Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14005 del 06/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 06/06/2017, (ud. 17/02/2017, dep.06/06/2017),  n. 14005

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1579-2013 proposto da:

CAMPIONI LOGISTICA INTEGRATA S.p.A. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, V.LE MARCO POLO 88, presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRO DATTURI, rappresentato e difeso dagli

avvocati MARCO PIZZUTELLI, MASSIMO CIULLO;

– ricorrente –

contro

NUOVA MA.NA.RO. S.p.A. in persona del legale rappresentante pro

tempore, ora in concordato preventivo in persona dei Liquidatori

Giudiziali pro tempore, TAMBURINI S.p.A. ora in fallimento in

persona del Curatore fallimentare pro tempore;

– intimati –

avverso la sentenza n. 557/2012 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 25/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/02/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito l’Avvocato CRISTIANA LORETI, con delega dell’Avvocato MARCO

PIZZUTELLI difensore della ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento

del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IACOVIELLO FRANCESCO MAURO che ha concluso per la cassazione della

sentenza impugnata con rinvio.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Jesi, con sentenza del 5 dicembre 2006, accolse la domanda proposta dai Fratelli Campioni s.r.l. (ora Campioni Logistica Integrata s.p.a.) nei confronti della Nuova Mannaro s.p.a., condannando quest’ultima a restituire parte del prezzo a suo tempo pagata dall’attrice per l’acquisto di due autocisterne, nonchè a risarcire il danno procurato.

La convenuta, come si è anticipato, aveva fornito alla controparte due autocisterne, dichiarate idonee per il trasporto di sostanze pericolose ed in particolare di tipo liquido e corrosivo, appartenenti alla classe 8 ADR. Le due autocisterne, una volta messe in uso, si erano rivelate inadeguate al trasporto dell’acido fluoridrico e del sodio ipoclorito, che la utilizzatrice abitualmente operava, a cagione della inidoneità del rivestimento interno.

La Corte d’appello di Ancona, con sentenza depositata il 25 settembre 2012, in totale riforma della statuizione di primo grado, rigettò la domanda e condannò l’appellata a restituire quanto percepito in virtù della sentenza di primo grado.

Queste, in sintesi, le ragioni che avevano portato alla disconferma della decisione del Tribunale: 1) non si versava nella ipotesi di vendita di aliud pro alio; 2) poichè la utilizzatrice dei beni, dopo aver denunziato i vizi riscontrati in data 19 marzo 1997, aveva proposto ricorso per accertamento tecnico preventivo solo in data 11 gennaio 1999, era decorso l’anno previsto dall’art. 1495, cod. civ.; 3) l’evento, dedotto come interruttivo, costituito dall’intervento del 21 novembre 1997, non avente natura novativa, non era stato allegato nei termini di cui all’art. 183 cod. proc. civ..

Avverso quest’ultima statuizione ricorre per cassazione la Campioni Logistica Integrata s.p.a., illustrando quattro motivi di censura. La controparte non ha proposto difese. La ricorrente ha depositato memoria Illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione degli artt. 1453, 1495 e 2946 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; nonchè violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e art. 118 disp. att. cod. proc. civ., allegando l’apparenza della motivazione; in subordine, omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5.

Con il motivo in rassegna si assume che la Corte locale, con motivazione apodittica e, peraltro, lapidaria, aveva erroneamente escluso che si trattasse di vendita di aliud pro alio, preferendo inquadrare la vicenda nella categoria dei vizi della cosa alienata per mancanza delle qualità promesse. Diversamente opinando, la ricorrente evidenzia che i beni consegnati dovevano considerarsi privi delle caratteristiche funzionali necessarie, in quanto non in grado di assolvere alla funzione del trasporto merci per le quali erano stati acquistati. In altri termini la sentenza aveva omesso di misurarsi con la causa concreta del negozio, resa palese dal precipuo scopo, ben presente alle parti, perseguito dall’acquirente con l’acquisto delle due autocisterne.

La doglianza non è fondata.

La Corte locale, nonostante l’eccesiva stringatezza motivazionale, ha preso in considerazione l’ipotesi che si fosse in presenza di vendita di una cosa diversa rispetto a quella pattuita (aliud pro alio), in quanto, nonostante la inadeguatezza delle cisterne a trasportare talune sostanze altamente corrosive (l’acido fluoridrico in soluzione al 40% e il sodio ipoclorito stabilizzato al 14/15%), non potevano considerarsi beni radicalmente diversi rispetto a quelli fatto oggetto del negozio, nè privi di funzionalità allo scopo. Piuttosto, si era in presenza di una mancanza della qualità promessa, non potendo essere utilizzati per il trasporto di quelle specifiche sostanze.

Peraltro, siccome si ricava dalla ricostruzione della vicenda processuale operata dalla stessa società ricorrente, era stata la stessa attrice, con la domanda introduttiva del giudizio di primo grado a richiedere la riduzione del prezzo ed il ristoro dei danni, presupponendo, appunto, la violazione della garanzia. Per contro, ove si fosse trovata in presenza di un bene non sussumibile al genus pattuito o assolutamente privo della funzione che gli era propria, nella specie trasportare sostanze tossiche e/o corrosive (ovviamente diverse da quelle di cui detto), avrebbe evidenziato che le autocisterne erano risultate assolutamente prive delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente, o affette da difetti che le rendevano inservibili, con l’avvertenza che, in tale ultimo caso sarebbe stato necessario che la particolare utilizzazione fosse stata espressamente contemplata, da entrambe le parti, nella negoziazione (Sez., 2, n. 18757, 19/9/2004, Rv. 577170).

In altri termini, come si è già avuto modo di chiarire in questa sede (oltre alla sentenza sopra citata, si veda, fra le altre, Sez. 2, n. 1092, 18/1/2007, Rv. 594486, la quale ha riscontrato l’aliud pro alio in un caso in cui si era espressamente pattuito che le cassette vendute avrebbero dovuto essere idonee al trasporto d’uva), nonostante fosse stato richiesto ed assicurato un particolare uso (il trasporto di sostanze chimiche liquide appartenenti alla classe 8 ADR), è smentito dalle emergenze processuali che il patto fosse stato inequivocamente ristretto a talune di tali sostanze e, in particolare, all’acido fluoridrico in soluzione al 40% e al sodio ipoclorito stabilizzato al 14/15%, con la conseguenza che, accertata l’inidoneità al trasporto di quest’ultimi liquidi, le autocisterne erano da considerarsi funzionalmente inutili per l’acquirente, il quale, ad esempio, non trasportava altre sostanze, pur sempre appartenenti alla stessa classe di pericolo 8 ADR.

Con il secondo motivo viene denunziata la violazione dell’art. 2944 cod. civ., nonchè dell’art. 2697 cod. civ. e art. 116 cod. proc. civ.; nonchè dell’art. 183 cod. proc. civ.; nonchè, infine, omesso esame di un fatto decisivo e controverso; il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.

Secondo la società ricorrente, anche a voler ritenere che si versi nella ipotesi della mancanza di qualità promesse, la sentenza aveva errato nel ritenere che l’intervento del 21/11/1997 non dovesse considerarsi fatto interruttivo del decorso della prescrizione, mancando, a suo dire, la possibilità del rilievo d’ufficio.

Esattamente al contrario, siccome confermato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, l’allegazione del fatto interruttivo non costituisce controeccezione in senso proprio, da esternarsi nei termini di cui all’art. 183 cod. proc. civ., bensì deduzione o controeccezione in senso lato, proponibile in ogni tempo e rilevabile d’ufficio dal giudice. Nè sull’intervento in parola e sulla sua valenza potevano nutrirsi dubbi sulla base delle evidenze probatorie.

Il motivo è palesemente fondato.

La sentenza d’appello nel ritenere che l’intervento del 21/11/1997, sussumibile nella categoria degli atti interruttivi, sub specie del riconoscimento del vizio, avrebbe dovuto essere allegato nei termini di cui all’art. 183 cod. proc. civ., nel testo vigente al tempo del processo, si pone in immotivato contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità, la quale ha avuto modo di reiteratamente chiarire che l’eccezione di interruzione della prescrizione integra un’eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza di parte possa giustificarsi in ragione della rilevabilità soltanto ad istanza di parte dell’eccezione di prescrizione, giacchè non ha fondamento di diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di un’eccezione in senso stretto quello di una controeccezione, quale l’interruzione della prescrizione (cfr., S.U., n. 15661, 27/7/2005, Rv. 583491).

Con il terzo motivo viene allegata la violazione degli artt. 2943, 2944 e 2945 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; nonchè violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., art. 118 disp. att. cod. proc. civ. (motivazione apparente) e, comunque, omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5.

Chiarisce la ricorrente, non era affatto vero che tra l’intervento del 21/11/1997 e la notifica del ricorso per accertamento tecnico preventivo, risalente all’11/1/1999, la Campioni non aveva posto in essere atti idonei ad interrompere il decorso annuale della prescrizione. Risultavano essere state depositate, infatti, relazione risalente al 23/2/1998, descrittiva della condizione delle due autocisterne ed in particolare della loro riscontrata inidoneità, lettera di messa in mora del 7/7/1998 a firma del legale della acquirente, relazione tecnica a firma dell’ingegnere Giandomenico Villa del 4/9/1998.

Conclude la ricorrente che “la sentenza di appello è così incorsa nel vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, e nel contempo nella violazione ed erronea applicazione degli artt. 2943, 2944 e 2945 cod. proc. civ.. Se infatti i documenti sopra trascritti e le difese formulate dall’odierna ricorrente in grado di appello fossero stati esaminati dalla Corte territoriale, l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Nuova Mannaro (nella denegata ipotesi la prescrizione annuale fosse in concreto applicabile) sarebbe stata rigettata, è la domanda proposta dall’odierna ricorrente sarebbe stata accolta”.

La censura merita pieno accoglimento.

La Corte anconetana asserisce, in forma lapidaria, “che dopo l’effetto interruttivo sarebbe decorso comunque il termine prescrizionale sino alla notifica dell’ATP”. Per contro la ricorrente elenca, con puntuale indicazione della allocazione del documento o riportando il contenuto dello stesso, soddisfacendo così al principio di autosufficienza, una pluralità di atti, la cui valenza eventualmente interruttiva non consta essere stata presa in alcuna considerazione dalla statuizione.

Con il quarto motivo il ricorso lamenta la violazione degli artt. 1495 e 2946 cod. civ., nonchè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. cod. proc. civ. (motivazione apparente); in subordine, omesso esame di un fatto controverso e decisivo; il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nn. 3, 4 e 5.

La Corte territoriale, secondo l’assunto impugnatorio, dopo avere correttamente escluso che l’intervento del 21/11/1997 aveva avuto natura novativa, “in modo del tutto sbrigativo e apodittico e con motivazione soltanto apparente aveva ritenuto implicitamente di escludere che detto intervento producesse l’effetto di rendere applicabile l’ordinario termine decennale di prescrizioni”. Ciò aveva importato la violazione degli artt. 1495 e 2946 cod. civ.. Con la sentenza di legittimità, emessa a sezione unite, numero 13294 del 21 giugno 2005, deduce la ricorrente, “l’impegno fornito dal venditore di eliminare i vizi che rendano la cosa inidonea all’uso cui è destinata (…), pur non dando vita di per sè ad una nuova obbligazione estintiva-sostitutiva dell’originaria obbligazione di garanzia, comunque consente al compratore di essere svincolato dai termini di decadenza ed alle condizioni di cui all’art. 1495 cod. civ., ai fini dell’esercizio delle azioni edilizie previste in suo favore”. L’impegno del venditore a riparare la cosa viziata “non rappresenta un quid novi con effetto estintivo-modificativo della garanzia, ma semplicemente un quid pluris che serve ad ampliarne le modalità di attuazione: concretando l’impegno assunto dal venditore un tentativo di far ottenere al compratore il risultato che quest’ultimo aveva il diritto di conseguire fin dalla conclusione del contratto di compravendita”.

Ciò premesso, una volta accertata l’esistenza dell’intervento del 17 novembre 1997, la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere applicabile l’ordinaria prescrizione decennale. Infine la ricorrente rappresenta che la Corte d’appello aveva omesso l’esame delle difese prospettate sulla questione, alle pagine da 11 a 13 della comparsa di risposta in appello, così dando vita solo ad una parvenza di motivazione, tale da non aver potuto celare l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo.

Il motivo non merita di essere accolto.

L’asserto propugnato dal ricorrente contrasta con l’orientamento di legittimità, che ha trovato suggello della decisione delle S.U. emessa il 13/11/2012 (la n. 19702, Rv. 624018), pienamente condiviso da questa Corte, secondo il quale qualora il venditore si impegna ad eliminare i vizi e l’impegno sia accettato dal compratore, sorge un’autonoma obbligazione di facere, che, ove non estingua per novazione la garanzia originaria, a questa si affianca, rimanendo ad essa esterna e, quindi, non alterandone la disciplina. Ne consegue che, in tale ipotesi, anche considerato il divieto dei patti modificativi della prescrizione, sancito dall’art. 2936 cod. civ., l’originario diritto del compratore alla riduzione del prezzo e alla risoluzione del contratto resta soggetto alla prescrizione annuale, di cui all’art. 1495 cod. civ., mentre l’ulteriore suo diritto all’eliminazione dei vizi ricade nella prescrizione ordinaria decennale”.

All’epilogo consegue la cassazione con rinvio della sentenza gravata. Il Giudice del rinvio, oltre a decidere in ordine ai motivi accolti, adeguandosi agli esposti principi, regolerà le spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

accoglie il secondo ed il terzo motivo, rigetta il primo ed il quarto; cassa e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2017

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