Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14001 del 24/06/2011

Cassazione civile sez. II, 24/06/2011, (ud. 02/02/2011, dep. 24/06/2011), n.14001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 6078-2009 proposto da:

C.F., F. in C.N., C.

M., C.M.V., L.E., CH. in

LI.ES., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA L. BISSOLATI

76, presso lo studio dell’avvocato GARGANI BENEDETTO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BEVILACQUA ALDO, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

I.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA BANCO DEL S. SPIRITO 48, presso lo studio dell’avvocato

AUGUSTO D’OTTAVI, rappresentata e difesa dall’avvocato GRISI LUCIANO,

giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 193/2008 della CORTE D’APPELLO di TRENTO del

3/07/08, depositata il 17/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato Roberto Catalano, (delega avvocato Benedetto

Gargani), difensore dei ricorrenti che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che nulla

osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La sentenza impugnata riferisce che gli odierni ricorrenti ( C. F. e altri) nel 2004 convenivano in giudizio I. V. per far accertare il loro diritto a realizzare una pavimentazione in asfalto su una strada gravata di servitù di passo in (OMISSIS), particelle ff 912/01 e 906/12. La domanda veniva accolta con sentenza 7 maggio 2007 dal tribunale di Trento.

La Corte d’appello di Tento con sentenza 17 luglio 2008 ha accolto il gravame proposto dalla I. e ha rigettato la domanda dei ricorrenti.

Il ricorso per cassazione è stato notificato il 6 marzo 2009 ed è imperniato su due motivi, che denunciano: 1) violazione delle norme in tema di interpretazione del contratto (art. 1362 e ss c.c.) e vizi di motivazione. 2) violazione degli artt. 1065, 1067 e 1069 c.c. e vizi di motivazione.

Il controricorso con il quale la I. ha resistito all’impugnazione, ha eccepito l’inammissibilità per: a) omessa specifica indicazione degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda; b) omessa formulazione del quesito di diritto; c) contestuale proposizione di censure ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; d) mancata autonoma indicazione del fatto controverso. Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Il ricorso, soggetto ratione temporis alla disciplina novellatrice di cui al D.Lgs n. 40 del 2006, è inammissibile.

Entrambi i motivi espongono violazioni di legge, con riferimento all’art. 360, n. 3; per questa parte dovevano quindi essere conclusi dal quesito di diritto, che è indispensabilmente previsto, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, per l’illustrazione di ciascun motivo nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4). Di detti quesiti non v’è traccia in ricorso, il che rende inammissibile la censura per violazione di legge.

I motivi recano anche doglianze riconducibili ai vizi di motivazione.

E’ ammissibile il ricorso per cassazione nel quale si denunzino con un unico articolato motivo d’impugnazione vizi di violazione di legge e di motivazione in fatto, qualora lo stesso si concluda con una pluralità di quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto (Su 7770/09).

E’ quindi indispensabile che vi sia chiara indicazione del fatto controverso. In proposito la giurisprudenza (SU n. 20603/07; Cass. 4309/08; 16528/08) ha chiarito che la censura ex art. 360, n. 5 deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, per consentire una pronta identificazione delle questioni da risolvere. Anche questa omissione è sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c..

Parte ricorrente sostiene che a pag. 9 del ricorso sarebbe stato formulato il prescritto momento di sintesi, ma così non è, essendo stata ivi esposta la censura per vizio di motivazione integralmente considerata. La parte precedente del motivo era infatti dedicata alla violazione dei criteri di interpretazione del contratto. Nella seconda parte è stata denunciata omessa motivazione circa le clausole contrattuali, essendo stato effettuato un richiamo, reca il ricorso, solo alla clausola che riguardava la disciplina degli oneri conseguenti la manutenzione della strada.

Inoltre la censura è inammissibile perchè non coglie la vera ratio decidendi della sentenza impugnata. La questione decisiva valorizzata dal giudice d’appello è costituita dalla previsione negoziale che venisse mantenuto il fondo naturale della strada di cui i ricorrenti avevano chiesto in citazione la trasformazione mediante asfaltatura.

In proposito la Corte d’appello ha precisato che l’innovazione richiesta, come qualsiasi innovazione. era vietata perchè si risolveva in un aggravamento del peso preesistente.

Solo in un passaggio esplicativo la Corte ha aggiunto che pertanto gli istanti dovevano ovviare al degrado del fondo stradale (ovviamente da intendere così come esistente al momento del sorgere della servitù) mediante opportuna manutenzione, di cui contrattualmente si erano fatti carico.

Orbene, il primo motivo non coglie e non affronta questo profilo decisivo della controversia.

Neppure il secondo motivo, in cui i ricorrenti si soffermano sulla necessità/utilità dell’intervento di asfaltatura in relazione alle condizioni del fondo, a ben vedere, confuta la natura di innovazione dell’intervento stesso. E’ qui del tutto non configurabile un momento di sintesi della censura che valga ad individuare il fatto controverso, in ogni caso mai nitidamente colto nei termini decisivi che sono stati qui indicati. Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in Euro 2.500 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile tenuta, il 2 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2011

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