Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14024 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 27/06/2011, (ud. 14/12/2010, dep. 27/06/2011), n.14024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 34720/2006 proposto da:

GUSTIN TRATTORIA DEGLI OPERAI DI CALCAGNO FRANCESCO & C SNC,

in

persona del Socio e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA FEDERICO CONFALONIERI 5 presso lo studio

dell’avvocato MANZI Luigi, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GLENDI CESARE, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 71/2005 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 20/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/12/2010 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato ALBINI CARLO per delega Avv. MANZI

LUIGI, che si riporta;

udito per il resistente l’Avvocato FIORENTINO SERGIO, che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Gustin Trattoria degli operai s.n.c. ricorreva avverso l’avviso di accertamento relativo all’Irpef per l’anno d’imposta 1995, con il quale, a seguito di un p.v. della Guardia di Finanze che recepiva un processo verbale dell’ispettorato di vigilanza Inps, erano poste a carico della società maggiori ritenute d’acconto, oltre sanzioni, in relazione a due rapporti di lavoro non denunciati. Motivava denunziando l’inesistenza della violazione fiscale in quanto basata su pretesi rapporti di lavoro che invece non erano mai esistiti.

La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso.

Contro tale sentenza proponeva appello la contribuente reiterando i motivi già dedotti in primo grado, a suo dire, non esaminati da primo giudice.

La Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello.

Contro tale ultima sentenza ricorre per cassazione la contribuente con duplice motivo, illustrato anche da successiva memoria. L’Agenzia resiste controdeducendo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente deduce con il primo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 4 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, la violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 61, nonchè dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost., per avere il giudice dell’appello omesso di motivare o motivato con motivazione apparente.

La censura infondata. Nel caso di specie, la sentenza della Commissione tributaria regionale, pur improntata a sintesi, contiene quanto è necessario per comprendere i termini della controversia e le ragioni della decisione. In particolare si legge nella decisione che la rettifica era stata effettuata in quanto era stato accertato che la trattoria della società ricorrente impiegava due lavoratori “in nero”, con conseguente evasione dell’obbligo di effettuare e poi versare le ritenute di legge sulle loro retribuzioni. Risulta anche che i giudici di secondo grado e quelli della Commissione tributaria provinciale avevano ritenuto provati i due suddetti rapporti di lavoro.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia – ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., comma 1, ed il vizio di motivazione per avere il giudice dell’appello erroneamente affermato che incombeva su di essa contribuente l’onere della prova del fatto costitutivo del credito fiscale ed altresì per aver poi affermato, in contraddizione con la preposizione di cui sopra, che tale circostanza (cioè l’esistenza di due dipendenti “a nero”) dovesse ritenersi provata, così, contraddittoriamente, ponendola a carico dell’ufficio.

La censura non è fondata.

Invero, come emerge (anche se in modo succinto) dalla sentenza impugnata, la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che i due rapporti di lavoro fossero provati in base agli accertamenti compiuti in occasione delle due ispezioni – quella dell’Inps e quella della Guardia di Finanza. La ricorrente non da conto di aver specificatamente contestato in sede ispettiva ovvero nel corso del giudizio di merito gli accertamenti compiuti dagli ispettori, nè di aver fornito una propria versione dei fatti ed una diversa spiegazione di quanto gli agenti operanti avevano rilevato, ovvero la rappresentazione di elementi idonei a rendere verosimile la sua negazione. In queste condizioni l’affidamento operato dalla Commissione tributaria regionale sui verbali ispettivi corrisponde ad un normale criterio di ragionevolezza e non determina alcuna alterazione della distribuzione dell’ onere della prova, avendo l’agenzia posto a fondamento del suo atto impositivo il processo verbale della Guardia di Finanza. La motivazione della sentenza impugnata, pertanto, pur succinta, non è affetta da lacune o illogicità, nè è determinata da una illegittima inversione dell’ onere della prova.

Anche il motivo in esame va pertanto rigettato.

Le spese del presente procedimento vengono regolate come in dispositivo in applicazione del principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di giudizio che liquida in Euro 1.000,00 delle quali Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e competenze come per legge.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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