Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14004 del 24/06/2011

Cassazione civile sez. II, 24/06/2011, (ud. 02/02/2011, dep. 24/06/2011), n.14004

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7399-2009 proposto da:

E.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PANARITI

PAOLO, che lo rappresenta e difende giusto mandato a margine della

memoria ex art. 378;

– ricorrente –

contro

M.E., R.G.M., RO.GI.MA.,

R.O., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZALE CLODIO 1,

presso lo Studio dell’avvocato RIBAUDO SEBASTIANO, che li rappresenta

e difende unitamente all’avvocato PULERI GAETANO, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 742/2008 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA del

18/06/08, depositata 1’08/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Panariti Paolo, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che nulla

osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza 8 luglio 2008, la Corte di appello di Brescia, in riforma di sentenza del tribunale di Bergamo, ha dichiarato l’avvenuto trasferimento, in forza di scrittura privata, da E. L. a R.L. di beni immobili siti in (OMISSIS), distinti in catasto con i mappali 622, 1166, 231, 2332 per circa diciottomila mq, con sovrastante casa e annesso capannone agricolo, come indicati nella scrittura privata del 24 ottobre 2000.

La Corte territoriale ha ritenuto valida ed efficace la scrittura privata e ha disatteso l’eccezione di inadempimento relativa al mancato versamento di caparra da L. 100 milioni, trattandosi di eccezione sollevata solo in comparsa conclusionale e ambiguamente formulata.

Ha altresì ritenuto che il timore di possibile riscatto agrario da parte dei confinanti non era comunque idoneo a incidere sulla validità del contratto.

Il venditore E. nel marzo 2009 ha proposto ricorso per cassazione con due motivi.

Lo ha rivolto a R.L. “e per lui agli eredi impersonalmente essendo lo stesso deceduto”, con notifica presso il procuratore costituito nel giudizio di secondo grado.

Si sono costituiti con controricorso M.G., Gi.

M. e R.O. dichiarandosi figli legittimare di R. L. e la coniuge superstite, signora M.E..

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Il ricorso è inammissibile.

Esso consta di due motivi: a) violazione dell’art. 1460 c.c.; b) vizi di motivazione “con riferimento all’inadempimento contrattuale da parte del sig. R.”.

I due motivi si concludono con unico quesito di diritto, che chiede alla Corte di Cassazione di stabilire “se in base agli art. 1209 c.c., art. 1460 c.p.c., e art. 360 c.p.c., n. 3 e 5 sussista o meno nei documenti agli atti la formalizzazione di un contratto preliminare di vendita con riferimento alla scrittura privata dell’ottobre 2000 e se il sig. R. sia o meno inadempiente contrattualmente non avendo versato alcunchè come pure risulta dall’atto di diffida”.

Siffatto quesito è del tutto inidoneo a soddisfare i requisiti previsti dalla normativa applicabile ratione temporis al ricorso.

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass 19769/08). Pertanto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità’ di enunciare una “regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata (SU 26020/08).

Ne consegue che deve essere dichiarato inammissibile il ricorso nel quale, come nella specie il Collegio rileva, il quesito di diritto si risolva in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata, poichè la citata disposizione è finalizzata a porre il giudice della legittimità in condizione di comprendere – in base alla sola sua lettura – l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e di rispondere al quesito medesimo enunciando una “regula iuris”.(Cass. 2658/08).

Quanto al motivo che espone omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360, n. 5, si rileva la mancata indicazione del fatto controverso su cui cadrebbe il vizio di motivazione. In proposito la giurisprudenza (SU n. 20603/07; Cass 4309/08; 16528/08) ha chiarito che la censura ex art. 360 n. 5 deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, per consentire una pronta identificazione delle questioni da risolvere; deve consistere pertanto in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366-bis, quale sia fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e quali siano le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione.

Questi rilievi già svolti nella relazione comunica ex art. 380 bis c.p.c., sono pienamente condivisi dal Collegio.

La relazione ha ineccepibilmente evidenziato anche il difetto di autosufficienza del ricorso per cassazione. Il ricorrente che deduce l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di atti processuali o documentali ha l’onere di indicare – mediante l’integrale trascrizione di detti atti nel ricorso – la risultanza che egli asserisce essere decisiva e non valutata o insufficientemente considerata, atteso che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza necessità di indagini integrative (Cass. 11886/06; 8960/06; 7610/06).

Nella specie è stata omessa la completa e testuale trascrizione della scrittura di cui si invoca una diversa lettura e che rileva per entrambi i motivi di ricorso, giacchè anche il primo si risolve in realtà nella richiesta di una rilettura degli atti di causa, inammissibile in questa sede se non sotto il profilo del vizio di motivazione.

Mette conto in proposito rilevare che quanto alla conclusione del contratto, messa in dubbio dalla memoria (pag 5), la sentenza impugnata aveva rilevato i motivi per i quali riteneva che il consenso era da ritenersi prestato scambievolmente, specificando che ciò era avvenuto quantomeno con la produzione in giudizio della scrittura, affermazione rimasta non censurata.

Da ultimo con riguardo all’asserito mancato pagamento della caparra è rimasta senza censura l’affermazione ineccepibile, che la relativa eccezione non poteva essere sollevata in comparsa conclusionale, peraltro in maniera definita ambigua dal giudice di appello.

La memoria ex art. 380 epe, che non può supplire alle carenze del ricorso, invano deduce che la eventuale tardività doveva essere eccepita dalla parte, posto che nel rito novellato dalla L. n. 353 del 1990 la novità di domande ed eccezioni proposte oltre i limiti di cui agli artt. 183 e 184 c.p.c. è rilevabile di ufficio. I motivi proposti risultano pertanto sotto ogni profilo inidonei a scalfire la sentenza impugnata.

L’inammissibilità del ricorso rende superflua (SU 6826/2010) ogni questione circa la rituale integrazione del contraddittorio.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in Euro 6.000 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile tenuta, il 2 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2011

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