Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14003 del 24/06/2011
Cassazione civile sez. II, 24/06/2011, (ud. 02/02/2011, dep. 24/06/2011), n.14003
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 6374-2009 proposto da:
C.A.M.M. (OMISSIS), elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DI PIETRALATA 320, presso lo studio
dell’avvocato MAZZA RICCI GIGLIOLA, rappresentata e difesa
dall’avvocato PRIGNANO MARCELLO, giusta procura speciale a margine
del ricorso;
– ricorrente –
contro
V.M.R. (OMISSIS), D.B.G.
(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MUZIO
CLEMENTI N. 9, presso lo studio dell’avvocato RAGUSO GIUSEPPE,
rappresentati e difesi dall’avvocato CLEMENTE NATALE, giusta procura
speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 173/2008 della CORTE D’APPELLO di BARI
dell’8/02/08, depositata il 19/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
02/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;
udito l’Avvocato Caruso Giuseppe,(delega avvocato Natale Clemente),
difensore dei controricorrenti che si riporta agli scritti e deposita
copia della cartolina postale;
è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che nulla
osserva.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Nel 1994 V.M.R. e D.B.G. chiedevano il rispetto delle distanze legali dal proprio terreno sito in (OMISSIS), particella n. 855, asseritamente violate dalla costruzione edificata da C.A.M. e R., anche occupando parte del loro terreno.
Veniva convenuto in giudizio anche il comune di (OMISSIS), che aveva venduto ai convenuti parte dell’area su cui era sorta la costruzione.
La domanda veniva accolta dal tribunale di Lucera, che “estrometteva dal giudizio” il Comune e condannava i convenuti alla demolizione delle opere illegittimamente realizzate. La sentenza veniva impugnata in via principale dalla sola C.A.M. e in via incidentale dai V. – D.B..
La Corte d’appello di Bari confermava il rigetto delle domande nei confronti dell’ente locale e dichiarava la carenza di legittimazione del coniuge della signora C., spontaneamente costituitosi in primo grado. Ribadiva, con diversa motivazione, la condanna della convenuta.
C.A.M. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi.
I signori V. – D.B. hanno resistito con controricorso.
Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. Parte ricorrente ha depositato memoria.
I motivi del ricorso, soggetto ratione temporis alla disciplina novellatrice di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, sono in ammissibilmente formulati.
Il primo motivo denuncia “insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso (occupazione di suolo altrui) e decisivo per il giudizio”.
In memoria la ricorrente ha ribadito che il fatto controverso consiste nella “contestazione da parte della ricorrente che con la realizzazione del corpo scala abbia occupato una parte della p.lla 855”.
Come ha rilevato il giudice relatore, in tal modo risulta incompleta e insoddisfacente la indicazione del fatto controverso, che deve consistere in un momento di sintesi in cui siano indicate anche quali sono le ragioni per cui la motivazione e inidonea sorreggere la decisione.
Al di là delle indicazioni di cui in memoria, si potrebbe osservare che la parte finale del motivo contiene una sorta di sintesi della censura. Essa lamenta che la motivazione si fonderebbe “su dati tecnici non convincenti” e sarebbe contraddittoria perchè non avrebbe disposto una più accurata indagine, nonostante la non corrispondenza dei rilievi con la mappa.
Anche riguardato in questa ottica, il motivo risulta inammissibile.
Esso infatti si risolve nella richiesta, inammissibile in sede di legittimità, di una rivisitazione nel merito delle doglianze a suo tempo svolte.
Non è vero, al contrario di quanto dedotto in memoria, che la motivazione della sentenza sia rinvenibile solo in quella parte, riportata a pag. 5 del ricorso – identificabile nella fine di pag. 7 e inizio di pag 8 della motivazione. Ivi si trova solo la parte conclusiva della motivazione dei giudici di appello, che però avevano in precedenza, pagg. 6 e 7, attentamente esaminato e disatteso le doglianze riproposte in sede di legittimità. Si era dato conto dello scrupolo del consulente nell’escludere e dar ragione della necessità di un ulteriore rilievo celerimetrico e si era, con argomentazione congrua e logica, osservato che ciò non impediva di stabilire che, essendo state assentite le opere edificate sul confine, quelle ulteriori, non assentite, non potevano che ricadere al di là del confine, come da denuncia di parte attrice.
Nè la censura evidenzia illogicità di questa parte della sentenza.
Tale non è la esistenza di una particella comunale (la n. 897) tra i due fondi. Ciò che rileva è infatti lo sconfinamento all’interno della proprietà degli attori, identificabile con quella parte di manufatto edificata nel loro terreno.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile, giacche, come rilevato dalla relazione preliminare, denuncia incongruamente falsa applicazione dell’art. 938 c.c. e insufficiente motivazione. Quanto a tale secondo profilo, rileva in primo luogo, con evidenza priva di incertezze, ex art. 366 bis epe, l’omessa indicazione del fatto controverso.
Quanto alla censura di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, la relazione ha opportunamente osservato che parte controricorrente ha rilevato che il quesito posto prescinde dall’accertamento svolto e dalle motivazioni poste nella sentenza d’appello, sicchè manca della indispensabile concretezza.
Il quesito così recita: “La buona fede che ai sensi dell’art. 938 c.c. consente al costruttore di far proprio il suolo altrui occupato con pagamento del doppio del valore del suolo stesso, può ritenersi provata con la oggettiva incertezza della situazione catastale dei luoghi e tenendo conto della avvenuta elaborazione progettuale e del rilascio della, concessione edilizia sul suolo oggetto di occupazione? ” Come è palese, il quesito non evidenzia un errore di sussunzione della fattispecie, giacchè è ben possibile, in relazione a peculiari circostanze della singola fattispecie, che sebbene il costruttore abbia ottenuto concessione edilizia in relazione al progetto, egli si trovi in condizione di malafede nell’invadere aree altrui.
In secondo luogo il quesito (e con esso il motivo) non considera e non attacca un profilo decisivo della sentenza, che attiene alla costruzione dell’opera di cui è stata ordinata la demolizione (corpo scala) in totale difformità dal progetto, tale da far ipotizzare ai giudici di appello che la ricorrente abbia agito con piena consapevolezza dell’illecito.
Dunque il quesito, in quanto non concreto e non decisivo, risulta inammissibile.
Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese – di lite liquidate in Euro 2.500 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile tenuta, il 2 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2011