Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14007 del 06/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 06/06/2017, (ud. 01/03/2017, dep.06/06/2017),  n. 14007

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19425-2013 proposto da:

B.G. (OMISSIS), P.A. (OMISSIS),

BE.GR. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA L GHERZI

8, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO NAPOLI, che li

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

BA.GI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SISTINA 121,

presso lo studio dell’avvocato ALBERTO PANUCCIO, che lo rappresenta

e difende;

– controricorrente –

e contro

BE.VI., C.M., M.C.M.,

B.D., B.L., B.M., B.G.,

B.R., B.A., B.P., B.V.,

BA.GI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 294/2012 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 14/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/03/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che con la sentenza depositata il 14/6/2012 la Corte d’appello di Reggio Calabria, decidendo sull’impugnazione proposta da B.G., B.V., Be.Gi. e P.A., nei confronti di C.M., Ba.Gi., nella qualità di tutore di G.C., M.C.M., anche quale erede di B.B., B.D., B.L., B.M., B.G., B.R., B.A., B.P., B.V. e Ba.Gi., tutti eredi di B.B., e sull’appello incidentale avanzato da C.M., avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria pubblicata l’11/11/2003, rigettò l’impugnazione principale e dichiarò inammissibile quella incidentale, della C., intervenuta in appello, spendendo la qualità di cessionaria dei diritti degli eredi M.B. e C.;

ritenuto che, per quel che qui importa, con la sentenza di primo grado, oggetto dell’appello, dopo lunga contesa giudiziale, esitata in altre pronunce non in rilievo nel presente giudizio, era stato disposto quanto segue: attribuzione per intero a B.B., M.M.C. e Ba.Gi., in proporzione alle quote di ciascuno, di un immobile sito in (OMISSIS); condanna dei convenuti B.B., M.M.C. e Ba.Gi. a pagare un conguaglio a B.R. e P.A.;

ritenuto che B.G., P.A. e B.G. propongono ricorso per cassazione avverso la statuizione di cui sopra, prospettando unitaria censura, ulteriormente illustrata con successiva memoria, e che Ba.Gi., erede di G.C., nelle more deceduta, resiste con controricorso;

ritenuto che con l’esposto motivo i ricorrenti denunziano la violazione dell’art. 720 cod. civ. e artt. 110 e 345 cod. proc. civ. sulla base della seguente costruzione giuridica: in corso di causa la controparte aveva alienato i propri diritti nascenti dalla divisione alla C. e poichè costei, pertanto, era l’effettiva titolare degli stessi, ben poteva intervenire in appello, prendendo conclusioni diverse dai cedenti, in deroga all’art. 344 cod. proc. civ.; nel caso non constavano essersi maturate preclusioni processuali, in quanto la richiesta di assegnazione del condividente non costituisce modifica del petitum; la presenza in causa della C. privava i cedenti del diritto di chiedere l’attribuzione del bene ex art. 720 cod. civ.;

considerato che il motivo sopra esposto non può essere accolto per le ragioni che seguono, restando ininfluente esaminare partitamente l’asserto secondo il quale l’intervento in appello della cessionaria era da ritenersi ammissibile: il punto ha formato oggetto di esplicita pronuncia del Giudice d’appello, il quale ha ritenuto che l’intervento dovevasi considerare irrituale e della statuizione non potevasi che dolere l’unica interessata, cioè la C.; con la conseguenza che, constatata l’acquiescenza della stessa, la doglianza mossa dai ricorrenti assume la veste di un’impropria ed inammissibile sostituzione processuale; in ogni caso, la censura si mostra monca ed aspecifica, non avendo i ricorrenti spiegato in che consista il loro interesse a coltivare la pretesa altrui;

considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate;

considerato che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

 

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2017

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