Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14020 del 06/06/2017

Cassazione civile, sez. II, 06/06/2017, (ud. 19/04/2017, dep.06/06/2017),  n. 14020

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27504-2013 proposto da:

M.E.M. ((OMISSIS)) e G.N. ((OMISSIS))

in proprio e nella qualità di eredi di G.R., nonchè

G.L. ((OMISSIS)) nella qualità di erede di G.R.,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO, 12/D, presso

lo studio dell’avvocato ITALO CASTALDI, rappresentati e difesi

dall’avvocato FERDINANDO MASSARELLA giusta procura speciale

(OMISSIS) per Notaio dott. M.L.;

– ricorrenti –

contro

D.V.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 101/2013 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 09/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/04/2017 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

Con atto di citazione del 30.11.1995 D.V.F. convenne innanzi al pretore di G.L.R. ed M.E., per sentir accertare la linea di confine tra i fondi di proprietà dell’attrice e quelli di proprietà dei convenuti, apponendo dei termini lapidei atti a individuare tale linea di confine, nonchè per sentir condannare il G. al risarcimento dei danni cagionati dall’attività di aratura con cui aveva divelto la rete metallica che costituiva la recinzione tra i fondi in questione e per sentir pronunciare la costituzione di una servitù di passaggio a favore del fondo dell’attrice, partt. (OMISSIS), ed a carico del fondo dei convenuti, distinto alla part. (OMISSIS).

I convenuti contestarono le domande dell’attrice, affermando che non sussisteva l’incertezza dei confini oggetto del giudizio, in quanto da un lato era ancora esistente la rete metallica abbattuta, e dall’altro le parti avevano concretamente rispettato tale confine nella coltivazione dei rispettivi fondi. Contestavano, inoltre, la sussistenza dei presupposti per la costituzione della servitù coattiva, affermando che l’attrice coltivava il proprio fondo da oltre vent’anni, circostanza che dimostrava che tale fondo non era “intercluso”.

Il Tribunale di Larino, in accoglimento delle domande dell’attrice, affermava la linea di confine tra i fondi sulla base di quella determinata dal ctu in forza delle mappe catastali e condannava i convenuti al rilascio delle porzioni di terreno illegittimamente occupate e al risarcimento dei danni. Costituiva altresì la servitù di passaggio a favore del fondo dell’attrice.

La Corte d’Appello di Campobasso, per quanto in questa sede ancora rileva, disattendeva l’eccezione di extrapetizione della sentenza di primo grado, rilevando che il Tribunale aveva correttamente accertato il confine in base alle mappe catastali, atteso che i titoli d’acquisto non erano stati prodotti e le recinzioni esistenti non erano sufficienti a stabilire il confine in modo certo e duraturo.

La Corte, inoltre, rigettava la censura relativa alla pronuncia costitutiva della servitù di passaggio, affermando che l’istituto di cui all’art. 1054 c.c., invocato dagli appellanti, non potesse trovare applicazione nel caso in esame, riferendosi a fattispecie diversa da quella sussistente in concreto.

Per la cassazione di detta sentenza hanno proposto ricorso, con tre motivi, M.E., G.N. e G.L..

D.V.F. non ha svolto nel presente giudizio attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, deducendo che la Corte è incorsa in vizio di ultrapetizione poichè ha determinato il confine catastale tra i fondi, cioè un confine diverso da quello oggetto della domanda giudiziale.

Il motivo è infondato, non sussistendo il dedotto vizio di ultra petizione.

Occorre premettere che, secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, il giudice di merito ha il potere-dovere di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione; tale potere incontra peraltro il limite del rispetto dell’ambito delle questioni proposte in modo che siano lasciati immutati il petitum e la causa petendi, senza l’introduzione nel tema controverso di nuovi elementi di fatto. Pertanto, il vizio di ultrapetizione o extrapetizione ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione (petitum e causa petendi) e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto petitum immediato), ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (petitum mediato). Ne consegue che il vizio in questione si verifica quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori, attribuendo alla parte un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato Cass. Civ. Sez. 1, sent del 11/01/2011 n. 455).

Orbene, nel caso di specie la Corte territoriale ha ritenuto, con attività di interpretazione della domanda giudiziale e degli atti difensivi delle parti ad essa riservata, che oggetto della domanda formulata dalla D.V. era l’accertamento dei confini tra il suo fondo e quello dei convenuti odierni ricorrenti, confine che era diventato incerto a seguito dell’attività di aratura con cui era stata divelta la rete metallica che costituiva la recinzione originaria.

Se dunque l’accertamento del confine incerto costituisce oggetto del presente giudizio le modalità ed i mezzi concretamente utilizzati per tale accertamento costituisce attività riservata al giudice di merito, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge, in cui alla prova è assegnato un valore legale (Cass. n.6064/2005).

Nel caso di specie, l’accertamento compiuto dal giudice di merito che, in mancanza dei titoli di acquisto e di elementi rilevanti desumibili dallo stato dei luoghi, ha fatto riferimento alle mappe catastali, non integra, evidentemente, ultrapetizione, ma costituisce utilizzazione di un criterio logico, coerente ed adeguato per eliminare l’incertezza sul confine.

Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 950 c.c. e art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 deducendo che la Corte ha erroneamente determinato il confine catastale tra i fondi senza tenere conto della linea di confine indicata dalle parti, della linea di confine tracciata dal ctu sulla base dello stato dei luoghi e senza disporre l’espletamento della prova testimoniale.

Il motivo è infondato.

Occorre premettere che, secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, in tema di regolamento di confini, il ricorso al sistema di accertamento sussidiario, costituito dalle mappe catastali (art. 950 cod. civ.) è consentito al giudice non soltanto in caso di mancanza assoluta ed obiettiva di altri elementi, ma anche nell’ipotesi in cui questi (per la loro consistenza, o per ragioni attinenti alla loro attendibilità) risultino, secondo l’incensurabile apprezzamento svolto in sede di merito, comunque inidonei alla determinazione certa del confine (Cass. Civ. Sez. 2 sent. del 30/12/2009 n. 28103).

Nel caso in esame, la Corte territoriale ha, ritenuto, con valutazione di merito che non è sindacabile nel presente giudizio, che, in assenza della produzione dei titoli d’acquisto da parte dei contendenti, la linea di confine indicata da questi ultimi e quella indicata dal ctu sulla base dello stato dei luoghi non potessero prendersi come riferimento, attesa la loro idoneità a stabilire un confine di notevole estensione in modo certo e definitivo. Ha, pertanto, concluso, attesa la mancanza di altri elementi idonei, per l’accertamento del confine in questione mediante il ricorso alle mappe catastali.

Nè risulta fondata la censura relativa all’art. 360 c.p.c., n. 5 atteso che la Corte territoriale ha specificamente preso in esame e valutato la linea di confine indicata dalle parti e quella indicata dal ctu sulla base dello stato dei luoghi, decidendo di non conformarvisi, ritenendo, con valutazione di merito adeguatamente argomentata, che il criterio di demarcazione, fondato sui pochi paletti ritrovati e sulla diversità delle colture praticate, peraltro limitate alla distinzione tra “campo arato” da un lato, e “coltivato a grano” dall’altro, non soddisfaceva i necessari requisiti di certezza e stabilità, anche in considerazione che il confine in fatto tracciato sul lato lungo dei fondi risultava spezzato e frastagliato, anche a motivo dell’orografia dei luoghi.

Con il terzo articolo, motivo le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1054, 1051 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, lamentando che la Corte ha erroneamente ritenuto sussistenti i presupposti di interclusione del fondo ed ha altresì escluso l’applicabilità al caso in esame dell’art. 1054 c.c. in assenza di un atto di alienazione a titolo oneroso o di divisione, omettendo di accedere ad un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione.

Esse formulano, in via subordinata, eccezione di incostituzionalità dell’art. 1054 c.c. in relazione all’art. 3 Cost. e deducono che la Corte ha erroneamente ritenuto che l’esenzione di cui all’art. 1051 c.c., comma 4 sia applicabile nel caso previsto dall’art. 1054 c.c..

Le ricorrenti deducono, infine, non essere stata acquisita la prova dell’impossibilità del proprietario del fondo intercluso di agire contro il suo dante causa per ottenere il passaggio gratuito ai sensi dell’art. 1054 c.c..

Il motivo è infondato.

La Corte territoriale ha correttamente escluso l’applicabilità dell’art. 1054 c.c. al caso in esame, posto che tale disposizione si riferisce esclusivamente all’ipotesi in cui il fondo risulti intercluso a seguito di alienazione a titolo oneroso o di divisione. Ed invero alla luce dell’inequivocabile tenore letterale della disposizione deve escludersi che essa possa trovare applicazione nelle ipotesi di interclusione conseguente a cessione a titolo gratuito.

Nel caso di specie, il fondo della D.V. è rimasto intercluso a seguito di atto di donazione e, quindi, a seguito di un atto a titolo gratuito che, in quanto tale, esula dall’ambito applicativo dell’art. 1054 c.c.. Inoltre, come ben evidenziato nella sentenza impugnata, il passaggio in favore del fondo della D.V.F., potrebbe esercitarsi non già sul fondo di proprietà del donante, ma di altro soggetto, D.V.C., beneficiaria di altre porzioni del fondo, ma estranea al contratto di donazione che ha determinato l’interclusione, mentre l’altra particella (la n. 312), che sembra essere rimasta in proprietà ai donanti, risulta ospitare un fabbricato rurale, con relativa corte colonica ed aia e pertanto esente dalla servitù di passaggio coattivo ex art. 1051 c.c., u.c..

Ne discende che risultano assorbite le doglianze relative al mancato assolvimento dell’onere di provare l’impossibilità di agire utilmente nei confronti del dante causa per ottenere il passaggio gratuito ai sensi dell’art. 1054 c.c., nonchè quella relativa all’inapplicabilità dell’art. 1051 c.c. nell’ipotesi prevista dall’art. 1054 c.c., dovendo nel caso di specie applicarsi i principi generali di cui all’art. 1051 c.c., comma 2 ai fini dell’individuazione del fondo su cui gravare la servitù di passaggio.

Quanto alla dedotta eccezione di legittimità costituzionale, e rilevato che gli odierni ricorrenti omettono di specificare i profili di irragionevolezza della scelta legislativa in ordine ai quali sarebbe ravvisabile la dedotta violazione dell’art. 3 Cost., si osserva che i limiti stabiliti dall’art. 1054 c.c. non risultano irragionevoli, attesa la particolarità della fattispecie, che deroga al regime generale di cui all’art. 1051 c.c., e trova il suo fondamento nella presunta consapevolezza delle parti del fatto che, a seguito dell’interclusione, la costituzione della servitù si rende ex lege necessaria, dovendo dunque presumersi che di ciò le parti abbiano tenuto conto nella determinazione del corrispettivo della vendita, ricomprendendovi anche il diritto di passaggio in favore del cessionario, senza il pagamento di ulteriori indennità.

In ogni caso, come già evidenziato, nel caso di specie difetta la rilevanza della questione, atteso che la costituzione della servitù avrebbe ad oggetto non già il fondo dell’alienante, ma di un terzo soggetto (nel caso di specie l’altra cessionaria di una diversa porzione del fondo) estraneo al contratto, situazione, dunque al di fuori del perimetro di applicabilità dell’art. 1054 c.c..

Il ricorso va dunque rigettato e, considerato che l’intimata non ha svolto nel presente giudizio attività difensiva, non deve provvedersi sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2017

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