Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14032 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 27/06/2011, (ud. 23/03/2011, dep. 27/06/2011), n.14032

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

C.P., elettivamente domiciliato in ROMA LUNGOTEVERE

MELLINI 24, presso lo studio dell’avvocato GIACOBBE GIOVANNI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARROZZA PIETRO, giusta

delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 14/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

MESSINA, depositata il 03/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito per il resistente l’Avvocato CARROZZA, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

1 28.3.2006 è stato notificato a C.P. un ricorso del Ministero delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata il 3.3.2005), che ha rigettato gli appelli proposti dall’Agenzia contro le sentenze della Commissione tributaria provinciale di Messina n. 166/04/2002 e n. 167/04/2000, che avevano integralmente accolto il ricorso della parte contribuente avverso cartelle di pagamento delle sanzioni dovute per tardivo versamento degli acconti IVA relativi – rispettivamente – ai mesi di giugno e luglio del 1994.

C.P. si è costituito con controricorso ed ha illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 23.3.2011, in cui il PG ha concluso per il rigetto del ricorso.

2. I fatti di causa.

Con due distinti atti di ricorso il contribuente C. ha impugnato le cartelle di pagamento (notificate dalla competente Concessionaria per la riscossione il 21.12.1999) portanti le sanzioni per tardivo versamento degli acconti IVA relativi ai mesi di giugno e luglio 1994. sanzioni adottate in applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17. L’adita CTP di Messina accoglieva i ricorsi proposti dal contribuente -annullando le cartelle per la tardività della loro emissione – ed avverso le decisioni di detta commissione proponeva appello l’Agenzia delle Entrate. La CTR di Palermo, dopo avere riunito le impugnazioni, le respingeva, motivando il rigetto degli appelli con argomenti diversi da quelli che avevano indotto il primo giudice all’accoglimento dei ricorsi contro le cartelle di pagamento.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR. oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che -pur avendo la CTP di Messina fatto erroneo riferimento, a proposito della sanzione per il ritardato pagamento, alla disciplina del D.P.R. n. 43 del 1988. per quanto fosse medio tempore intervenuta la disciplina del D.Lgs. n. 472 del 1997, immediatamente applicabile ai sensi del predetto D.Lgs., art. 17 – le cartelle dovevano ritenersi comunque tardivamente notificate, alla luce della previsione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, implicante un termine perentorio del giorno 5 del mese successivo a quello nel corso del quale il ruolo è stato consegnato.

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con due motivi d’impugnazione e si conclude -previa indicazione del valore della lite in Euro 2.500,00- con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni consequenziale pronuncia anche in ordine alle spese di lite.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Questione preliminare.

Preliminarmente necessita rilevare l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero delle Finanze e del ricorso incidentale proposto contro il predetto Ministero.

Quest’ultimo non è stato parte del processo di appello (instaurato dopo il 1 gennaio 2001 – data di inizio dell’operatività delle Agenzie fiscali – dal solo Ufficio locale dell’Agenzia) sicchè non ha alcun titolo che lo legittimi a partecipare o ad essere convenuto nel presente grado.

Sussistono giusti motivi, in considerazione del fatto che la giurisprudenza di questa Corte in tal senso si è formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso, per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

6. Il primo motivo d’impugnazione.

Il primo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, per la violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10″.

Con tale motivo d’impugnazione la ricorrente Agenzia si duole della violazione del richiamato art. 10. per essere stata adottata la decisione impugnata nel contesto di un soggetto non passivamente legittimato, laddove sarebbe stata passivamente legittimata esclusivamente la concessionaria per la riscossione che aveva emesso le cartelle di pagamento qui impugnate.

La doglianza è infondata e deve essere disattesa.

Con numerose pronunce questa Corte ha affermato il principio -su cui che non vi è ragione per tornare qui ad un riesame- secondo cui:”In materia di impugnazione della cartella esattoriale, la lardi vita della notificazione della cartella non costituisce vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio. La legittimazione passiva spetta pertanto all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere di chiamare in giudizio l’ente predetto, se non vuole rispondere all’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario” (per tutte Cass. Sez. 5. Sentenza n. 22939 del 30/10/2007).

Non vi è dubbio perciò sul fatto che la sentenza di secondo grado sia stata adottata nei confronti del soggetto legittimato a contraddire.

7. Il secondo motivo d’impugnazione.

Il secondo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, come modificato dal D.L. n. 471 e D.L. n. 472 del 1997, nonchè in relazione alle sopravvenute disposizioni della L. n. 156 del 2005, art. 1, comma 5 bis” e si concretizza in due differenti aspetti di censura.

Per un primo aspetto la ricorrente Agenzia si duole del fatto che il giudicante non abbia tenuto conto del “sistema sanzionatorio tributario, introdotto dal D.L. n. 471 del 1997 e D.L. n. 472 del 1997 e succ. modifiche”, con peculiare riferimento al fatto che l’art. 17 prevede che le sanzioni possono essere iscritte a ruolo senza previa contestazione e notifica di alcun atto precedente.

Si tratta di censura che non ha attinenza alcuna con i temi di causa, ed in specie con la precipua ratio decidendi su cui è fondata la sentenza qui impugnata, la quale attiene esclusivamente al rispetto del termine di notifica della cartella allora imposto dal menzionato art. 25. Non ha perciò rilevanza alcuna la circostanza che riscrizione a ruolo del tributo sia stata tempestivamente effettuata, così come sostiene la ricorrente.

Per un secondo aspetto, poi. la ricorrente Agenzia si duole dell’omessa applicazione al caso di specie della norma transitoria dettata dall’art. 1, comma 5 bis di cui alla rubrica, norma che – in tesi – sarebbe applicabile a tutti gli accertamenti antecedenti all’anno 2001.

La norma in questione recita come segue:

5-bis. Al fine di garantire l’interesse del contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni e di assicurare l’interesse pubblico alla riscossione dei crediti tributar, la notifica delle relative cartelle di pagamento è effettuata, a pena di decadenza:

a) entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate a decorrere dal 1 gennaio 2004;

b) entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003;

c) entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001.

Per il suo stesso tenore, è manifesto che detta norma si riferisce alla notifica delle sole cartelle derivanti dalla liquidazione delle dichiarazioni, materia che è totalmente diversa da quella di cui qui si tratta.

Sul punto, d’altronde, si è già espressa questa Corte, con pronuncia che non merita di essere rimeditata, nel senso che:”Alla cartella esattoriale emessa a seguito di accertamento tributario divenuto definitivo non è applicabile, in via analogica, il termine perentorio di notifica, decorrente dalla dichiarazione del contribuente, stabilito nel D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, comma 5 bis, lett. c), convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 156, art. 1, in quanto tale previsione normativa, emanata in ossequio alla sentenza n. 280 del 2005 della Corte costituzionale, riguarda esclusivamente le cartelle relative alle liquidazioni, fondate su un’attività di verifica meramente formale, eseguita ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis mentre in caso di accertamento definitivo, essendo la cartella preceduta da un’attività istruttoria da compiere in termini decadenziali predeterminati, non si determina quella indefinita soggezione temporale alla verifica del fisco che la Corte costituzionale ha inteso censurare con la predetta sentenza” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6148 del 13/03/2009 conforme Cass. Sez. 5, Sentenza n. 667 del 1 5/01/2007).

La regolazione delle spese è informata al criterio della soccombenza.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero delle Finanze e compensa le relative spese. Rigetta il ricorso dell’Agenzia. Condanna la ricorrente Agenzia alla rifusione delle spese di questo grado di giudizio, liquidate in Euro 950.00 di cui Euro 800,00 per onorario ed il resto per esborsi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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