Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13999 del 24/06/2011

Cassazione civile sez. II, 24/06/2011, (ud. 02/02/2011, dep. 24/06/2011), n.13999

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 4712-2009 proposto da:

P.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocate PANARITI

PAOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCIO EPIFANIO, giusta

mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.A., in qualità di titolare della “Ditta Autosalone Audi

Volkswagen” (OMISSIS) elettivamente domiciliata in ROMA, ANDREA

FULVIO 10, presso il Dott. P.C., rappresentata e difesa

dall’avvocato CAPOBIANCO CHIARA, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 299/2007 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO

del 20/11/07, depositata il 27/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che nulla

osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

P.M., acquirente di un autocarro Mercedes tg. (OMISSIS), evocava in giudizio R.A., titolare dell’autosalone Audi-WW di (OMISSIS), presso il quale aveva pattuito la compravendita, chiedendo l’adempimento del contratto, con la consegna del libretto di collaudo necessario per l’utilizzo della gru montata sull’automezzo.

In subordine domandava la risoluzione del contratto e in ogni caso il risarcimento del danno.

Dopo l’accoglimento parziale da parte del tribunale di Isernia, la Corte d’appello di Campobasso, su gravame della R., rigettava ogni domanda con sentenza 27.12.2007.

Rilevava che dalle risultanze istruttorie era emerso che tra le parti il prezzo era stato concordato in misura ridotta, tenendo conto proprio dell’assenza del documento di collaudo reclamato in citazione.

Il ricorso per cassazione, notificato dal P. il 12 febbraio 2009, consta di due motivi. La R. ha resistito con controricorso.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio.

Ha osservato che: “il primo motivo denuncia violazione ed errata applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Il ricorrente lamenta che sia stato dato credito a una testimonianza generica e lacunosa, trascurando il restante materiale probatorio.

La censura è inammissibile sotto ogni profilo.

In primo luogo è stata omessa la formulazione del quesito di diritto che è indispensabilmente previsto, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, per l’illustrazione di ciascun motivo nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn 1), 2), 3) e 4).

In secondo luogo, il profilo relativo al vizio di motivazione risulta viziato sia dalla mancata chiara indicazione del fatto controverso (da specificare secondo i canoni fissati da SU 20603/07; Cass 4309/08; 16528/08 mediante un momento di sintesi – omologo del quesito di diritto – che ne circoscriva puntualmente i limiti), sia dalla inadeguata formulazione.

Il ricorso si risolve in una richiesta di rivisitazione del merito della causa, essendo formulato non secondo la tecnica del ricorso per cassazione, mediante puntuale critica delle proposizioni della sentenza impugnata, specificamente individuate e congruamente motivate, ma riproponendo genericamente le argomentazioni già svolte e disattese dal giudice di appello. Inoltre nell’invocare una diversa valutazione di risultanze documentali, ex art. 360 c.p.c., n. 5, non viene rispettato il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il quale impone al ricorrente che deduco, l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di atti processuali o documentali l’onere di indicare – mediante l’integrale trascrizione di detti atti nel ricorso – la risultanza che egli asserisce essere decisiva e non valutata o insufficientemente considerata, atteso che, per il principio suddetto, il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza necessità di indagini integrative (Cass. 11886/06; 8960/06; 7610/06).

L’inammissibilità del primo motivo di ricorso rende irrilevante il secondo, con il quale si chiede alla Corte di stabilire che ai sensi dell’art. 1477 c.c., in tesi violato dalla sentenza impugnata, sussiste l’obbligo del venditore di consegnare i documenti relativi all’uso della cosa venduta.

Resta infatti confermata, con la reiezione della prima censura, l’espressa pattuizione dell’esclusione di tale obbligo in corrispettivo di una riduzione del prezzo, ditalchè la denunciata violazione dell’obbligo di legge risulta derogata convenzionalmente, come è consentito alle parti in regime di autonomia contrattuale.” Il Collegio condivide il contenuto della relazione.

Osserva tuttavia in via preliminare, in accoglimento del rilievo di parte controricorrente, che il ricorso è inammissibile anche perchè tardivamente proposto.

Il termine annuale dal deposito della sentenza spira infatti con lo spirare del giorno (dell’anno successivo) avente la stessa denominazione, quanto a mese e numero, di quello in cui la sentenza è stata depositata (Cass. 23479/07). Ad esso devono aggiungersi i 46 giorni di sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (primo agosto – quindici settembre di ciascun anno), calcolati “ex numeratione dierum”, nella misura di quarantasei giorni, ai sensi del combinato disposto della L. n. 742 del 1969, art. 155, comma 1 e art. 1, comma 1.

Ne consegue che, a partire dal 27 dicembre 2008, andavano conteggiati 4 giorni in dicembre 2008, 31 giorni del mese di gennaio 2009 e 11 giorni del mese di febbraio.

Il ricorso è stato quindi proposto tardivamente il 12 febbraio 2009, con la consegna all’ufficiale giudiziario per la notifica, come attestato nel frontespizio dell’atto.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammisisbilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in Euro 800 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile tenuta, il 2 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2011

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