Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14028 del 06/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/06/2017, (ud. 13/03/2017, dep.06/06/2017),  n. 14028

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27185-2015 proposto da:

O.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA N 2,

presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato NAZZARENA ZORZELLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 762/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 20/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/03/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO P.

LAMORGESE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

O.G., di nazionalità nigeriana, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna, in data 20 aprile 2015, che, in accoglimento del gravame del Ministero dell’interno, ha rigettato la sua domanda di protezione sussidiaria e ha riconosciuto la protezione umanitaria. Il Ministero ha resistito con controricorso.

Ragioni della decisione

Con il primo e secondo motivo il ricorrente imputa alla Corte di merito di avere erroneamente rilevato d’ufficio la sussistenza della causa ostativa al riconoscimento della protezione sussidiaria, costituita dal fatto di avere egli commesso reati gravi nel suo paese, a norma del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 16, lett. b, o di avere accolto un’eccezione nuova al riguardo sollevata dal Ministero dell’interno tardivamente (solo in appello), in violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c..

Entrambi i motivi sono infondati.

Il diritto alla protezione sussidiaria non può essere concesso – ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007 cit., art. 16, comma 1, lett. b), come modificato dal D.Lgs. 21 febbraio 2014, n. 18, art. 1, comma 1, lett. l), n. 1, – a chi abbia commesso un reato grave, al di fuori del territorio nazionale, e anche “alle persone che istigano o altrimenti concorrono alla commissione dei crimini, reati o atti in esso (nel comma 1) menzionati” (art. 16, comma 2).

Tale condizione deve essere accertata alla data della decisione, in quanto condizione dell’azione (Cass. n. 16100/2015) e, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, può essere rilevata d’ufficio dal giudice (anche in appello), quando risulti dagli atti del giudizio o, come nella specie, dalle dichiarazioni della parte, avendo O.G. dichiarato di avere aderito nel suo paese al MEND (Movimento per la liberazione del Delta del Niger), partecipando direttamente a diverse azioni terroristiche che avevano provocato il ferimento e l’uccisione di persone, con armi e macheti.

Con il terzo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 16 il ricorrente imputa alla Corte bolognese di avere affermato la sussistenza della causa impeditiva del riconoscimento della protezione sussidiaria, senza contestualizzare il suo racconto nè considerare che non v’era prova della commissione di reati gravi nel suo paese, da intendersi come quelli puniti dalla legge italiana con pena non inferiore a quattro anni o nel massimo a dieci anni di reclusione.

Esso è infondato, laddove invoca una impropria revisione del giudizio di fatto, adeguatamente compiuto dal giudice di merito, in ordine alla sussistenza in concreto della causa di esclusione del riconoscimento della protezione sussidiaria, in relazione alla commissione di un “reato grave” da parte di O.G. nel suo paese. Inoltre, il parametro normativo, come si desume dal dato testuale dell’art. 16, lett. b) (“anche tenendo conto della pena”), non predetermina in modo assoluto le ipotesi di “gravità”, e lascia agli organi amministrativi e giurisdizionali di valutare, senza automatismi, le condotte criminose attribuite allo straniero (anche mediante concorso e collaborazione con altri), in modo da consentire l’esame concreto dei fatti criminosi e della loro pericolosità (Cass. n. 15758/2013) e ciò è quanto ha fatto adeguatamente la Corte bolognese. La sentenza impugnata, negando la ricorrenza dei presupposti normativi della protezione sussidiaria, è conforme a diritto.

Il quarto motivo è inammissibile nella parte in cui denuncia la mancata considerazione della situazione di pericolo e di violenza anche religiosa esistente in Nigeria, poichè non coglie la ratio decidendi, concernente la ricorrenza di una causa di esclusione della protezione sussidiaria; esso è infondato nella parte in cui denuncia la genericità del motivo di appello del Ministero, che era invece specifico e fondato nel merito.

Il ricorso è rigettato.

Sussistono gravi motivi per compensare le spese, in considerazione della novità e complessità delle questioni trattate.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2017

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