Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14000 del 07/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 07/07/2020), n.14000

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23398-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZALE CLODIO 32, presso lo studio dell’avvocato SGOTTO CIABATTINI

LIDIA, rappresentata e difesa dall’avvocato ROMANO ANDREA EUGENIO

MARIO;

– ricorrente –

contro

D.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ASIAGO 8, presso

lo studio dell’avvocato VILLANI SILVIA, rappresentato e difeso dagli

avvocati CIPOLLA FEDERICO, ARTICO SERGIO;

– controricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati SGROI

ANTONINO, MARITATO LELIO, VITA SCIPLINO ESTER ADA, D’ALOISIO CARLA,

MATANO GIUSEPPE, DE ROSE EMANUELE;

– resistente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il

19/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCHESE

GABRIELLA.

Fatto

RILEVATO

Che:

la Corte d’appello di Torino ha dichiarato, ai sensi degli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., inammissibile l’appello avverso la decisione di primo grado che aveva dichiarato l’estinzione, per prescrizione, dei crediti oggetto di tre cartelle esattoriali notificate a D.G. per intervenuta prescrizione quinquennale maturata successivamente alla notifica della cartella medesima;

per quanto solo rileva in questa sede, la Corte territoriale ha giudicato che l’appello non avesse una ragionevole probabilità di accoglimento, avendo il Tribunale applicato il termine quinquennale, come da pronuncia della Cass. n. 23397 del 2016;

avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, fondato su un articolato motivo;

ha resistito con controricorso D.G.; l’Inps, anche nella qualità di mandatario della S.C.C.I., ha depositato procura speciale;

è stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

la parte controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

l’Agenzia ha impugnato l’ordinanza indicata in epigrafe, deducendo la violazione o falsa applicazione – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – degli artt. 2946 e 2953 c.c. nonchè del D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 19 e 20, per avere la Corte di appello ritenuto applicabile il termine di prescrizione quinquennale, pur trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartella di pagamento non impugnata dal debitore;

il ricorso è inammissibile, essendo diretto, anzichè contro la sentenza del tribunale, contro l’ordinanza della corte di appello dichiarativa dell’inammissibilità del gravame, in quanto privo di una ragionevole probabilità di essere accolto. L’ordinanza di inammissibilità dell’appello per manifesta infondatezza nel merito del gravame non è infatti ricorribile per cassazione, nemmeno ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, trattandosi di provvedimento carente del carattere della definitività, giacchè il medestimo art. 348-ter, comma 3, consente di impugnare per cassazione il provvedimento di primo grado (Cass. n. 23151 del 2018; Cass. n. 20470 del 2015; Cass. n. 19944 del 2014). L’impugnazione dell’ordinanza di secondo grado è possibile limitatamente ai vizi suoi propri, costituenti violazioni della legge processuale, solo nei casi – non ricorrenti nella specie – in cui il relativo modello procedimentale sia stato utilizzato al di fuori delle ipotesi consentite dalla legge (quali, per mero esempio, l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui all’art. 348-bis c.p.c., comma 2, e art. 348-ter c.p.c., commi 1, primo periodo e 2, primo periodo: Cass., sez. un., n. 1914 del 2016);

le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore della parte controricorrente, come in dispositivo; non ricorrono, invece, i presupposti per la condanna della ricorrente ex art. 96 c.p.c., comma 3, come richiesto nel controricorso. La responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, a differenza di quella di cui ai primi due commi della medesima norma, non richiede la domanda di parte nè la prova del danno, ma esige pur sempre, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente (v. Cass., sez.un. 2018 n. 9912 del 2018; Cass. n. 7901 del 2018; in motiv., Cass. n. 4182 del 2020) il cui riscontro il Collegio non ravvisa nel presente giudizio;

non vi è luogo a pronuncia sulle spese in relazione all’INPS che non ha svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2020

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