Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14002 del 04/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 14002 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA

sul ricorso 7326-2010 proposto da:
BENIGNO

GIACOMO

BNGGCM71T3OL682W,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 38, presso lo
studio dell’avvocato DE FRANCESCO GIOVANNI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO
BRIGHINA, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2012
contro

4281

WHIRLPOOL EUROPE S.R.L. 01534610124, in persona del
legale rappresentante pro tempore, domiciliata in
ROMA,

PIAZZA

MAZZINI

27,

presso

lo

studio

Data pubblicazione: 04/06/2013

’UttlidESEIStigEESI

PMTCRRP

TRIFIRO’

&

PARTNERS,

rappresentata e difesa dagli avvocati FAVALLI
GIACINTO, ZUCCHINALI PAOLO, COSCIA GIORGIO, giusta
delega in atti;
– contrari corrente –

di MILANO, depositata il 29/06/2009 r.g.n. 64/09;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/12/2012 dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PAGETTA;
udito l’Avvocato BRIGHINA ANTONIO;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega COSCIA
GIORGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso. —-

avverso la sentenza n. 553/2009 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 29 giugno 2009 la Corte di appello di Milano ha respinto la
impugnazione proposta da Giacomo Benigno avverso la sentenza di primo grado
che aveva accertato la legittimità del licenziamento per motivi disciplinari intimatogli
dalla datrice Whirpool Europe s.r.l. . I giudici di appello hanno ritenuto provate

all’indirizzo del capo reparto Porrini e il rifiuto ingiustificato di svolgere i compiti
assegnati dal detto caporeparto. Quanto alle prime, sottolineata la particolare gravità
della minaccia contenente un riferimento di morte, ed il fatto che essa era stata
formulata nei confronti di un superiore alla presenza di altri dipendenti, hanno
evidenziato che tale condotta, di per sé sola, configurava una giusta causa di
licenziamento ; hanno richiamato a tal fine l’obbligo del datore di lavoro di
preservare l’integrità fisica e morale dei dipendenti ( art. 2087 cod. civ. ) ,di
assicurare la serenità dell’ambiente di lavoro e la credibilità e autorevolezza di chi ha
compiti di direzione e controllo del personale : hanno poi, considerato che tale
condotta” scuoteva” in modo irreparabile la fiducia del datore di lavoro, tanto più se
il lavoratore nel biennio precedente era stato già ripetutamente sanzionato, anche con
il più grave dei provvedimenti conservativi, uno dei quali per un episodio, recente,
di aggressione verbale verso un superiore. Hanno quindi evidenziato che le sanzioni
richiamate non erano state impugnate e che pertanto conservavano la loro efficacia
fino al momento della eventuale revoca datoriale o del venir meno della loro validità
per effetto di pronuncia giudiziale costitutiva.
Quanto al secondo episodio i giudici del gravame hanno osservato che il rifiuto a
svolgere le mansioni assegnate dal capo reparto era del tutto ingiustificato atteso che
l’assegnazione alle stesse risultava giustificata dalla esigenza di addestramento del
personale in caso di necessità sostituzione alla postazione di lavoro in questione;
hanno rilevato che le nuove mansioni pur più gravose delle precedenti non erano
pericolose come sostenuto dal Benigno ; a tal fine hanno precisato che i rilievi

entrambe le condotte oggetto di addebito e cioè le espressioni minacciose

formulati dalla Azienda sanitaria locale competente, invocati dal lavoratore, non
concernevano la postazione in oggetto ma attenevano a fasi precedenti di lavorazione.
In merito poi alla produzione documentale dell’appellante hanno rilevato la
inammissibilità di quella (” doc. 48 bis / doc. 52) già ritenuta tardiva dal giudice di
prime cure, con valutazione non investita da gravame ; quanto alla ulteriore

attinente ad epoca successiva al verificarsi dei fatti oggetto di addebito.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Giacomo Benigno in base a sei
motivi . L’intimata ha depositato controricorso. Parte ricorrente ha depositato
memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. .
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 comma
primo n. 5 cod. proc. civ., la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in
ordine a fatti decisivi della controversia. Afferma che la ricostruzione delle
circostanze in cui era stata pronunziata la frase minacciosa, omette di considerare”
importanti e decisive risultanze processuali” e che tale ricostruzione risulta comunque
necessariamente falsata per non avere i giudici di appello, come riconosciuto nella
sentenza impugnata, potuto esaminare i verbali delle deposizioni testimoniali — non
essendo tempestivamente pervenuto il fascicolo di primo grado — e per avere quindi
fondato la ricostruzione sulla base della decisione di primo grado e degli atti delle
parti. Deduce in particolare l’errore nel quale sarebbe incorsa la decisione nel ritenere
che la minaccia all’indirizzo del capo reparto era stata formulata in presenza di altri
dipendenti in quanto dalle deposizioni testimoniali risultava che l’episodio si era
svolto nell’ufficio del Porrini, alla presenza oltre che di questi, del Responsabile della
produzione e del Responsabile delle relazioni sindacali, entrambi di grado gerarchico
superiore al caporeparto. Non sussisteva quindi il paventato pericolo per la credibilità
e autorevolezza del capo reparto.
Quanto al precedente specifico — aggressione verbale nei confronti di un superioreevidenzia che l’episodio era stato generato da un clima di ambiguità dovuto
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documentazione ne hanno affermato la irrilevanza trattandosi di documentazione

all’atteggiamento della società che non aveva mai comunicato chi avesse ruolo di
responsabilità nel reparto e ciò in violazione di specifica disposizione collettiva .
Richiama a tal fine la lettera di giustificazione inviata in quella occasione . Richiama
ulteriore documentazione relativa al ricorso presentato dal lavoratore alla
Commissione arbitrale, in opposizione alla sanzione per contestare l’affermazione

Il motivo non è fondato . Il mancato esame del fascicolo di ufficio di primo grado
tardivamente pervenuto non assume in sé rilievo non avendo parte ricorrente offerto
elementi idonei a dimostrare che ciò ha comportato il mancato o insufficiente esame
di punti decisivi, desumibili dal ragionamento dei giudici di appello quale espresso
nella sentenza impugnata. E’ utile a tal fine ricordare che secondo l’insegnamento di
questa Corte L’acquisizione del fascicolo di ufficio di primo grado, ai sensi dell’art.
347 cod. proc. civ., è affidata all’apprezzamento discrezionale del giudice
dell’impugnazione, sicché l’omessa acquisizione, cui non consegue un vizio del
procedimento di secondo grado né della relativa sentenza, può essere dedotta come
motivo di ricorso per cassazione solo ove si adduca che il giudice di appello avrebbe
potuto o dovuto trarre dal fascicolo stesso elementi decisivi su uno o più punti
controversi della causa, non rilevabili “aliunde” e specificamente indicati dalla parte
interessata. ( Cass. 366 del 2010). La contestazione in ordine alla ricostruzione
fattuale operata dai giudici del gravame con riferimento alla circostanza della
presenza di altri dipendenti della società risulta priva di pregio alla luce della stessa
prospettazione di parte ricorrente posto che non è comunque in discussione che sia il
Responsabile della produzione sia il Responsabile delle relazioni sindacali presenti
all’episodio delle minacce erano comunque dipendenti della società . In ogni caso
l’assunto è già in astratto inidoneo a concretare il vizio motivazionale prospettato
atteso che i giudici di merito, nella valutazione della giusta causa di licenziamento ,
non si sono limitati a considerare solo i riflessi negativi che sugli altri lavoratori
potevano avere le espressioni minacciose al caporeparto, ma hanno fondato tale
valutazione anche sull’obbligo del datore di lavoro, ex art.. 2087 cod. civ., di
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contenuta in sentenza in ordine alla non impugnazione del precedente disciplinare.

preservare l’integrità fisica e morale dei dipendenti ( art. 2087 cod. civ. ) e di
assicurare la serenità dell’ambiente di lavoro . Quanto al precedente comportamento
di aggressione che parte ricorrente deduce giustificato dall’ambiguità
dell’atteggiamento datoriale in ordine alla individuazione del responsabile del reparto
si rileva che tali circostanze, anche ove sussistenti, non sarebbero comunque decisive,

in rilievo solo tale episodio ma il complesso delle condotte costituenti recidiva.
Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360,
comma 1, n. 3 , cod. proc. civ. , la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod.
proc. civ. per avere la Corte territoriale posto a fondamento della decisione le
indicazioni della sentenza di primo grado e le frasi riportate nel ricorso in appello e
nella memoria difensiva della società. Il motivo è inammissibile per la sua genericità
occorrendo la specifica indicazione delle circostanze trascurate e la illustrazione
della relativa decisività. Secondo il consolidato orientamento di questa Suprema
Corte (cfr., ad esempio, Cass. 28 luglio 2004 n. 14262), nel caso in cui, con il ricorso
per Cassazione, venga dedotta l’incongruità o l’illogicità della sentenza impugnata per
l’asserita mancata o erronea valutazione di risultanze processuali, è necessario, al fine
di consentire al Giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non
valutata (o insufficientemente o erroneamente valutata), che il ricorrente precisi,
mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso, la risultanza che egli
asserisce decisiva e non valutata o insufficientemente valutata, dato che solo tale
specificazione consente alla Corte di Cassazione, alla quale è precluso l’esame diretto
degli atti, di delibare la decisività della medesima, dovendosi escludere che la
precisazione possa consistere in meri commenti, deduzioni o interpretazioni delle
parti.
Con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, comma
1, n. 3, cod. proc. civ. , la violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 cod. civ. e
dell’art. 7 L. n. 300 del 1970 nonché, ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 5 cod.
proc. civ, la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a fatti
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atteso che ai fini della valutazione di proporzionalità dei giudici di merito non viene

del procedimento logico- giuridico posto a base della decisione, mentre non rileva la
mera divergenza tra valore e significato diversi che, agli stessi elementi siano
attribuiti dal ricorrente ed in genere dalle parti ( v., per tutte Cass. S.U. n. 10345 del
1997 ). In altri termini, il controllo di logicità del giudizio di fatto – consentito al
giudice di legittimità — non equivale alla revisione del ” ragionamento decisorio”,

della questione esaminata in quanto siffatta revisione si risolverebbe, sostanzialmente
in una nuova formulazione del giudizio di fatto riservato al giudice del merito e
risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di
legittimità. E’ poi da sottolineare che, come già evidenziato sotto altro profilo
nell’esame del primo motivo di ricorso, la Corte di merito ai fini della verifica della
recidiva ha considerato globalmente le precedenti sanzioni per cui la circostanza
dedotta dell’avvenuta impugnazione di una di esse non è idonea a determinare una
diversa ricostruzione e valutazione dei fatti . E infatti necessario che il vizio di
motivazione una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non fosse stato
compiuto, si sarebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal
giudice del merito e non già la sola possibilità o probabilità d una diversa
ricostruzione ( ex plurimis :Cass. n. 21249 del 2006).
Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 437 cod.
proc. civ. e conseguente carente ed omessa motivazione su un punto decisivo . Il
ricorrente richiamala documentazione prodotta in secondo grado, numerata dal 48 bis
al 52, e deduce di avere esplicitato le ragioni per cui aveva avuto contezza di tale
documentazione solo da qualche giorno ( attesa la pendenza di indagini della Procura
e di procedimento ispettivo non era possibile accedere a detti documenti ).Assume
che la Corte di appello aveva errato omettendo di considerare tali documenti e
confondendoli con quelli prodotti all’udienza di primo grado del 6.2.2008 , non
ammessi dal Tribunale e non riprodotti in appello.
Il motivo è inammissibile. E’ da rilevare che parte ricorrente non riproduce nel corpo
del ricorso, in violazione del principio di autosufficienza, il contenuto di tali
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ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione

documenti né illustra in maniera specifica perché gli stessi debbano considerarsi
decisivi , nel senso sopra precisato ( sulla necessità di specificazione del contenuto
del documento nel ricorso per cassazione, v. Cass. n. 21032 del 2008).
Con il quinto motivo di ricorso parte ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, comma
1, n. 3 , cod. proc. civ. , la violazione e falsa applicazione dell’art. 1460 cod. civ. ,

dell’art.360, n. 5 cod. proc. civ. , con conseguente violazione e falsa applicazione
dell’art. 2119 e art. 7 1 n. 300 del 1970.
Deduce l’errore di applicazione dei principi enunciati sia dall’art. 2087 cod. civ. sia
dall’art. 1460 cod. civ. con conseguente ingiusta applicazione dell’art. 2119 cod.
civ. sotto il profilo della proporzionalità della sanzione disciplinare . Lamenta la
omessa approfondita indagine in ordine al comportamento del datore di lavoro per
avere i giudici di merito omesso l’esame comparativo dei comportamenti delle parti.
Afferma che dai documenti 36 /47 si evince che esso Benigno aveva segnalato alla
Asl problemi di sicurezza e che la Azienda era intervenuta contestando alla società la
violazione di prescrizioni in materia di sicurezza. Deduce inoltre che la sentenza
impugnata aveva trascurato di valutare la gravosità della nuova postazione di lavoro.
Il motivo è inammissibile perché anche in questo caso parte ricorrente tende a
sollecitare un riesame in fatto delle circostanze di causa . E poi da rilevare che dei
documenti richiamati, il cui contenuto è riprodotto nel corpo del ricorso, non è
chiarita la decisività, nel senso di idoneità a dimostrare l’errore dei giudici di merito
che avevano accertato che la postazione di lavoro alla quale era stato assegnato il
Benigno non era pericolosa atteso che le violazioni contestate dalla Asl attenevano
alla precedente fase di lavorazione
Con il sesto motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 5 cod.
proc. civ., la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a fatti
decisivi della controversia con riferimento al rigetto della domanda intesa alla
declaratoria di nullità del licenziamento perché determinala da motivo illecito
antisindacale.
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dell’art. 2087 cod. civ., 1 difetto di esame di punti decisivi della controversia, ai sensi

Si premette che la sentenza impugnata esclude il carattere sindacale del recesso
datoriale sul rilievo della ” oggettività della condotta” . Parte ricorrente, ancora una
volta, tende inammissibilmente a sollecitare un diverso apprezzamento delle
risultanze probatorie invocando alcune circostanze delle quali omette di indicare il
carattere

di

decisività

soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di cui €
50,00 per esborsi e € 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori.

Roma, camera di consiglio del 12 dicembre 2012

Il Consigliere est.

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Consegue il rigetto del ricorso . Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la

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