Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14030 del 07/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 07/07/2020, (ud. 10/04/2019, dep. 07/07/2020), n.14030

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15203-2015 proposta da:

R.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PANAMA 68,

presso la studio dell’avvocato GIOVANNI PUOTI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

Nonchè da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente incidentale –

contro

R.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 108/2015 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 15/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/04/2019 dal Consigliere Dott. PERINU RENATO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. R.D., ex dipendente ENEL, presentò alla CTR del Lazio

ricorso per ottemperanza del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 70, alla sentenza della Cassazione (SS.UU. n. 13655 del 2011).

2. Questa Corte aveva accolto parzialmente il ricorso del contribuente avverso il silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione all’istanza di rimborso di ritenute alla fonte operate su una prestazione di capitale corrisposta dal Fondo pensione dirigenti gruppo Enel – Fondenel (già previdenza integrativa aziendale P.I.A.), derivante dall’applicazione della misura aliquota (del 12,50% in luogo di quella del 32,5% applicata dal sostituto d’imposta), stabilendo, per gli importi accantonati entro il 31 dicembre 2000, l’applicazione della ritenuta del 12,50% sulle sole somme relative alla liquidazione del rendimento sul capitale corrisposto dal Fondo di previdenza complementare aziendale.

3. L’Agenzia delle Entrate nonostante la successiva notifica di atto d’intimazione e messa in mora, non provvedeva in merito, ed il contribuente proponeva, quindi, ricorso alla CTR del Lazio che, con sentenza n. 108/21/15, depositata il 15/1/2015, ora impugnata, nominava il commissario “ad acta” che, sulla scorta di eventuale documentazione esplicativa aziendale, doveva accertare, se, ed in quale misura, nella somma ottenuta dal R. per la capitalizzazione della pensione integrativa, fossero inclusi i “rendimenti” ossia, “gli incrementi ricevuti dall’impiego sul mercato degli accantonamenti effettuati presso il Fondo pensionistico P.I.A”.

4. R.D. ricorre per la cassazione della suindicata sentenza, affidandosi ad un unico motivo.

5. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, cui resiste con controricorso il ricorrente R.D..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso principale R.D. deduce “error in procedendo” (violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la CTR erroneamente deciso, violando le norme processuali, con statuizione estranea alla funzione propria del giudicato di ottemperanza, laddove ha richiesto l’inammissibile compimento di atti costituenti accertamenti di merito estranei al giudizio d’ottemperanza.

2. Il motivo è infondato.

3. L’esame diretto della sentenza n. 13655 del 2011 di questa Corte, cui il Collegio è legittimato dalla deduzione, nel motivo in disamina, di un “error in procedendo” ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, consente di rilevare che oggetto del giudizio passato in cosa giudicata era l’impugnazione da parte del contribuente del silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione ad una istanza di rimborso delle ritenute operate dal FONDENEL (in precedenza denominato PIA) nel momento in cui, alla cessazione del rapporto di lavoro come dirigente ENEL, il fondo previdenziale predetto gli aveva corrisposto una somma di denaro, in luogo del trattamento di pensione integrativa.

4. In particolare, la sentenza di questa Corte, dopo aver ricostruito nel tempo la successione legislativa di settore e dopo avere distinto la situazione dei soggetti già iscritti a forme pensionistiche complementari prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, e quella dei soggetti a forme analoghe in epoca successiva all’entrata in vigore del predetto provvedimento legislativo, ha evidenziato con riferimento ai capitali maturati in data antecedente al 1 gennaio 2001 dai soggetti iscritti a forme pensionistiche complementari prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ipotesi ricorrente nel caso di specie, che “il trattamento tributario delle prestazioni erogate non è, e non può essere, indipendente dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse, che, nel caso concreto, trattandosi di un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono composte da una “sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole minor misura dal lavoratore), e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato. Sicchè possono essere tassate in modo analogo al TFR esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale, mentre alle somme corrispondenti al rendimento di polizza (nella fattispecie P.I.A.) si applica la tassazione nella misura del 12,50%, ai sensi della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6, commi 1 e 2″.

5. La decisione rescindente, accogliendo parzialmente il ricorso del contribuente e decidendo nel merito, ha, quindi, dichiarato il diritto di quest’ultimo al rimborso per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000 della differenza tra quanto versato all’erario dal sostituto d’imposta e quanto dovuto a seguito dell’applicazione dell’aliquota del 12,50% alle somme liquidate per il rendimento.

6. In tale contesto, il motivo in disamina del gravame principale s’appalesa infondato.

7. Infatti, costituisce principio costante della giurisprudenza di questa Corte che il ricorso per ottemperanza è ammissibile ogni qualvolta debba farsi valere (come nel caso di specie) l’inerzia della P.A. rispetto. al giudicato, ovvero la difformità specifica dell’atto posto in essere dall’Amministrazione rispetto all’obbligo processuale di attenersi all’accertamento contenuto nella sentenza da eseguire; ciò in quanto il giudizio di ottemperanza, essendo rivolto a rendere effettivo, mediante l’individuazione di idonei provvedimenti, l’ordine di esecuzione contenuto nella sentenza passata in giudicato, si atteggia quale giudizio strettamente connesso con quello principale, di cui costituisce la realizzazione e l’integrazione, tanto che si è precisato che in tale giudizio viene in luce con “speciale evidenza, il principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti garantita dall’art. 24 Cost., comma 1” (Cass. n. 13382/2016).

8. Il giudice tributario deve quindi dare completa attuazione al comando contenuto nella sentenza, anche e specialmente se privo dei caratteri di puntualità e precisione tipici del titolo esecutivo (Cass. 16569/2019).

9. Alla stregua di quanto precede, risultano prive di fondamento le doglianze prospettate con l’unico motivo di gravame dal ricorrente principale, atteso che il comando, passato in giudicato, della sentenza rescindente ha riconosciuto il diritto al rimborso in via generale, senza quantificarne il contenuto concreto, per cui, correttamente, la CTR ha ritenuto necessario procedere all’integrazione di tale comando, attraverso la determinazione del “quantum” e del “quomodo” della statuizione ineseguita.

10. Con l’unico motivo del ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate deduce “error in procedendo” (violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, e art. 115 c.p.c.,) essendo la CTR tenuta, quale giudice dell’ottemperanza, a verificare l’impiego del Fondo del capitale accantonato e il rendimento conseguito a fronte di tale impiego, poichè solo in relazione a siffatto rendimento si giustifica l’applicabilità dell’aliquota del 12,50%; la CTR avrebbe, pertanto, errato nell’accogliere il ricorso del contribuente, pur risultando dalla documentazione in atti, che il Fondo P.I.A. non aveva impiegato sul mercato finanziario i capitali in esso affluiti.

11. Il motivo risulta essere meritevole di accoglimento entro i termini di seguito esposti.

12. Risulta evidente che il giudice dell’ottemperanza nell’avviare la procedura per rendere effettivo il comando contenuto nella sentenza rescindente e per quantificarne il diritto da essa riconosciuto, come detto in via generale, è incorsa nell’errore procedurale denunciato con il gravame incidentale, posto che non si è attenuta alla portata precettiva del giudicato, che si estende anche al punto 7.1. della sentenza, avvalendosi dei poteri conferiti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, per renderlo effettivo, ha, infatti, perimetrato in termini errati l’ambito di intervento del Commissario, affermando: “in altri termini, non si tratta di determinare gli incrementi ricavati “dal Fondo Pia” dall’impiego sul mercato di detti accantonamenti, ma di accertare se questi incrementi furono inclusi nella somma erogata al R., ed in quale misura, giacchè oggetto di causa non è il regime tributario di somme facenti capo al Fondo PIA, ma di somme ricevute dall’ex dipendente”, e ponendosi, quindi, in palese contrasto con i principi enunciati nella sentenza rescindente delle Sezioni Unite, che devono essere interpretati, come chiarito dalla successiva giurisprudenza di questa Corte con numerose pronunce (Cass. n. 10285/2017 – Cass. n. 4941/2018 – Cass. n. 5436/2018) nel senso che il più favorevole criterio impositivo può trovare applicazione limitatamente alle somme rinvenienti dall’effettivo investimento da parte del Fondo, sul mercato, del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento, non anche a somme calcolate attraverso la adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione (Cass. n. 5436/2018 – Cass. n. 16116/2018) nè tale rendimento può corrispondere alla redditività ottenuta sul mercato dall’intero patrimonio ENEL (rapporto tra il margine operativo lordo e il capitale investito) atteso che tale coerenza (del rendimento ottenuto dal capitale accantonato con quello ottenuto dal patrimonio ENEL) costituisce, comunque, un dato estrinseco e non causale, nel senso che il primo non può considerarsi frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato, come richiesto perchè abbia a configurarsi il reddito da capitale della specie richiesta.

13. Di conseguenza, per dare attuazione alla sentenza con cui è stato riconosciuto, in via definitiva all’attuale ricorrente principale, il diritto al rimborso della maggiore Irpef versata dal sostituto d’imposta sul trattamento liquidato dal Fondo, il giudice dell’ottemperanza avrebbe dovuto verificare se vi fosse stato l’impiego, da parte del Fondo, sul mercato del capitale accantonato e quale fosse stato il rendimento di gestione conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo la tassazione agevolata del 12,50%, e ciò sulla base della valutazione del materiale probatorio agli atti di causa, nel rispetto degli ordinari criteri di ripartizione dell’onere della prova, in forza dei quali grava sul contribuente che chiede il rimborso, attore in senso sostanziale anche nel giudizio di ottemperanza, l’onere di dimostrare quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivibile in concreto a rendimenti frutto di effettivo investimento sui mercati di riferimento.

14. Conclusivamente va rigettato il ricorso principale, ed accolto nei termini di cui in motivazione quello incidentale, cassata la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Lazio che, in diversa composizione, provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie quello incidentale nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla CTR del Lazio che, in diversa composizione, provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente principale.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 7 luglio 2020

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