Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14006 del 10/06/2010

Cassazione civile sez. I, 10/06/2010, (ud. 26/05/2010, dep. 10/06/2010), n.14006

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 32210-2005 proposto da:

ASSOCIAZIONE VILLA REGINA (P.I. (OMISSIS)), in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

GRACCHI 187, presso l’avvocato MAGNANO DI SAN LIO GIOVANNI,

rappresentata e difesa dagli avvocati TAFURI LUIGI, TAFURI GAETANO,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI AGIRA (P.I. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA

CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MINGIARDI GIUSEPPE, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1079/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 05/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato MINGIARDI che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS PIERFELICE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che, a seguito di ricorso della Associazione “Villa Regina”, il Pretore di Mascalucia, con decreto n. 305/95 del 15 dicembre 1995, ingiunse al Comune di Agira di pagare alla ricorrente la somma di L. 49.518.733, a titolo di corrispettivo per il ricovero di alcune persone anziane;

che, con citazione del 21 febbraio 1996, il Comune di Agira si oppose all’ingiunzione, deducendo, tra l’altro, che: non era stata stipulata alcuna convenzione tra l’Associazione ricorrente ed il Comune;

mancava comunque la deliberazione di autorizzazione alla spesa; la L.R. Siciliana 9 maggio 1986, n. 22 (Riordino dei servizi e delle attività socio-assistenziali in Sicilia) non comportava alcun obbligo contrattuale nei confronti di terzi che si occupavano di assistenza e di ricovero di persone anziane;

che il Tribunale di Mascalucia, in contraddittorio con l’Associazione “Villa Regina”, con la sentenza n. 429/99 del 31 dicembre 1999, accolse l’opposizione e dichiarò la nullità del decreto ingiuntivo opposte – che, a seguito di appello della Associazione “Villa Regina” – al quale resistette il Comune di Agira -, la Corte d’Appello di Catania, con la sentenza n. 1079/2004 del 5 novembre 2004, rigettò l’appello;

che, in particolare – per quanto in questa sede ancora rileva -, la Corte catanese, dopo aver premesso che l’attività della pubblica amministrazione che comporti un’erogazione di spesa è sempre sottoposta al duplice vincolo che sia previamente adottata una specifica deliberazione di impegno della spesa con la attestazione della disponibilità della somma in bilancio e che esista un atto scritto, ha sottolineato che “Nel caso in esame si è realizzata la mancanza di entrambi i presupposti necessari per la liquidazione delle somme richieste dall’Associazione “Villa Regina”, non esistendo nè la delibera di spesa nè la convenzione tra Comune e Associazione”;

che avverso tale sentenza l’Associazione “Villa Regina” ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;

che resiste, con controricorso illustrato da memoria, il Comune di Agira.

Considerato che, con il primo motivo (con cui deduce: “Violazione degli artt. 2, 3 e 32 Cost. Repubblicana. Violazione della L.R. 2 gennaio 1979, n. 4, artt. 1, 3 e 4. Violazione della L.R. 9 maggio 1981, n. 23, artt. 1, 3, 5 e 6. Violazione della L.R. 9 maggio 1986, n. 22, artt. 16, 17, 20, 23 e 60. Violazione del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 162, art. 128. Violazione della L. 8 novembre 2000, n. 328, artt. 1, 2, 4 e 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 Omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”), la ricorrente critica la sentenza impugnata, anche sotto il profilo della sua motivazione, sostenendo che i Giudici a quibus non hanno considerato che: a) le attività socio-assistenziali integrano funzioni necessarie ed inderogabili degli enti locali, che non richiedono la previa adozione di provvedimenti amministrativi; b) la fattispecie doveva essere decisa non sulla base di norme finanziarie ma applicando le norme richiamate in rubrica; c) “il rapporto trilatero che si instaura fra comune, assistito e casa di riposo non è dettato dai soli principi civilistici ma dalle (predette) norme pubblicistiche le quali conferiscono all’indigente il diritto soggettivo, nei confronti dell’Amministrazione comunale, di ottenere l’assistenza necessaria, al Comune l’obbligazione di prestare quell’assistenza direttamente, se ne abbia i mezzi, o tramite gli Enti iscritti in particolari registri, quale è l’Associazione Villa Regina alla quale, in relazione a quella obbligazione nascente dalla legge, va corrisposta la retta di degenza con fondi in bilancio o mutuati o, comunque, obbligatoriamente reperiti”; d) “l’atto col quale l’Amministrazione presta direttamente o indirettamente quell’assistenza pubblica non ha natura provvedimentale (…) ma soltanto certificativa della necessità di quell’assistenza e della condizione di indigenza del richiedente, secondo i parametri stabiliti dall’Autorità sovraordinata con disposizioni generali”; e) l’ente che presta l’assistenza “è tenuto all’ammissione e al ricovero, in caso di urgenza, direttamente salvo il controllo dell’Ente pubblico per l’accertamento delle due condizioni necessarie per l’assistenza, controllo da eseguirsi entro quindici giorni dalla comunicazione dell’avvenuto ricovero”, ciò sulla base di quanto disposto dalla L. 8 novembre 2000, n. 328, art. 6, comma 4, (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), secondo cui “Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero., previamente informato, assume gli obblighi connessi all’eventuale integrazione economica”;

che, con il secondo motivo (con cui deduce: “.Violazione dell’art. 90 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”), la ricorrente sostiene che le spese del giudizio “vanno, per tutti i gradi, posti a carico del Comune di Agira soccombente”;

che il ricorso non merita accoglimento;

che la fattispecie riguarda il corrispettivo richiesto al controricorrente Comune di Agira per il ricovero di persone anziane in una struttura privata gestita dalla ricorrente Associazione “Villa Regina” in detto Comune della Regione Siciliana -, e la questione sottoposta a questa Corte consiste nello stabilire se tale corrispettivo sia dovuto nel caso in cui – quale quello di specie, com’è incontestato tra le parti – tra le stesse parti non sia stata stipulata alcuna convenzione al riguardo, ed inoltre il Comune non abbia adottato alcuna previa deliberazione di registrazione dell’impegno contabile e di attestazione della copertura finanziaria;

che, a fronte di tale pacifica fattispecie, i Giudici a quibus – sulla premessa che l’attività della pubblica amministrazione comportante un’erogazione di spesa è sempre sottoposta al duplice vincolo che sia previamente adottata una specifica deliberazione di impegno della spesa con la attestazione della disponibilità della somma in bilancio e che esista un atto scritto – ha affermato che “Nel caso in esame si è realizzata la mancanza di entrambi i presupposti necessari per la liquidazione delle somme richieste dall’Associazione “Villa Regina”, non esistendo nè la delibera, di spesa nè la convenzione tra Comune e Associazione”;

che, quanto all’affermata mancanza di una specifica convenzione tra l’Associazione “Villa Regina” ed il Comune di Agira, la fattispecie è regolata, ratione temporis, dalla L.R. Siciliana 9 maggio 1986, n. 22, art. 20 (Riordino dei servizi e delle attività socio- assistenziali in Sicilia), secondo il quale “I Comuni singoli od associati, per la realizzazione dei servizi socio-assistenziali, possono stipulare convenzioni con enti iscritti nell’albo regionale previsto dall’art. 26. Le convenzioni devono prevedere in particolare: a) le prestazioni da erogare agli utenti; b) i corrispettivi dei costi per i servizi resi; c) adeguati strumenti di controllo”, risultando perciò chiaro, per un verso, che i Comuni siciliani hanno soltanto la facoltà – e non già l’obbligo, come invece sostiene la ricorrente – di stipulare dette convenzioni, e, per l’altro, che l’esistenza della convenzione condiziona (ovviamente) anche il pagamento dei corrispettivi per le prestazioni erogate;

che, quanto alla mancanza di qualsiasi previa deliberazione di registrazione dell’impegno contabile e di attestazione della copertura finanziaria, la fattispecie è regolata, ratione temporis, dalla L.R. Siciliana 11 dicembre 1991, n. 48, art. 1, lett. i), (Provvedimenti in tema di autonomie locali) – secondo il quale “Le disposizioni dell’ordinamento amministrativo degli enti locali (….) sono modificate ed integrate dalle norme della L. 8 giugno 1990, n. 142, contenute negli articoli: (…) 55 (…)” -, con la conseguenza che la L. n. 142 del 1990, stesso art. 55, comma 5 – secondo cui “5.

Gli impegni di spesa non possono essere assunti senza attestazione della relativa copertura finanziaria da parte del responsabile del servizio finanziario. Senza tale attestazione l’atto è nullo di diritto” – è applicabile anche ai Comuni della Regione Siciliana;

che nella specie, come correttamente affermato dalla Corte catanese, la carenza di entrambi detti presupposti, privando – in radice – di titolo la pretesa azionata in via monitoria dalla odierna ricorrente, rende palesemente inconsistenti le critiche mosse alla sentenza impugnata;

che peraltro, al fondo delle critiche argomentate dalla ricorrente sta la concezione che al diritto degli anziani all’assistenza, in quanto costituzionalmente “incondizionato”, corrisponda il dovere degli enti pubblici competenti ad assicurare in concreto, direttamente od indirettamente, tale diritte – che, al riguardo, la Corte costituzionale ha invece da tempo affermato: “(…) al pari di ogni diritto a prestazioni positive, il diritto a ottenere trattamenti sanitari, essendo basato su norme costituzionali di carattere programmatico impositive di un determinato fine da raggiungere, è garantito a ogni persona come un diritto costituzionale condizionato dall’attuazione che il legislatore ordinario ne da attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento (v. spec. sentt. nn. 175 del 1982, 212 del 1983 e 1011 del 1988). Questo principio, che è comune a ogni altro diritto costituzionale a prestazioni positive, non implica certo una degradazione della tutela primaria assicurata dalla Costituzione a una puramente legislativa, ma comporta che l’attuazione della tutela, costituzionalmente obbligatoria, di un determinato bene (la salute) avvenga gradualmente a seguito di un ragionevole bilanciamento con altri interessi o beni che godono di pari tutela costituzionale e con la possibilità reale e obiettiva di disporre delle risorse necessarie per la medesima attuazione:

bilanciamento che è pur sempre soggetto al sindacato di questa Corte nelle forme e nei modi propri all’uso della discrezionalità legislativa (v., da ultimo, sentt. nn. 27 del 1975, 226 e 559 del 1987, 992 del 1988, 319 del 1989, 127 e 298 del 1990). Di qui deriva l’affermazione, già compiuta da questa Corte (sentt. nn. 103 del 1977, 175 del 1982), secondo la quale ogni persona che si trovi nelle condizioni obiettive stabilite dalla legislazione sull’erogazione dei servizi sanitari ha “pieno e incondizionato diritto” a fruire delle prestazioni sanitarie erogabili, a norma di legge, come servizio pubblico a favore dei cittadini” (sentenza n. 455 del 1990, n. 3 del Considerato in diritto, proprio in una fattispecie relativa ad una legge della Provincia di Trento, concernente gli oneri conseguenti al ricovero nelle case di riposo degli anziani non autosufficienti per le prestazioni cosiddette “alberghiere” o comunque di natura non sanitaria; v. anche, ex plurimis, la sentenza n. 226 del 2000);

che, infine, il richiamo, operato dalla ricorrente, della L. 8 novembre 2000, n. 328, art. 6, comma 4, (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) – secondo cui “Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all’eventuale integrazione economica” -, quale disposizione “risolutiva”, in senso a sè favorevole, della fattispecie in esame, è invece palesemente inconferente: infatti, a prescindere da ogni altra pur possibile considerazione circa l’applicabilità alla specie di tale disposizione ratione temporis e della sua congruenza con le tesi sostenute, sta di fatto che la L. n. 328 del 2000, stesso art. 6, comma 1 – disponendo che “1. I comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione regionale. Tali funzioni sono esercitate dai comuni adottando sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini, secondo le modalità stabilite dalla L. 8 giugno 1990, n. 142, come da ultimo modificata dalla L. 3 agosto 1999, n. 265” – rende palese la perdurante applicabilità della L. n. 142 del 1990, sopra citato art. 55, comma 5, sulla nullità degli atti di impegno di spesa privi della attestazione della relativa copertura finanziaria;

che il secondo motivo resta, conseguentemente, assorbito;

che, pertanto, il ricorso è complessivamente privo di fondamento;

che le spese del presente grado del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 26 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2010

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