Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14020 del 27/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 27/06/2011, (ud. 25/06/2011, dep. 27/06/2011), n.14020

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27332-2008 proposto da:

AUTORITA’ PORTUALE LA SPEZIA in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

PARIOLI 180, presso lo studio dell’avvocato SANINO MARIO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

sul ricorso 28261-2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

AUTORITA’ PORTUALE LA SPEZIA in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

PARIOLI 180, presso lo studio dell’avvocato SANINO MARIO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 87/2007 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 08/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2010 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

uditi per i ricorrenti l’Avvocato BRASALI per delega dell’Avvocato

SANINO per il n. di r.g. 27332/08, e l’Avvocato GIACOBBE per il n. di

r.g. 28261/08, che si riportano;

uditi per i resistenti l’Avvocato GIACOBBE per il n. di r.g.

27332/08, e l’Avvocato BRASALI per delega dell’Avvocato SANINO per il

n. di r.g. 28261/08, che si riportano;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate di La Spezia emise nei confronti dell’Autorità Portuale di La Spezia avviso di accertamento per il recupero di imposte Irpeg, Ilor ed Iva relative all’anno 1997 concernenti una serie di entrate non considerate dalla contribuente come voci di reddito ed operazioni imponibili. L’avviso fu impugnato sostenendo la nullità del processo verbale di costatazione della Guardia di Finanza posto a base dell’accertamento per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 5; la carenza assoluta di motivazioni dell’accertamento; la insussistenza soggettiva ed oggettiva dell’obbligazione tributaria.

La Commissione provinciale accolse parzialmente il ricorso ritenendo che la maggior parte delle riprese oggetto dell’accertamento impugnato concernessero attività riconducibili a quelle indicate nella L. n. 84 del 1984, art. 13, lett. a) b) c) d) ed e) e dovessero quindi restare esenti da tributi in quanto assimilate a funzioni statali esercitate da ente pubblico (del D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 88 – oggi art. 74, comma 2, lett. a)).

Entrambe le parti proposero appello avverso i capi della decisione nei quali erano rimasti soccombenti. La CTR della Liguria ha respinto entrambe le impugnazioni.

Sia l’Autorità Portuale che l’Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorsi per la cassazione della sentenza della CTR, affidati rispettivamente a quattro ed a tre motivi, e hanno depositato controricorsi. L’Autorità Portuale ha altresì depositato memorie in entrambi i procedimenti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va disposta la riunione dei ricorsi, proposti avverso la stessa sentenza (art. 355 c.p.c.).

1. L’accertamento opposto è stato emesso sulla base di un verbale di costatazione stilato dalla Guardia di Finanza di La Spezia.

Con il quarto motivo di ricorso – che conviene esaminare per primo – l’Autorità portuale deduce che la permanenza dei militari presso la propria sede si era protratta oltre il termine stabilito dalla L. n. 212 del 2000, art. 12 ne conseguiva, secondo l’Autorità portuale, la nullità. La CTR ha osservato che la tesi doveva considerarsi infondata perchè “la norma non dichiara il termine perentorio, nè stabilisce la sanzione della nullità degli atti compiuti dopo il termine, e pertanto dell’accertamento. Nè la nullità può ricavarsi dalla ratto della norma, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale a fronte soltanto del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell’amministrazione”. L’autorità portuale ripropone la tesi della nullità dell’accertamento deducendo la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12.

Il motivo è infondato, atteso che il termine fissato per il compimento di un atto deve ritenersi ordinatorio o sollecitatorio se non ne sia espressamente stabilita la perentorietà. Le norme di cui agli artt. 152 e 156 cod. proc. civ. traducono principi generali applicabili a tutti i procedimenti salvo che per essi non sia diversamente disposto o che la norma generale non possa trovare applicazione per incompatibilità.

2. Già in primo grado la contribuente aveva sostenuto in giudizio fa propria natura di ente pubblico non economico e la conseguente esenzione di tutte le proprie attività, in quanto assimilate a funzioni statali, da ogni imposizione diretta, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 88 – oggi art. 74, comma 2, lett. a). La Commissione di primo grado non ha accolto la tesi della radicale esenzione dalle imposte di tutte le attività gestite dall’Autorità Portuale, ma la ha accolta soltanto per quelle attività oggetto dell’avviso impugnato che ha ritenuto specificamente riconducibili agli scopi istituzionali dell’ente definiti dalla L. n. 84 del 1994, art. 13. La ha viceversa esclusa – respingendo sul punto il ricorso – per gli introiti, oggetto dell’accertamento impugnato, derivanti da attività ed atti che ha ritenuto non dimostrato che rientrassero fra le funzioni statali. In appello, la contribuente ha insistito nella tesi della totale esenzione dalle imposte di tutte le proprie attività in ragione della propria natura di ente pubblico. La CTR ha osservato che “la tesi dell’appellante non appare condivisibile:

poichè è certamente possibile che l’ente anche se non economico possa porre in essere attività ed atti non rientranti fra le funzioni statali”. Ed ha aggiunto che la contribuente non aveva fornito alcuna prova del fatto che le entrate che il primo giudice aveva considerato tassabili fossero effettivamente provenienti da attività istituzionali.

Avverso questo capo della sentenza impugnata la ricorrente spiega i primi tre motivi del ricorso 27332/08: ex art. 360 c.p.c., n. 3, deduce che la decisione viola la L. n. 84 del 1994, artt. 6 e 13, del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 51 ed 88; ex art. 360 c.p.c., n. 5 lamenta insufficiente motivazione sul punto decisivo della asserita mancanza di prova in merito alla afferenza dei ricavi sottoposti a tassazione con l’attività istituzionale dell’ente; ex art. 360 c.pc., n. 3 deduce violazione dell’art. 2697 cod. civ. assumendo che il giudice di merito abbia errato nel ritenere che l’onere della prova della riconducibilità delle “entrate diverse” ad attività istituzionali incombesse ad essa ricorrente.

I motivi possono trattarsi congiuntamente e vanno accolti. La decisione di merito muove dal presupposto che spettasse all’Autorità portuale di La Spezia dimostrare che le entrate oggetto dell’accertamento non fossero state conseguite nell’esercizio di attività commerciali. Tale presupposto era coerente alla tesi, sostenuta dall’Ufficio nel primo grado del giudizio, che l’ente ricorrente avesse natura di ente pubblico economico. Divenuta peraltro pacifica, nel corso del giudizio (a seguito della pubblicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 993) la natura di ente pubblico non economico dell’Autorità Portuale, deve viceversa considerarsi giustificata la presunzione che le attività da esso svolte abbiano natura pubblicistica e siano esenti da imposizione diretta ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 88 – oggi art. 74 – comma 2, lett. a). Spettava dunque all’Amministrazione finanziaria di dimostrare in giudizio che le riprese concernevano attività di impresa, esercitata dall’ente al di fuori degli scopi istituzionali.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata con rinvio, affinchè il giudice del merito riesamini la questione della natura effettiva delle attività cui si riferiscono le poste oggetto di recupero sulla base delle specifiche deduzioni delle parti e sulla base delle prove acquisite al processo, tenendo conto della presunzione di massima di cui si è detto, secondo cui si presume che le attività poste in essere da un ente pubblico siano poste in essere in vista dei suoi fini istituzionali e che il carattere pubblicistico di tale attività può essere escluso, anche ai fini fiscali solo se e quando sia provato che l’ente stesso abbia agito nell’esercizio di un’attività di impresa o comunque jure privatorum.

3. Col ricorso 28261/08 l’Agenzia delle Entrate spiega contro la sentenza impugnata tre motivi di violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

Col primo, si deduce che “nell’appello incidentale si evidenziava che la CTP ha annullato un recupero a tassazione (per L. 529.152.000) concernente “fatture emesse dall’estinta Azienda dei mezzi meccanici” senza che questo fosse stato oggetto di censura da parte del ricorrente nel ricorso alla CTR, avendovi fatto cenno solo e per la prima volta “nella nota di parte depositata successivamente al ricorso”.

Col terzo si lamenta che “la CTR ha omesso di pronunciarsi sul motivo dell’appello incidentale con cui si eccepiva che ai fini delle imposte dirette e dell’Iva vanno recuperati a tassazione, oltre ai canoni demaniali … anche i proventi derivanti dall’alienazione degli immobili, negozio tipico che l’ente realizza senz’altro in forza dello stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati”.

I due motivi sono fondati e vanno accolti per quanto di ragione e cioè entro limiti corrispondenti a quelli in cui sono stati accolti i motivi del ricorso principale. Non sono inammissibili per difetto di autosufficienza, come l’Autorità Portuale ha eccepito, perchè chiariscono adeguatamente i termini delle questioni che propongono, che questa corte non ha difficoltà a comprendere ed a verificare, nel loro fondamento, esaminando i passi delle controdeduzioni d’appello specificamente richiamati (come è consentito in ragione della natura di errores in procedendo dei vizi denunciati). Dal loro esame risulta effettivamente che, con l’appello incidentale, era stato chiesto che venisse dichiarata l’imponibilità non solo dei canoni di concessione (questione questa sulla quale la Commissione tributaria regionale si è pronunziata con decisione che non ha formato oggetto di impugnazione da parte dell’Agenzia delle entrate), ma anche degli importi relativi alle fatture emesse dall’estinta Azienda dei mezzi meccanici (primo motivo) e degli importi costituenti proventi dell’alienazione di immobili (terzo motivo). Le questioni relative a tali due poste sono state quindi illegittimamente pretermesse con violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (mentre è infondato che su di esse si sia formata alcuna preclusione ed in particolare che l’Autorità non avesse contestato l’imponibilità di tali poste o l’avesse contestata per ragioni diverse da quella del carattere pubblico dell’ente e de carattere istituzionale delle relative attività). Tali questioni dovranno quindi essere decise dal giudice de rinvio sulla base di accertamenti di fatto corrispondenti ai medesimi parametri di giudizio indicati a proposito del ricorso principale e cioè che ove l’Agenzia delle entrate deduca e provi specifici elementi atti a dimostrare il carattere “non istituzionale” e cioè il carattere privato o di impresa di alcune delle attività dell’Autorità portuale di la Spezia, le poste relative a tali attività sono imponibili ai fini IVA e delle II.DD..

Non può invece accogliersi il secondo motivo del ricorso proposto dall’Agenzia, col quale si deduce che “la CTR ha omesso di pronunciarsi sul motivo dell’appello incidentale con cui si eccepiva che nel ricorso alla CTP parte avversa aveva censurato l’avviso di accertamento solo per quanto concerne le entrate connesse ad attività istituzionali, non anche dunque, … le “così dette entrate diverse dell’ente …”. La mancanza di adeguati riferimenti alle deduzioni ed ai fatti di causa ed il tenore eccessivamente sintetico della censura non consentono a questa corte di comprenderne la portata e la rendono inammissibile, tanto più che la nozione di “attività diverse” (di cui alla L. 28 gennaio 1994, n. 84, art. 13, comma 1, lett. c – che riguarda esclusivamente la classificazione delle entrate dell’Autorità) non appare aver alcun rilievo specifico in relazioni alle questioni qui in esame.

La sentenza va dunque cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Liguria, perchè riesamini il fatto e decida sui motivi dell’opposizione all’accertamento suindicati e sui motivi dell’appello incidentale sopra specificati in conformità ai criteri di giudizio indicati in motivazione oltre che sulle spese di questo giudizio di cassazione.

PQM


riunisce i ricorsi; accoglie quello proposto dall’Autorità Portuale ed i motivi uno e tre di quello proposto dalla Agenzia delle Entrate.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della CTR della Liguria.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2011

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