievo critico il proprio convincimento
sulle risultanze istruttorie del giudizio penale»).

Nella

sostanza, lungi dal profilare una questione di diritto in
relazione alla norma in rubrica, il quesito, così come
formulato, postula una verifica fattuale inconciliabile con il
giudizio di legittimità.
Per altro verso il c.d. quesito di fatto, formulato in
relazione al vizio motivazionale dedotto con il medesimo
motivo, è inadeguato, giacchè – assertivamente denunciando
l’omessa motivazione sul

«punto essenziale»

12

della valenza

4.2 Anche il quesito a corredo del secondo motivo si

dell’accertamento effettuato dalla USL – risulta carente sia
della specifica indicazione del «fatto controverso», sia
dell’individuazione degli argomenti logici per i quali sarebbe
stata necessaria una diversa valutazione. Invero la parte che
denuncia il vizio motivazionale deve specificamente indicare

motivazione si assume carente, intendendosi per «fatto» non
una «questione» o un «punto» della sentenza, ma un fatto vero
e proprio e, quindi, un fatto principale,

ex art. 2697 cod.

civ., od anche un fatto secondario, purchè controverso e
decisivo.
Non appare superfluo aggiungere che il motivo,

in parte

qua, è anche carente sotto il profilo dell’autosufficienza, il
quale costituisce il necessario corollario del requisito di
specificità dei motivi di impugnazione e risulta ora tradotto
nella più puntuale disposizione di cui all’art. 366 n.6 cod.
proc. civ.. Invero la norma, secondo l’interpretazione
patrocinata dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. sentenze
2 dicembre 2008, n. 28547; 25 marzo 2010, n. 7161; SS.UU. 22
maggio 2012, n.8077 in motivazione), ponendo come requisito di
ammissibilità

«la specifica indicazione degli atti

processuali, dei documenti e dei contratti o accordi
collettivi sui quali il ricorso si fonda»,

richiede la

specificazione dell’avvenuta produzione in sede di
legittimità, accompagnata dalla doverosa puntualizzazione del
luogo all’interno di tali fascicoli, in cui gli atti o
documenti evocati sono rinvenibili.
Nella specie parte ricorrente lamenta che le indagini

13

il «fatto» controverso o decisivo in relazione al quale la

tecniche effettuate dalla USL (peraltro già assunte a
fondamento della decisione in sede penale) non sarebbero state

svolte con la garanzia del contraddittorio; senonchè la stessa
parte non individua da quale atto o documento tale circostanza
sarebbe evincibile, tantomeno deduce di avere segnalato la

4.4. Il quarto motivo, recante congiunta denuncia ai sensi
dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., si conclude con
un unico quesito a struttura “multipla”, in violazione dei
canoni enunciati dalle SS.UU. di questa Corte, secondo cui seppure è ammissibile, in via di principio, il motivo di
ricorso per cassazione nel quale si denunzino con un unico
articolato motivo d’impugnazione vizi di violazione di legge e
di motivazione in fatto – è, comunque, necessario che il
motivo si concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei
quali contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su
quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di
motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del
fatto (Cass. civ., Sez. Unite, 31 marzo 2009, n. 7770).
Nel caso di specie è stato formulato un quesito “unico”
che, per una parte, si risolve in una mera enunciazione di
principio (qual è l’affermazione dell’applicabilità alla

specie della responsabilità per la circolazione dei veicoli)
e, per l’altra, si rivela eccentrico rispetto alle ragioni
fondate sul

della decisione impugnata,
responsabilità

ex

art.

2043 cod.

civ.

rilievo della
degli

odierni

ricorrenti;.
4.5. Il quinto motivo è inammissibile per difetto di

14

specifica questione al giudice del merito.

specificità, attesa la mescolanza e sovrapposizione di mezzi
eterogenei, denunciandosi la questione della mancata
determinazione quantitativa delle concause accertate sotto il
profilo della violazione di legge e profilandosi, invece, con
il quesito conclusivo l’omessa motivazione

ex art. 360 n. 5

E’

il caso di aggiungere che il motivo è anche

manifestamente infondato. Invero – contrariamente a quanto
opinato da parte ricorrente

l’unicità del fatto dannoso

richiesta dall’art. 2055 cod. civ. per la legittima
predicabilità di una responsabilità solidale tra gli autori
dell’illecito deve essere intesa in senso non assoluto, ma
relativo al danneggiato, ricorrendo, pertanto, tale forma di
responsabilità pur se il fatto dannoso sia derivato da più
azioni o omissioni, dolose o colpose, costituenti fatti
illeciti distinti, ed anche diversi, sempre che le singole
azioni o omissioni abbiano concorso in maniera efficiente alla
produzione del danno. In altri termini, per il sorgere della
responsabilità solidale dei danneggianti l’art. 2055, co. 1,
cod. civ., richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a
più persone, ancorché le condotte lesive siano tra loro
autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di
ciascuna di tali persone, anche nel caso in cui siano
configurabili titoli di responsabilità contrattuale e
extracontrattuale, atteso che l’unicità del fatto dannoso
considerata dalla norma suddetta deve essere riferita
unicamente al danneggiato e non va intesa come identità delle
norme giuridiche da essi violate (Cass. Sez. Unite, 15 luglio

15

cod. proc. civ..

2009, n. 16503; cfr. anche Cass. 12 marzo 2010, n. 6041).
4.6. Il sesto motivo è inammissibile perché non contiene e
neppure si conclude con un quesito di diritto. Peraltro non è
chiara neppure l’individuazione della tipologia di vizio, dal
momento che l’esposizione del motivo – piuttosto che una
violazione di legge

ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., quale

enunciata in rubrica in relazione all’art. 2049 cod. civ.
profila un vizio di motivazione circa l’insussistenza del
rapporto di “occasionalità necessaria” richiesto dalla norma.
In ogni caso la censura non impinge sul punto della
decisione nel quale si pone in rilievo che trattavasi di nolo
c.d. a caldo dell’escavatore e del suo operatore, con
conseguente parziale autonomia di quest’ultimo.
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 140
del 2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte
ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione,
liquidate in favore di ognuna delle due contro—ricorrenti in C
12.200,00 (di cui C 12.000,00 per compensi) oltre accessori
come per legge.

é

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