Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14001 del 08/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 08/07/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 08/07/2016), n.14001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20985/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA CRNRRALR DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CASSIA 35,

presso lo studio dell’avvocato BRUNO PICCAROZZI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato LUIGI PICCAROZZI giusta delega in

atti;

– controricorrente –

e contro

B.N., B.G., B.A., B.

M., B.B. VED. B. in qualità di eredi del

Sig. B.A., elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA

ADRIANA 11, presso lo studio dell’avvocato LUIGI PICCAROZZI, che

li rappresenta e difende giusta delega in calce;

– resistente con memoria di estinzione –

avverso la sentenza n. 38/2011 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 28/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2016 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato PICCAROZZI che ha chiesto

il rigetto e in subordine il rinvio;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA

DECISIONE 1. L’Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, rigettando l’appello dell’Agenzia, ha confermato la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da B.A. avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza presentata il 27.11.2004 ed intesa ad ottenere il rimborso delle ritenute operate dal PIA (Fondo pensione dell’Enel) nel momento in cui il fondo previdenziale predetto gli aveva corrisposto, nell’anno di imposta 2000, dopo che il rapporto di lavoro era cessato il 31.3.1997, la pensione integrativa convertita in capitale a seguito di opzione esercitata dal contribuente, assoggettandola a tassazione separata e operando la ritenuta nella misura del 32,53. Ad avviso del contribuente la somma percepita non avrebbe dovuto essere tassata oppure, in subordine, avrebbe dovuto essere operata la ritenuta del 12,50%, come i redditi di capitale, la cui base imponibile è determinabile secondo le disposizioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 4, (nel testo vigente precedentemente alla riforma del 2004, ora art. 44). La Commissione adita accoglieva la richiesta formulata in via subordinata dal contribuente ed affermava la tassabilità della somma dallo stesso percepita mediante la ritenuta del 12,50%. L’appello dell’Ufficio era rigettato sul rilievo che per i soggetti iscritti a forme pensionistiche complementari prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 124 del 1993, la norma da applicare era quella di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6.

Il contribuente B.A. si è costituito in giudizio con controricorso e, all’esito del decesso del medesimo intervenuto nelle more del giudizio, si sono costituiti in giudizio gli eredi B. B., B.G., B.M. e B.N. depositando memoria.

2. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 42, comma 4 T.U.I.R., L. n. 482 del 1985, art. 6, D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5, convertito dalla L. n. 30 del 1997.

Sostiene la ricorrente che ha errato la CTR nel ritenere applicabile alle somme erogate al B. l’aliquota del 12,50% in quanto avrebbe dovuto operare la distinzione tra le somme riconducibili a sorte capitale e quelle riconducibili a rendimento netto poichè solo queste ultime costituivano reddito da capitale assoggettabile a tassazione con l’aliquota del 12,50%.

3. Con il secondo motivo deduce omessa o insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene la ricorrente che la CTR ha omesso di accertare la natura e la quantità del rendimento liquidato al contribuente e se vi fosse stato impiego sul mercato del capitale accantonato da parte del Fondo.

4. Rileva la corte che va preliminarmente esaminata l’eccezione svolta dal controricorrente, il quale sostiene che il ricorso è inammissibile per l’inesistenza della notifica in quanto la relata risulta sottoscritta da un procuratore dello Stato privo di jus postulandi innanzi alla Corte di Cassazione, laddove, invece, il ricorso è stato sottoscritto da un avvocato dello Stato. L’eccezione è infondata. Invero la L. 21 gennaio 1994, n. 53, che disciplina la facoltà di notificazione di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati (e procuratori legali), dopo aver previsto quali siano i requisiti che deve avere l’avvocato per procedere a dette notifiche, prevede, all’art. 11, che “le notificazioni di cui alla presente legge sono nulle, e la nullità è rilevabile d’ufficio, se mancano i requisiti soggettivi ed oggettivi ivi previsti, se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti, e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della notifica”. Alla stregua del dato letterale è da ritenere che l’attività notificatoria degli avvocati non possa essere ravvisata giuridicamente inesistente e neppure nulla ma si configuri come mera irregolarità. In ogni caso la nullità, quand’anche sussistente, non potrebbe essere dichiarata nella fattispecie poichè è sanata dalla rituale e tempestiva costituzione dell’intimato e, quindi, dal conseguito raggiungimento dello scopo della notificazione (cfr.

Cass., Sez. U, Sentenza n. 1242 del 01/12/2000; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 19577 del 13/09/2006).

5. Venendo all’esame dei motivi di ricorso, si osserva che essi debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica.

Le Sezioni Unite della Corte di legittimità, con la sentenza n. 13642 del 22/06/2011, dirimendo un contrasto sorto in tema di tassazione del trattamento previdenziale integrativo, ha stabilito il principio secondo cui “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino a 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 (T.U.I.R.), solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dai 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 (T.U.I.R.)”.

Va considerato che solo con il D.Lgs. n. 124 del 1993 (art. 13, comma 9, introdotto dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 11) è stato previsto che le prestazioni in forma di capitale, per la parte consentita, e i riscatti di cui all’art. 10, comma 1, lett. c), erogati ai soggetti di cui all’art. 2, comma 1, lett. b), sono comunque soggetti a tassazione separata, qualora i beneficiari fossero soggetti iscritti ad enti di previdenza complementare in epoca successiva all’entrata in vigore del decreto. A decorrere dal 1 gennaio 2001, a norma del D.Lgs. n. 47 del 2000, è stata prevista la tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) sia che si tratti di prestazioni in forma di capitale che di rendita sicchè non è più consentito distinguere tra capitale e rendimento e le polizze vanno assoggettate nella loro interezza al regime della tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a).

Per gli importi maturati precedentemente il trattamento tributario delle prestazioni erogate non è indipendente dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse poichè occorre distinguere tra il capitale, costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore, e il rendimento netto, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato. Possono essere tassate in modo analogo al TFR tassazione separata) esclusivamente le somme liquidate a titolo di sorte capitale, mentre alle somme corrispondenti al rendimento di polizza si applica la tassazione nella misura del 12,50%, ai sensi della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6.

Per il periodo precedente al 1 gennaio 2001, dunque, quel che rileva ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 12,50% o della sottoposizione a tassazione separata è che sia stato applicato dal soggetto tenuto al pagamento un modello gestionale di tipo assicurativo. Si deve, infatti, considerare non decisiva la non conformità dei contratti (stipulati sulla base del CCNL 16.5.1985 ed in sostituzione delle originarie previsioni) al modello formale assicurativo o a capitalizzazione e che non siano stati stipulati con imprese esercenti attività assicurative, essendo pacifico che la prestazione è stata costituita grazie all’impiego di capitali accumulati (con versamenti del datore di lavoro e dell’iscritto al Fondo ENEL, aggiuntivi rispetto agli accantonamenti del TFR, dunque con causa autonoma) ed erogata al di fuori di una scadenza diretta del pregresso rapporto di lavoro (la sua percezione non avvenne contestualmente alla stessa liquidazione del TFR, in quanto il rapporto era cessato prima), in presenza di una gestione delle somme effettuata con sistemi tecnico-finanziari della capitalizzazione e con l’apposizione delle riserve matematiche (o comunque con copertura finanziaria costante delle prestazioni erogate), secondo le condizioni-quadro fissate dall’iniziale fonte consensuale collettiva (cfr. Cass. n. 5614 del 20/03/2015).

Nel caso che occupa la C.T.R non ha compiuto un accertamento approfondito ed analitico sulla natura e quantità del rendimento che sarebbe stato liquidato a favore del contribuente, avendo omesso di verificare se vi sia stato l’impiego sul mercato del capitale accantonato e quale sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego dato che, rispetto a quest’ultimo rendimento, sarebbe stata giustificata la tassazione al 12,50% sulla differenza tra ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi.

Il ricorso va, perciò, accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altra Sezione della C.T.R. del Veneto perchè accerti, previa disamina dei meccanismi di funzionamento del fondo P.I.A./FONDENEL nel corso degli anni ed in coerente applicazione con il principio enunciato, se vi sia stato impiego sul mercato finanziario del capitale costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati al Fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore, quale sia stato il rendimento ed in qual modo sia stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali; sulla scorta di tale indagine, da effettuarsi, se del caso, a mezzo di C.T.U., il giudice del rinvio quantificherà la parte della somma complessivamente erogata al contribuente che corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e, quindi, calcolerà l’imposta dovuta dal contribuente e, conseguentemente, l’ammontare del suo effettivo credito restitutorio derivante dall’applicazione solo a tale parte dell’aliquota del 12,5%, secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso dell’Agenzia Entrate, cassa l’impugnata decisione e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Veneto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2016

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