Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14014 del 07/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 07/07/2020), n.14014

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30653-2018 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL CASALE

STROZZI 33, presso lo studio dell’avvocato LUCA CEOLIN, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA CRISTINA DE

ANDREIS;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA, PATRIZIA CIACCI, NICOLA VALENTE;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VELLETRI, depositato il

24/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA

MARIA LEONE.

Fatto

RILEVATO

Che:

Il Tribunale di Velletri, in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., con decreto del 24 agosto 2018 (RG n. 4620/17) aveva accertato la sussistenza, con riferimento a C.M., del requisito sanitario utile all’assegno di invalidità con decorrenza dal 1.1.2017, con condanna dell’Inps al pagamento delle spese di giudizio liquidate e distratte in complessivi Euro 800,00.

Avverso tale statuizione, solo con riguardo alle spese di lite, la predetta ricorrente proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi cui resisteva con controricorso l’Inps.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1) Con il primo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto quali gli artt. 91 e 92 c.p.c. del D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 ed alle tabelle contenute con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2) Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento alla L. n. 794 del 1942, art. 24, alla L. n. 247 del 2012, art. 13, comma 6, al D.M. n. 55 del 2014 e D.M. n. 37 del 2018, con riferimento alla difformità delle spese liquidate rispetto ai parametri legali vigenti.

3) Con il terzo motivo è denunciata la omessa motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione ad un punto decisivo della controversia, con riferimento alla mancata indicazione delle ragioni di scostamento dai minimi tariffari. I motivi possono essere trattati congiuntamente

Rilevava il ricorrente che la assenza di motivazione sulla liquidazione delle spese non aveva consentito di comprendere quali fossero i parametri di riferimento utilizzati per la determinazione delle stesse. Rilevava comunque la incongruità della somma liquidata rispetto al valore della controversia, indicando in complessivi E. 3000,00 l’importo invece dovuto.

Il motivo risulta fondato. Si osserva che, ai fini della individuazione degli scaglioni applicabili in ragione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali deve applicarsi il criterio previsto dall’art. 13 c.p.c., comma 1, di talchè, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni (Cass. S.U. n. 10455 del 2015). Applicando tali principi al caso in esame, il valore della causa va individuato tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l’ammontare di due annualità della prestazione richiesta, ed i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva e quattro per la causa di merito, vanno individuati in 911,00 per la fase di istruzione preventiva (risultanti dalla somma di Euro 270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4).

Avuto riguardo all’importo dianzi delineato, risulta evidente come la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnata sentenza sia inferiore a detti minimi, nè risulta alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal citato D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali.

Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata per quanto di ragione e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito liquidando le spese in complessivi Euro 911,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Le spese del giudizio di legittimità, attesa l’esiguità dello scostamento tra quanto liquidato e quanto dovuto, vanno compensate.

In considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in Euro 911,00 per compensi professionali oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge con distrazione al procuratore antistatario. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2020

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