Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14012 del 04/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 14012 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: MAROTTA CATERINA

SENTENZA

sul ricorso 17606-2009 proposto da:
LUPPINO

ROSARIO

LPPRSR54D21G288C,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA G. PIERLUIGI DA PALESTRINA
55, presso lo studio dell’avvocato MARIANO PEPPINO,
rappresentato e difeso dall’avvocato MINASI NICOLA,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
1191

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585;
– intimata –

avverso la sentenza n. 732/2008 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 04/06/2013

di REGGIO CALABRIA, depositata il 11/07/2008 R.G.N.
1015/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/04/2013 dal Consigliere Dott. CATERINA
MAROTTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

udito l’Avvocato MINASI NICOLA;

R. Gen. N. 17606/2009
Udienza 4/4/2013
Luppino Rosario c/ Poste
Italiane S.p.A.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Palmi la Poste Italiane S.p.A. conveniva in giudizio il
proprio dipendente Rosario Luppino per sentirlo condannare la pagamento della

10/1/2002 presso l’ufficio postale di Taureana. La richiesta muoveva dal fatto che il
denaro sottratto non si trovava all’interno della cassaforte, ove avrebbe dovuto essere
custodito a termini di circolari aziendali, e che tale omissione era imputabile al
Luppino in quanto contabile di turno. Il Tribunale, con sentenza del 30/4/2004,
rigettava la domanda ritenendo che la società non avesse fornito prova adeguata
dell’esclusiva imputabilità al Luppino della verificazione del fatto dannoso. A
seguito di appello proposto da Poste Italiane S.p.A., la Corte di Appello di Reggio
Calabria, con sentenza del 11/7/2008, riformava la decisione di primo grado
ritenendo determinante la circostanza che la cassaforte fosse rimasta inviolata nel
corso della consumazione del furto ed evidenziando che l’esistenza delle circolari
aziendali prevedenti le modalità di custodia del denaro contante fosse incontroversa
tra le parti ed inoltre che lo stesso Luppino avesse riconosciuto la sussistenza
dell’obbligo di custodia del denaro a termini della circolare proprio deducendo
(ancorché non provando) a scusante della mancata collocazione del denaro in
cassaforte il fatto che quest’ultima era stata chiusa anticipatamente per il timore
suscitato da movimenti anomali di persone nella zona ove era collocato l’ufficio
postale e non era più riapribile fino al giorno dopo. Riteneva, dunque, la Corte
territoriale che sussistesse un chiaro nesso causale tra il comportamento omissivo del
dipendente ed il danno derivato alla società.

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somma di € 8.626,39 corrispondente a quanto trafugato da ignoti ladri in data

R. Gen. N. 17606/2009
Udienza 4/4/2013
Luppino Rosario c/ Poste
Italiane S.p.A.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre Rosario Luppino, affidandosi a due
motivi.
La Poste Italiane S.p.A. è rimasta solo intimata.

1.1 Con il primo motivo il ricorrente denuncia: “Illegittimità della sentenza, ex
art. 360, comma 1°, n. 3, per violazione e/o falsa applicazione e/o falsa
interpretazione del disposto normativo in maria di prova nel processo del lavoro (art.
421 cod. proc. civ.)”.
1.2 Con il secondo motivo il ricorrente denuncia: “Omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione in relazione in relazione alla specifica fattispecie
prospettata (art. 360, comma 1°, n. 5, cod. proc. civ.) e consequenziale
disconoscimento del valore probatorio della documentazione prodotta”.
2.1 Osserva preliminarmente la Corte che l’art. 366 bis cod. proc. civ. è
applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati dopo
l’entrata in vigore (2 marzo 2006) del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (cfr. art. 27,
comma 2) e anteriormente al 4 luglio 2009 (data di entrata in vigore della legge n. 68
del 2009 che ha soppresso la prima disposizione) e, quindi, anche al presente ricorso,
atteso che la sentenza impugnata è stata pubblicata 1’11 luglio 2008.
In base alla norma indicata, nei casi previsti dall’art. 360, primo comma, numeri
1), 2), 3) e 4), cod. proc. civ., l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a
pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso
previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., l’illustrazione di ciascun
motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del
fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o

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MOTIVI DELLA DECISIONE

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tappino Rosario c/ Poste
Italiane S.p.A.

contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
Nella prima ipotesi ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione,

limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito formulato dalla parte e la cui
enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’alt 384
cod. proc. civ., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a

“dicta”

giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza. Non può, infatti,
ritenersi sufficiente che il quesito di diritto possa implicitamente desumersi dal
motivo di ricorso, perché una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione
tacita della norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. (per tutte. Cass. Sez. Un., 16
novembre 2007, n. 23732; Cass. 24 luglio 2008, n 20409).
Ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (il cui
oggetto riguarda il solo “iter” argomentativo della decisione impugnata), in base al
consolidato orientamento di questa Corte, è richiesta una illustrazione che, pur libera
da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del
fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende
inidonea la motivazione a giustificare la decisione (cfr. Cass. 25 febbraio 2009, n.
4556). Del pari consolidato è l’orientamento secondo cui nella norma dell’art. 366
bis cod. proc. civ. nonostante la mancanza di riferimento alla conclusività (presente,
invece, per il quesito di diritto), il requisito concernente il motivo di cui al precedente
art. 360, n. 5 – cioè la “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale
la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali

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tradursi in un quesito di diritto tale da circoscrivere la pronunzia del giudice nei

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Luppino Rosario c/ Poste
Italiane S.p.A.

la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea
a giustificare la decisione” – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a
ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile

illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal
lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del
requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto
controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la
motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è
conseguentemente inidonea sorreggere la decisione. Come è stato da questa Corte
puntualizzato, la censura deve, dunque, contenere un momento di sintesi (omologo al
quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non
ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità (v. Cass. S.U. 1 ottobre 2007, n. 20603 anche Cass. 20 febbraio 2008,
n. 4309). Tale sintesi deve essere “evidente ed autonoma” – v. Cass. 30 dicembre
2009, n. 27680, Cass. 7 aprile 2008, n. 8897, Cass. S.U. 1 ottobre 2007, n. 20603 cit.,
Cass. 18 luglio 2007, n. 16002 – e non può essere ricavata implicitamente
dall’esposizione complessiva del motivo stesso.
Si aggiunga che la necessità della formulazione del quesito di diritto è stata
affermata da questa Corte anche in relazione alle doglianze concernenti la violazione
dell’art. 112 cod. proc. civ. (cfr. Cass. 21 febbraio 2011, n. 4146).
2.2 Orbene, nella specie, i motivi sono inammissibili perché mancanti del quesito
di diritto previsto all’art. 366 bis cod. proc. civ. e perché non è stata formulata la
sintesi riassuntiva prevista al capoverso dell’art. 366 bis cod. proc. civ..

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ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva

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Luppino Rosario ci Poste
Italiane S.p.A.

Le prescrizioni dettate dalla norma non risultano, quindi, rispettate.
3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
4. Infine nulla va disposto in ordine alla spese processuali nei confronti della

P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2013.

Poste Italiane S.p.A., rimasta solo intimata.

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