Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14016 del 07/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 07/07/2020), n.14016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18024-2018 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MUGGIA 21,

presso lo studio dell’avvocato SIMONA RENDINA, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati DANIELE MASCIA, GIUSEPPE JERIMONTE;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA

D’ALOISIO, GIUSEPPE MATANO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE

DE ROSE, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL

LAVORO, (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

dagli avvocati LORELLA FRASCONA’, RAFFAELLA FABBI;

– controricorrente –

contro

ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, ISPETTORATO TERRITORIALE DEL LAVORO DI

VERONA, in persona del Capo ispettorato pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 865/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 06/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

RIVERSO.

Fatto

CONSIDERATO

che:

la Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 865/17, accogliendo parzialmente l’appello proposto da C.A., in parziale riforma della sentenza impugnata dichiarava dovuta in favore dell’Inail la minore somma di Euro 375,92 a titolo di mari sanzione, e rigettava per il resto il gravame confermando la sentenza che aveva respinto i ricorsi riuniti svolti da C.A. avverso le pretese azionate dall’Inps, dall’Inail e dall’Ispettorato nazionale del lavoro.

Per quanto ancora di interesse, la Corte sosteneva che in relazione al merito delle stesse pretese – le quali traevano origine dall’accertamento del rapporto di lavoro subordinato in capo a S.C. andasse attribuita valenza probatoria alla testimonianza assunta dalla stessa lavoratrice, ai sensi dell’art. 421 c.p.c. benchè incapace a testimoniare. Richiamava sul punto la sentenza della Cass. n. 1256 del 2016. Sosteneva inoltre che sussistesse la natura subordinata del rapporto di lavoro.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione C.A. con un motivo al quale hanno resistito Inps, Inail ed Ispettorato nazionale del lavoro.

E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO

che:

1.- Col primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 421,115 e 116 c.p.c. in relazione all’incapacità a testimoniare della signora S. in quanto portatrice di un interesse immediato e diretto a vedersi riconosciuta l’esistenza del rapporto di lavoro, e considerato che il giudice pur rilevando l’incapacità non aveva ordinato la comparizione della teste ai sensi dell’art. 421 c.p.c. per interrogarla liberamente; e non c’era stato perciò il libero interrogatorio.

2.- Il motivo è infondato. Ed invero la Corte d’appello ha affermato che le dichiarazioni della signora S., benchè incapace a testimoniare, costituissero comunque oggetto di valutazione ed apprezzamento con ridotta valenza probatoria, in assenza di un valido impegno a rendere testimonianza. Le dichiarazioni della S. non sono state quindi recepite acriticamente ed utilizzate in maniera diretta come fonti di prova sufficienti alla decisione della causa, avendo il giudice motivato in merito alle circostanze esterne atte a rafforzare la loro ridotta valenza probatoria.

3.- Non sussiste nemmeno la violazione procedurale denunciata con il ricorso atteso che nell’ambito del potere del giudice del lavoro, conferitogli dall’art. 421 c.p.c., di superare anche i limiti di ammissibilità delle prove previsti dal codice civile, deve ritenersi compreso pure quello di attribuire rilevanza probatoria ridotta alle dichiarazioni rese sotto giuramento da un testimone incapace, senza per questo dover rifare la prova ed ordinare la comparizione dello stesso soggetto; tanto più che nel caso in esame tale adempimento non sarebbe stato ripetibile atteso il decesso del teste in fase d’appello.

4.- Per i motivi esposti il ricorso deve essere quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in dispositivo.

5.- Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese processuali liquidate per ciascun controricorrente in complessivi Euro 3000 di cui Euro 2800 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2020

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