Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14023 del 06/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 06/06/2017, (ud. 29/04/2017, dep.06/06/2017),  n. 14023

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28810/2013 R.G. proposto da:

M.B. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, come da

procura a margine del ricorso, dagli Avv.ti Beatrice Gironimi del

foro di Novara (C.F.: (OMISSIS)) e Giammaria Camici del foro di Roma

(C.F.: (OMISSIS)), con domicilio eletto in Roma, alla via Monte

Zebio, n. 30, presso lo studio del secondo;

– ricorrente –

contro

B.M.T.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino depositata il

13/11/2012 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 aprile

2017 dal Consigliere Andrea Penta.

Fatto

Con atto di citazione notificato in data 6 novembre 2006 B.M.T. conveniva, davanti al Tribunale di Verbania, M.B., chiedendo, per quanto qui ancora rileva, che fosse dichiarato che l’area di cortile di sua proprietà esclusiva era libero da servitù di tipo carraio di volto e risvolto.

L’attrice esponeva che era proprietaria in (OMISSIS) di una abitazione con annesso cortile pertinenziale, confinante con altra porzione dello stesso cortile di proprietà della M. e che quest’ultima aveva realizzato un garage, per accedere al quale, nell’eseguire le manovre di accesso e di recesso, invadeva con l’auto il cortile di sua proprietà.

Si costituiva la convenuta, la quale domandava, in via riconvenzionale, la declaratoria dell’intervenuta usucapione della servitù di passaggio carraio e manovra e di accesso e recesso dall’autorimessa.

Il Tribunale di Verbania, con sentenza n. 252/10, in accoglimento della negatoria servitutis, dichiarava che l’area di cortile di proprietà della B. non era soggetta a servitù di transito e di manovra a favore della M., inibendo a quest’ultima di invaderla con i mezzi, e respingeva la domanda riconvenzionale di usucapione della servitù di transito.

M.B. proponeva appello con atto notificato il 13 ottobre 2010, chiedendo la riforma della sentenza impugnata e l’accoglimento della domanda di usucapione della servitù di passaggio carraio e di manovra sul sedime mappale 102 dell’attrice per l’accesso ed il recesso dall’autorimessa e, comunque, per il posteggio nel cortile.

La Corte di appello di Torino, nella resistenza dell’appellata, con sentenza n. 1793/12, rigettava l’appello, affermando che la domanda di usucapione della servitù di passaggio e manovra sul fondo attoreo per accedere e posteggiare nel cortile antistante l’autorimessa della convenuta integrava una domanda nuova, come tale inammissibile in appello, rispetto alla medesima domanda avente, però, oggetto l’accesso ed il posteggio con l’autovettura nell’autorimessa.

Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione M.B., articolandolo su un motivo.

B.M.T. non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo di ricorso M.B. deduce la violazione ed erronea applicazione degli artt. 99, 112 e 345 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta che la Corte di Appello di Torino avrebbe errato nel ritenere che la domanda di usucapione della servitù di passaggio e manovra sul fondo attoreo mappale (OMISSIS), per accedere e posteggiare nel cortile antistante la sua autorimessa, fosse domanda nuova rispetto a quella di usucapione della medesima servitù per accedere e posteggiare la vettura nell’autorimessa medesima.

Inoltre, la ricorrente sostiene che la richiesta concernente l’accesso al garage ricomprendeva, implicitamente, quella relativa al posteggio nel cortile e che non assumeva alcun rilievo la circostanza che l’autorimessa non esistesse da oltre venti anni, poichè tale requisito temporale era, invece, rispettato quanto al passaggio ed alla manovra sul fondo B..

In particolare, critica la conclusione cui è pervenuta la corte territoriale, secondo la quale le domande sarebbero state diverse, poichè differenti sarebbero stati l’utilitas per il fondo dominante ed il fondo dominante stesso.

1.1. Il motivo è fondato per quanto di ragione.

In primo luogo, va evidenziato che non è a disquisirsi di una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (peraltro, da denunciare sulla base dell’art. 360 c.p.c., n. 4), atteso che i giudici di merito hanno deciso su tutte le domande (di negatoria servitutis, usucapione del diritto di passaggio e risarcitorie) proposte dalle parti.

In secondo luogo, con riferimento al denunciato omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, nella specie, deve escludersi tanto la “mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”, quanto la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e la “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, figure – queste – che circoscrivono l’ambito in cui è consentito il sindacato di legittimità dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (applicabile alla fattispecie in esame, essendo stato il ricorso per cassazione proposto contro una sentenza pubblicata dopo l’11 settembre 2012) operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

Inoltre, non risulta dedotto il vizio di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo), non avendo parte ricorrente indicato – come era suo onere – il – fatto storico” il cui esame sia stato omesso, il – dato – (testuale o extratestuale) da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti nonchè la sua “decisività” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831).

Coglie, invece, nel segno la censura concernente la violazione dell’art. 345 c.p.c..

Invero, il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante, mentre incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell’effettivo suo contenuto sostanziale (Sez. 6 – 1, Sentenza n. 118 del 07/01/2016; Sez. 3, Sentenza n. 26159 del 12/12/2014). Il giudice del merito nella interpretazione della domanda giudiziale deve attenersi a criteri ermeneutici di ricerca della sua effettiva portata sostanziale, tenuto conto non solo della manifestazione di volontà, pacificamente formulata ed espressa nelle conclusioni, ma anche di quella che può implicitamente o indirettamente essere desunta dalle deduzioni o dalle richieste delle parti, onde il medesimo incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia in relazione alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell’effettivo sostanziale suo contenuto (Sez. L, Sentenza n. 6226 del 18/03/2014).

Inoltre, costituisce domanda nuova, non proponibile per la prima volta in appello, solo quella che, alterando anche uno soltanto dei presupposti della domanda iniziale, introduca una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, inserendo nel processo un nuovo tema di indagine, sul quale non si sia formato in precedenza il contraddittorio (Sez. L, Sentenza n. 8842 del 11/04/2013, Rv. 626148).

In particolare, si ha domanda nuova – inammissibile in appello – per modificazione della causa petendi quando i nuovi elementi, dedotti innanzi al giudice di secondo grado, comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere, in definitiva, una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (Sez. 2, Sentenza n. 12258 del 20/08/2002; conf. Sez. 3, Sentenza n. 13982 del 30/06/2005).

In osservanza del principio di autosufficienza, la ricorrente ha trascritto estesi passaggi degli atti di parte del primo grado di giudizio, dai quali si evince che sin dall’inizio aveva invocato l’acquisto per usucapione del diritto di servitù di passaggio carrabile, anche al fine di accedere alla propria porzione di cortile e parcheggiarvi l’auto. In particolare, viene riportato uno stralcio della comparsa di costituzione depositata in primo grado, nel corpo della quale, a pagina 5, si opera un inequivoco riferimento al passaggio carrabile esercitato sull’altrui cortile al fine di accedere al proprio e parcheggiarvi l’auto. Come è noto, allorquando sia denunciato un error in procedendo, la Corte di cassazione, nell’ipotesi in cui la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso, individui la dedotta violazione processuale, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa. Operando una verifica diretta, la tesi esposta dalla ricorrente ha trovato pieno riscontro.

Del resto, in tema di azioni a difesa della servitù, solo qualora in appello la tutela reale venga riferita ad un fondo diverso da quello dedotto nella domanda originaria, si configura una mutatio libelli, vietata dall’art. 345 c.p.c., risultando mutato l’oggetto sostanziale dell’azione (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5755 del 12/03/2014).

Come condivisibilmente sostenuto dalla ricorrente (cfr. pagg. 14 e 15 del ricorso), nel considerare, quale oggetto dell’invocato acquisto per usucapione del diritto di servitù, la porzione di cortile esterno in luogo dell’autorimessa, da un lato, non cambia l’utilitas (la necessità di attraversare con l’auto il cortile della B. e di effettuarvi la manovra in ingresso ed in uscita, al fine di accedere al cortile della M.) nè il fondo dominante (il terreno di proprietà della M.), dall’altro lato, restano identici il petitum immediato, quello mediato e la causa petendi.

1.2. Avendo sin dall’inizio la M. inteso invocare l’usucapione della servitù di manovra sulla parte di cortile della B. altresì per posteggiare (oltre che nella sua autorimessa) nella parte di cortile di sua pertinenza, e non integrando, comunque, la precisazione contenuta nell’atto di appello gli estremi di una domanda nuova, la sentenza impugnata deve essere cassata, con conseguente rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino, la quale dovrà rivalutare le risultanze istruttorie (documentali e testimoniali) al fine di verificare se, con riferimento alla detta servitù, sia maturato il ventennio utile per usucapire.

PQM

 

La Corte accoglie, per quanto di ragione, il ricorso, cassa la sentenza impugnata con riferimento alo motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese processuali del presente grado di giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2017

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