Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14005 del 04/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 14005 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: STILE PAOLO

SENTENZA

sul ricorso 12217-2009 proposto da:
NATALE CARMINIO NTLCMN37L26H501B, gia’ elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DELLE PROVINCE 37, presso
lo studio dell’avvocato ABBRUZZO ROSAMARIA,
rappresentato e difeso dall’avvocato GENCARELLI
ELVIRA, giusta delega in atti e da ultimo domiciliato
2013
‘706

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE;
– ricorrente contro

CASA DEI LATTICINI MICOCCI DI ANTONIO MICOCCI S.A.S.

Data pubblicazione: 04/06/2013

05401101000,

MICOCCI

PAOLO

DISTRIBUZIONE

S.A.S.

05752971001, in persona dei legali rappresentanti pro
tempore, domiciliati in ROMA, VIA F. DELL’ANNO 10,
presso lo studio dell’avvocato ALBERTO MARIO MOTO,
rappresentati e difesi dall’avvocato LUIGI IMPERIA,

– controri corrente –

avverso la sentenza n. 7538/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 10/06/2008 r.g.n. 4009/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/02/2013 dal Consigliere Dott. PAOLO
STILE;
udito l’Avvocato GENCARELLI ELVIRA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per
l’accoglimento terzo motivo per quanto di ragione,
rigetto degli altri.

giusta delega in atti;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Roma Natale Carminio conveniva in giudizio le s.a.s.
CASA DEI LATTICINI MICOCCI e MICOCCI PAOLO DISTRIBUZIONE, per
le quali asseriva di aver svolto la prestazione lavorativa di trasportatore,
chiedendone la condanna, in solido o pro quota, al pagamento della somma

periodo 4.1.93/25.9.00, oltre accessori e spese.
L’adito Tribunale rigettava la domanda, ritenendo non provati i crediti
asseritamente vantati dal ricorrente.
Avverso tale decisione proponeva appello il Carminio, insistendo nelle proprie
pretese.
Le appellate si costituivano resistendo al gravame.
Esperita ulteriore istruttoria testimoniale, con sentenza del 12 novembre 2007/10
giugno 2008 la Corte d’appello di Roma rigettava l’impugnazione, in difetto di
elementi di prova circa la responsabilità delle società “per i supposti debiti in
questione”.
Per la cassazione di tale pronuncia ricorre Natale Corminio con tre motivi.
Resistono le s.a.s. CASA DEI LATTICINI MICOCCI e MICOCCI PAOLO
DISTRIBUZIONE con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente, denunciando omesso esame da parte del
Giudice di un fatto decisivo per la decisione (art. 360 n. 5 c.p.c.), “con
conseguente violazione della struttura e della logica del sistema che ispira la
disciplina probatoria”, ritiene sussistere una omessa valutazione, da parte della
Corte di merito, dell’efficacia di prova legale dei prospetti paga nei confronti del
datore di lavoro, con la cui produzione in giudizio egli afferma aver pienamente
assolto all’onere probatorio su di lui gravante circa la dimostrazione dell’unicità e
continuità del rapporto di lavoro prestato alle dipendenze cli diverse società,
succedutesi nel tempo per effetto del trasferimento d’azienda ex art. 2112 cc.

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specificamente indicata per differenze retributive dirette ed indirette, maturate nel

Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.), lamenta che i Giudici di merito
abbiano fornito un apprezzamento dei fatti e delle prove raccolte senza disporre
un adeguato confronto tra le deposizioni testimoniali (inerenti all’orario di lavoro
osservato dal ricorrente e le mansioni espletate) ed i documenti allegati, dal cui
insieme sarebbero emersi “elementi inconfutabili” circa l’avvenuto trasferimento

dell’azienda Micocci Pietro (primo datore di lavoro del ricorrente) in capo alle
società costituite dai figli del medesimo: la CASA dei LATTICINI di ANTONIO
MICOCCI. S.a.s. e la PAOLO MICOCCI DISTRIBUZIONE S.a.s.
Con il terzo motivo, infine, il Cetrminio, denunciando omessa motivazione su un
punto fondamentale per la decisione della controversia (art. 360 n. 5 c.p.c.),
sostiene che il Giudice d’appello avrebbe omesso di valutare sia il comportamento
processuale delle società convenute, sia i loro scritti difensivi ed i fatti ammessi e
non contestati ivi contenuti, i quali, alla luce del fatto controverso oggetto di
causa, avrebbero assunto rilevanza a favore delle vantate pretese.
Il ricorso, pur valutato nelle sue diverse articolazioni, è infondato.
Giova puntualizzare che la Corte territoriale, a sostegno della decisione, ha
osservato che il Carminio aveva affermato, in ambedue i gradi di giudizio, di aver
prestato la sua attività lavorativa per la “famiglia MICOCCI”, citando, in modo
peraltro indifferenziato, le diverse imprese e società succedutesi nel tempo e
facenti capo al “gruppo MICOCCI”.
Ha aggiunto che, sin dalla memoria costitutiva depositata in primo grado, peraltro,
le convenute avevano sostenuto e documentato, una (CASA DEI LATTICINI) di
non aver avuto alcun rapporto con il Carminio e l’altra (MICOCCI PAOLO
DISTRIBUZIONE) di aver assunto il lavoratore soltanto il 13.10.99 (circostanza
fra l’altro neppure contestata dall’attore) negando inoltre qualsiasi continuità o
successione d’azienda rispetto alle precedenti entità giuridiche eventualmente
titolari di rapporti con esso Carminio.
Ha, quindi coerentemente, soggiunto che a fronte di tale contestazione spettava a
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quest’ultimo dare la prova della successione ex art. 2112 c.c. tra le varie società
del “gruppo” (che, come tale, non ha personalità giuridica, o quanto meno di
“rami” di azienda) ovvero la sussistenza di altre situazioni giuridiche di
successione nei debiti, tale da giustificare la vocatio in ius delle odierne
convenute.
La prospettazione attorea —prosegue il Giudice d’appello- era stata invece, sul

punto, piuttosto confusa, non essendo stati nemmeno esposti modi e tempi degli
asseriti eventi successori e, in ogni caso, nessuno dei testi assunti aveva saputo
riferire alcunché al riguardo; sicché, prima ancora che per difetto di prova sugli
elementi caratterizzanti il rapporto di lavoro, la domanda andava respinta per dette
considerazioni.
Da quanto esposto emerge che il Giudice del gravame, alla luce di un’analisi delle
prove acquisite, è pervenuto alla conclusione dell’omesso adempimento da parte
del ricorrente dell’onere probatorio sullo stesso gravante in ordine all’esistenza
del trasferimento d’azienda o altro motivo di collegamento che potesse legittimare
la fondatezza della sua pretesa nei confronti delle società convenute in giudizio
nella qualità di società succedutesi nel tempo ex art. 2112 cc.
Sul punto, anzi, la Corte d’appello, nel motivare le ragioni del proprio
convincimento, si è preoccupata di porre in evidenza l’avvenuta valutazione
comparativa delle acquisizioni testimoniali e delle allegazioni documentali offerte
dal ricorrente, ivi compresi, evidentemente, i prospetti paga, di cui si fa menzione
nel ricorso in esame.
A tal proposito, giova ricordare il costante orientamento giurisprudenziale di
questa Corte, secondo cui il giudice di legittimità6oL i nei casi in cui viene dedotto
un vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata, non ha
il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo
vaglio, bensì la sola facoltà di controllo (sotto il profilo della correttezza giuridica
e della coerenza logico formale) delle argomentazioni svolte dal giudice del
merito, l’unico al quale spetta, in via esclusiva, il compito d’individuare le fonti
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del proprio convincimento, d’assumere e valutare le prove, di controllarne
l’attendibilità e la concludenza, di scegliere tra le complessive risultanze del
processo quelle ritenute maggiormente idonee ad acclarare i fatti oggetto della
controversia, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di
prova acquisiti (v. per tutte, Cass. Sez. un. 27 dicembre 1997 n. 13045).
La Corte d’appello, come appena chiarito, nell’ambito della libera valutazione di

tutte le prove documentali e testimoniali assunte, ha adeguatamente motivato la
decisione a cui è giunta, ponendo in evidenza, sia pure in maniera sintetica, i
passaggi logici della stessa, ossia: l’inesistenza della prova del fatto dedotto dal
ricorrente,vale a dire il trasferimento d’azienda intercorso tra le predette società ed
i precedenti datori di lavoro, stante le generiche e parziali dichiarazioni dei testi
escussi sia in primo che in secondo grado grado;

l’inadempimento

dell’appellante-ricorrente di dimostrare la legittimazione passiva delle convenute,
ai fini di giustificare una successione nei debiti e dare fondamento alle avanzate
pretese retributive.
In tal senso, dunque, appare evidente l’infondatezza del ricorso, posto che —
come si è detto – la libertà del giudice di attingere il proprio convincimento da
quelle risultanze di prove che considera idonee al suo convincimento (ivi
compresi il contenuto gli scritti difensivi di ciascuna delle parti o il loro
comportamento processuale) fa sì che il giudice di merito non incorre in alcun
vizio di motivazione quando –a voler dare più preciso riscontro ai motivi di
ricorso- non ritiene probante circostanze, come la non contestazione di un fatto o
il comportamento processuale di una parte (quale la mancata presenza in sede di
interrogatorio libero), soprattutto nei casi in cui il suo convincimento e la sua
motivazione decisoria, risultino essersi formati attraverso una valutazione di vari
elementi processualmente acquisiti e considerati nel loro complesso.
Per quanto precede, non ravvisandosi nell’iter argomentativo, presente nella
impugnata pronuncia, i vizi e le violazioni denunciati dal Carminio, il ricorso va
rigettato.
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Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di questo giudizio,
liquidate in 50,00 per esborsi ed in C 3.000,00 per compensi professionali, oltre

Roma, 26 febbraio 2013.

accessori di legge.

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