Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14013 del 08/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 08/07/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 08/07/2016), n.14013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15771/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. FRIGGERI

82, presso lo studio dell’avvocato MARIO FIANDANESE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MICHELA TONINI giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 40/2012 della COMM. TRIB. TRG. di VENEZIA,

depositata il 17/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

L’agenzia delle entrate propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 40/19/12 del 17 aprile 2012 con la quale la commissione tributaria regionale di Venezia-Mestre (previa rideterminazione dell’importo dovuto) ha respinto l’appello dell’ufficio avverso la sentenza di primo grado di accoglimento del ricorso proposto da T.S., dirigente Enel fino al 2004, avverso il diniego di rimborso Irpef da questi sollecitato. Rimborso richiesto a seguito di maggiore trattenuta fiscale che il contribuente assume essere stata indebitamente operata dal sostituto d’imposta Enel sul capitale erogatogli a titolo di prestazione integrativa aziendale (PIA) di natura previdenziale, secondo quanto stabilito dallo statuto dell’ente di gestione (al quale egli si era iscritto prima del D.Lgs. n. 124 del 1993).

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto legittima l’istanza di rimborso della trattenuta, sull’ammontare liquidato, superiore al 12,50 0/0. Ciò conformemente a quanto stabilito, in fattispecie analoga, da SSUU 13642/11. Ha sul punto osservato la CTR che il contribuente “aveva allegato la documentazione comprovante la natura dei compensi ricevuti in sede di liquidazione dal FondEnel, con un prospetto comparativo (…)” dal quale risultava il (minor) importo dovuto a rimborso. Tale prospetto non era stato contestato dall’ agenzia delle entrate.

Assume, per contro, quest’ultima che – non essendo la prestazione in forma capitale in oggetto corrisposta in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione, e non essendo inoltre in essa individuabile una componente di rendimento rinveniente da investimenti finanziari di mercato – il regime applicabile sull’intero importo sarebbe quello della tassazione separata propria del TFR ex art. 17 T.U.I.R..

Resiste con controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c., il contribuente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta –

ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9; D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5, conv. in L. n. 30 del 1997; art. 16, comma 1, lett. a), art. 17, comma 2 e art. 42 (ora art. 45) comma 4 T.U.I.R.; L. n. 482 del 1985, art. 6, D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 14.

Per avere la commissione tributaria regionale omesso di considerare che il regime di tassazione di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6 e art. 42, comma 4 T.U.I.R. (12,50%) è applicabile limitatamente alla quota di capitale ascrivibile a rendimento rinveniente da contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione laddove, nel caso di specie, la prestazione discendeva da un accordo integrativo (Enel-Fndai del 16 aprile 1986) non riconducibile a tale tipologia, difettandone i requisiti tanto oggettivo quanto soggettivo; pertanto, non era in essa individuabile – nè la CTR aveva “verificato la circostanza della configurabilità, all’interno della somma liquidata al contribuente, di somme integranti il rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato”, come stabilito da SSUU 13642/11.

Con il secondo motivo di ricorso, l’agenzia delle entrate lamenta –

ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – vizio di ultrapetizione ex art. 112 c.p.c.. Per avere la commissione tributaria regionale, nel richiamarsi a SSUU 13642/11 cit., implicitamente affermato che nella specie si trattava di prestazione derivante da investimento sul mercato del capitale, così da giustificare l’imposizione del 12,50%;

mentre il contribuente non aveva mai allegato tale circostanza, assumendo unicamente che si trattava di un rapporto di natura assicurativa.

2. Va preliminarmente esaminata la censura posta dal secondo motivo di ricorso.

Essa è infondata, dal momento che la commissione tributaria regionale non ha statuito oltre i limiti delle domande ed eccezioni di parte; nè sulla base di elementi costitutivi non dedotti nel contraddittorio.

Ciò vale, in particolare, per la suscettibilità dell’accantonamento in oggetto di produrre rendimento assoggettato a tassazione come reddito di capitale, e non di lavoro dipendente.

Tale circostanza era infatti stata dedotta dal contribuente sia nel richiamare la natura assicurativa del rapporto sia, in ogni caso, nell’esplicitare le ragioni giuridiche e fattuali per cui l’erogazione del fondo integrativo in oggetto non mutuava (quantomeno nella sua totalità) natura di mera corresponsione-restituzione di un capitale rapportabile agli emolumenti del rapporto di lavoro.

Va anche considerato che – a seguito della pubblicazione della sentenza delle SSUU 13642/11 cit. – egli aveva, non modificato, ma meglio specificato, la propria domanda, assumendo di aver fornito la prova della porzione di rendimento, sulla quale applicare l’aliquota del 12,50%. Ciò in base al prospetto 21 giugno 2002 di liquidazione della posizione previdenziale, con indicazione della linea di investimento del capitale nel tipo obbligazionario (come da allegazione alla memoria non autorizzata 17 febbraio 2012, con risultanza non contestata dall’agenzia delle entrate). Da tale prospetto risultava una quota di rendimento al 31 dicembre 2000 pari ad Euro 448.077,27, con conseguente suo diritto al rimborso della somma differenziale di Euro 88.943,34 pari a quella che sarebbe poi stata riconosciuta dalla CTR. In un simile contesto, la decisione della commissione territoriale si è certamente posta nei limiti della deduzione di parte, basandosi esclusivamente su una diversa qualificazione giuridica del rapporto (sempre rientrante tra i poteri-doveri ufficiosi del giudice);

qualificazione giuridica imposta, per giunta, in sede di applicazione di un dato interpretativo sopravvenuto e di speciale autorevolezza, rappresentato appunto dalla citata sentenza delle SSUU, alla quale il contribuente si era espressamente richiamato.

3. Venendo al primo motivo di ricorso, se ne riscontra la fondatezza nei limiti che seguono.

Le SSUU di questa corte – con sentenza n. 13642 del 22 giugno 2011 –

hanno posto fine al pregresso contrasto interpretativo e, in esito alla compiuta ricostruzione normativa della fattispecie, hanno stabilito, in un caso del tutto sovrapponibile al presente, il seguente principio di diritto: “in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dall’1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17″.

Tale principio ha trovato plurime conferme successive (tra le altre:

Cass. 287/12; 14498/12; 23520/12; 3130/14; 17365/14, ord.; 5614/15), e deve essere qui ribadito, non essendo emersi elementi tali da giustificare un diverso orientamento.

In particolare, Cass. 17365/14 ord., cit., ha ripreso i vari profili nei quali si è articolato il ragionamento delle SSUU, osservando che:

– “in tale occasione si è precisata la distinzione tra coloro che siano iscritti a forme pensionistiche complementari prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. n. 124 del 1993 (come nel caso di specie) e coloro che risultino iscritti a forme analoghe in epoca successiva all’entrata in vigore del predetto provvedimento legislativo; solo ai secondi risultando applicabile il trattamento tributario stabilito dal predetto D.Lgs. n. 124, all’art. 13, comma 9, il quale assoggetta le prestazioni in forma di capitale a tassazione separata ai sensi del T.U.I.R. – approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e successive modificazioni ed integrazioni e ciò all’esito della norma interpretativa di cui al D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 1, comma 5, convertito con modificazioni con L. 28 febbraio 1997, n. 30 (…)”;

– va ribadita, “proprio in tema di trattamenti liquidati a dirigenti ENEL già iscritti alla forma di previdenza integrativa aziendale –

PIA – prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9 e maturati entro il 31 dicembre 2000 – e dunque per vicende identiche alla presente -, l’applicazione della ritenuta del 12,50% sulle sole somme relative alla liquidazione del rendimento, sussistendo il diritto del contribuente al rimborso, per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, della differenza tra quanto versato all’Erario dal sostituto d’imposta e quanto dovuto a seguito dell’applicazione dell’aliquota del 12,50% ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6 alle sole somme liquidate per il rendimento”;

– ciò nella ravvisata differenziazione di natura giuridica ed economica tra le varie componenti del fondo, costituite “da una sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole minor misura dal lavoratore) e da un rendimento netto, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato. Sicchè possono essere tassate in modo analogo al TFR esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale, mentre alle somme corrispondenti al rendimento di polizza (nella fattispecie P.I.A., cui segui il trasferimento della posizione individuale nel Fondo Enel), si applica la tassazione nella misura del 12,50% ai sensi della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6, commi 1 e 2, del richiamato art. 6”;

– sulla nozione di rendimento (tassabile al 12.50% fino al 31 dicembre 2000), viene richiamato innanzitutto quanto stabilito dalle SSUU, nel senso che: “…per rendimento del capitale deve intendersi, come espressamente precisato nella parte motiva della citata sentenza delle Sezioni Unite (ultima parte del penultimo periodo del paragrafo 6.1), il rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato, la cui quantificazione deve essere compiuta dal giudice di merito, come questa corte ha avuto modo di ulteriormente specificare nella successiva sentenza 29583/11 – sulla base di una congruente analisi giuridica della fattispecie concreta, che operi l’accertamento della natura e quantità del rendimento che sarebbe stato erogato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego”;

– risultando pertanto necessario, da parte del giudice del merito, svolgere un esame degli investimenti effettuati dal Fondo sul mercato finanziario (alla stregua delle norme contrattuali via via applicabili) e delle plusvalenze con essi realizzati, così da accertare “…se in concreto sussistesse un rendimento imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato (ossia, in termini più espliciti, se la differenza tra le somme erogate al beneficiario e l’ammontare dei contributi versati da lui e dal datore di lavoro derivasse in tutto o in parte dalla gestione di tali contributi sul mercato finanziario)”.

Sempre sul problema della natura ed individuazione della quota di rendimento tassabile, per i vecchi iscritti, al 12,50% (sulla differenza tra ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo), Cass. n. 3130/14 ha esplicitato – nello stesso senso – la necessità dell’accertamento di merito sulla sussistenza ed entità del rendimento (effettivo investimento sul mercato del capitale degli accantonamenti imputabili ai contributi versati al Fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore; risultati dell’investimento; modalità dell’assegnazione delle eventuali plusvalenze così ottenute alle singole posizioni individuali). Posto che è sulla scorta di tale indagine che il giudice di merito “quantificherà la parte della somma complessivamente erogata al contribuente che corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e, quindi, calcolerà l’imposta dovuta dal contribuente (e, conseguentemente, l’ammontare del suo effettivo credito restitutorio) applicando solo a tale parte l’aliquota del 12,5%, (come sopra decrementata) secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 91) del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17”.

Tali principi sono stati più recentemente recepiti anche da Cass. 5614/15, la quale ha innanzitutto richiamato Cass. 23520/12, in ordine al principio per cui “le somme dovute dal datore di lavoro al lavoratore a titolo di conversione del trattamento pensionistico integrativo aziendale (PIA), per la parte costituita dalla remunerazione del capitale investito, sono soggette all’aliquota fissa del 12,5%, (…) e non alla tassazione separata del trattamento di fine rapporto (..), non solo quando il suddetto trattamento pensionistico integrativo sia dovuto per effetto della stipula di un’assicurazione sulla vita o di un piano di capitalizzazione, ma anche quando sia dovuto per effetto della stipula di un contratto con soggetti diversi da una società di assicurazione, giacchè quel che rileva di fini suddetti è che sia stato applicato dal soggetto tenuto al pagamento un modello gestionale di tipo assicurativo”;

osservando come il carattere non retributivo dell’importo in oggetto scaturisca dalla natura autonoma ed aggiuntiva dei contributi datoriali e del lavoratore rispetto agli accantonamenti per tfr e, inoltre, dal mancato necessario collegamento dell’erogazione alla cessazione del rapporto lavorativo.

Per poi nuovamente ribadire come non possa dirsi pienamente rispettato il principio di diritto espresso dalle SSUU, ove non sia stato compiuto – dal giudice di merito – un “accertamento approfondito ed analitico sulla natura e quantità del rendimento che sarebbe stato liquidato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) l’impiego sul mercato del capitale accantonato e quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego”.

Va detto che la stessa amministrazione finanziaria si è adeguata a tale orientamento di legittimità con la risoluzione agenzia entrate n. 102/E del 26 novembre 2012 (su interpello successivo alla sentenza SSUU cit.), secondo cui “può essere riconosciuta l’applicazione della ritenuta nella misura del 12,5% limitatamente alla quota che, sulla base di specifica certificazione rilasciata dal fondo, risulti essere costituita dal “rendimento netto”; correttamente precisandosi che quest’ultimo deve essere inteso non come quota meramente residuale o differenziale rispetto a quella costituita dai contributi, ma come somma effettivamente “imputabile alla gestione del capitale accantonato sui mercati finanziari da parte del Fondo”.

In maniera tale che la ritenuta nella misura del 12,50 per cento trovi applicazione sugli importi corrisposti dal Fondo che “concretamente derivino dall’investimento sul mercato finanziario, da parte dello stesso Fondo, del capitale accantonato e ne costituiscono il rendimento; in quanto solo tali somme sono assimilabili, anche sotto il profilo fiscale, ai redditi di capitale”.

Va peraltro qui precisato, quanto al richiamo alla “specifica certificazione rilasciata dal fondo”, che la valutazione probatoria di tale documentazione (ove prodotta in giudizio) non può che spettare al giudice di merito; anche sul punto qualificante della sua idoneità a dimostrare e quantificare il rendimento del fondo non in termini puramente differenziali rispetto agli importi versati, ma secondo la nozione individuata dalla giurisprudenza di legittimità testè richiamata.

Tutto ciò considerato, la commissione tributaria regionale ha qui correttamente applicato un principio di diritto sostanzialmente corrispondente a quello enunciato dalle SSUU (quanto a differenziazione di tassazione tra rendimento e capitale, ma nulla ha esplicitato in ordine all’effettivo accertamento probatorio – secondo i suddetti parametri – della sussistenza ed entità del rendimento in concreto ascrivibile alla gestione del Fondo e, in particolare, alla posizione individuale del contribuente. E ciò con riguardo non alla posizione puramente differenziale tra rimborso e contribuzione, ma alla nozione di rendimento su citata; ed anche con riguardo alla documentazione di liquidazione del Fondenel (v. sent. CTR pag. 3). La cui contestazione da parte dell’amministrazione finanziaria va riguardata alla luce della più ampia e radicale contestazione da quest’ultima mossa alla qualificazione giuridica del rapporto ed alla diversa rilevanza fiscale attribuibile alle sue singole componenti economiche.

Tale lacuna, correttamente censurata, comporta la cassazione con rinvio della sentenza gravata.

In coerente applicazione con i principi enunciati, la commissione tributaria regionale, in diversa sezione, dovrà accertare – previa valutazione delle risultanze già agli atti di causa (compreso il menzionato certificato con prospetto 21 giugno 2002) e previa eventuale CTU – i concreti meccanismi di funzionamento del fondo P.I.A./FONDENEL nel corso degli anni; se vi sia stato impiego sul mercato finanziario del capitale costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati al Fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore; quale sia stato il rendimento, ed in qual modo sia stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali. Sulla scorta di tale indagine, il giudice del rinvio quantificherà la parte della somma complessivamente erogata al contribuente che corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e, quindi, calcolerà l’imposta dovuta dal contribuente e, conseguentemente, l’ammontare del suo effettivo credito restitutorio derivante dall’applicazione solo a tale parte dell’aliquota del 12,5%, secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17.

Nell’effettuare tale accertamento, dovrà il giudice di rinvio altresì rivedere, alla luce dei criteri indicati sulla nozione di rendimento qui rilevante, l’efficacia dimostrativa della citata documentazione 21 giugno 2002.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso;

– cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della commissione tributaria regionale di Venezia-Mestre.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2016

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