Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13998 del 10/06/2010
Cassazione civile sez. I, 10/06/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 10/06/2010), n.13998
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso proposto da:
Comune di Cecina in persona del Sindaco, elettivamente domiciliato in
Roma, Lungotevere Flaminio 46, presso lo studio Grez, rappresentato e
difeso dall’avv. Narese Calogero, giusta delega in atti;
– ricorrente e controricorrente –
contro
Mannoni Gino Carlo & C. s.n.c. in persona del legale
rappresentante,
elettivamente domiciliata in Roma, via G. Carducci 4, presso l’avv.
Morbidelli Giuseppe, che la rappresenta e difende giusta delega in
atti;
– controricorrente ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 1435 del
13.10.2005;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16.3.2010 dal Relatore Cons. Dr. Carlo Piccininni;
Uditi gli avv. Narese per il ricorrente e Morbidelli per la società
Mannoni;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GOLIA Aurelio che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
principale e l’inefficacia di quello incidentale.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 13.10.2005 la Corte di Appello di Firenze determinava le indennità di espropriazione e di occupazione relative a terreni di proprietà della Mannoni Gino Carlo & C. s.n.c, condannando per l’effetto il Comune di Cecina al relativo pagamento, quantificato rispettivamente negli importi di Euro 431.386,78 e Euro 17.687,56.
Avverso la decisione il Comune di Cecina proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi, con i quali lamentava l’errata valutazione dei terreni, cui resisteva la Mannoni Gino Carlo & C s.n.c. con controricorso, contenente a sua volta ricorso incidentale articolato in due motivi.
Successivamente il Comune depositava atto di rinuncia al ricorso, notificato alla controparte, con il quale sollecitava questa Corte ad emettere declaratoria di estinzione del giudizio anche con riferimento al ricorso incidentale, in quanto tardivo.
In particolare il Comune al riguardo rilevava che la sentenza impugnata era stata notificata dalla società Mannoni al Comune di Cecina il 25.11.2005 ed il controricorso era stato notificato in data 3.3.2006, vale a dire tempestivamente rispetto al termine di quaranta giorni di cui all’art. 371 c.p.c., ma tardivamente rispetto al termine di sessanta giorni dalla notifica della sentenza prescritto dall’art. 325 c.p.c..
Da ciò conseguirebbe dunque, secondo il Comune, l’inefficacia del ricorso incidentale tardivo, per effetto dell’intervenuta estinzione di quello principale, assunto contrastato dal controricorrente con memoria, e quindi ulteriormente illustrato dal ricorrente con il medesimo mezzo.
Al riguardo il Collegio ravvisa l’opportunità di trasmettere gli atti al Primo Presidente di questa Corte ai sensi dell’art. 374 c.p.c., per una eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite. Le ragioni che inducono ad una tale conclusione possono essere sinteticamente rappresentate nei seguenti termini.
1 – Innanzitutto giova rilevare come la giurisprudenza di questa Corte non si sia attestata in modo univoco in proposito.
Ed infatti, premesso che la sanzione della inefficacia della impugnazione incidentale tardiva è stata espressamente prevista dal legislatore esclusivamente nel caso di declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione principale (art. 334 c.p.c., comma 2), occorre considerare che, accanto alle sentenze C. 09/2855, C. 08/21254, C. 08/9741, C. 06/9452 (di cui C. 08/9741 e C. 08/21254 particolarmente autorevoli, la prima poichè pronunciata a sezioni unite e la seconda in quanto attinente ad una controversia analoga a quella in esame), che hanno affermato l’applicabilità del citato art. 334 c.p.c. anche in casi di caducazione del ricorso principale diversi da quello dell’inammissibilità (più precisamente nel caso di improcedibilità del ricorso principale o di intervenuta rinunzia ad esso da parte dell’originario ricorrente), ve ne sono altre (segnatamente C. 09/2990, C. 08/22385) che, sia pur senza affrontare specificamente la questione, hanno affermato principi di segno opposto.
2 – Con la sentenza n. 21254 del 6.8.2008 questa Corte ha affermato che nel caso di rinunzia della parte al ricorso principale il ricorso incidentale tardivo perde efficacia, e ciò per il fatto che non vi sarebbe ragione per continuare a ritenere sussistente l’interesse al ricorso, una volta venuto meno il presupposto in funzione del quale ne è stata riconosciuta la sua proponibilità.
Il principio posto a base della detta decisione è assolutamente in linea con quello indicato nella citata sentenza n. 9741 pronunciata a sezioni unite, con la quale si è ritenuto che anche nel caso di improcedibilità dell’impugnazione principale debba trovare attuazione il disposto dell’art. 334 c.c., comma 2 (che disciplina la diversa ipotesi dell’inammissibilità dell’impugnazione principale), per effetto di una interpretazione logico – sistematica dell’ordinamento, che renderebbe irrazionale la perdurante efficacia di un’impugnazione, nel caso di sopravvenuta mancanza del presupposto in funzione del quale è stata riconosciuta la sua proponibilità.
Tuttavia se le due distinte ipotesi di inammissibilità ed improcedibilità, riconducibili rispettivamente al caso in cui l’impugnazione non poteva essere proposta ovvero non poteva essere proseguita, sono caratterizzate dal dato comune di non consentire la svolgimento del processo per circostanze oggettive, come tali percepibili dalla controparte, nel caso di rinuncia all’impugnazione principale la non proseguibilità del processo viene rimesso alla volontà esclusiva di una sola parte.
3 – L’istituto dell’impugnazione incidentale tardiva assolve alla funzione di favorire l’accettazione della sentenza, e quindi la formazione del giudicato. Infatti, in mancanza della disposizione di cui all’art. 334 c.c., comma 1, la parte astrattamente disponibile ad accettare la sentenza potenzialmente suscettibile di gravame, per evitare di correre il rischio di non essere in grado di apprestare idonea difesa nel caso di impugnazione principale proposta dalla controparte nell’imminenza della scadenza del termine a tal fine previsto, sarebbe comunque indotta a proporre impugnazione in via cautelativa.
Orbene, una interpretazione della normativa che consentisse alla parte di neutralizzare l’impugnazione incidentale rinunciando all’impugnazione principale si porrebbe in contrasto con la “ratio” posta a base della disposizione di cui all’art. 334 c.p.c., comma 1.
4 – Ad analoghe conclusioni sembra doversi pervenire anche con riferimento ai principi del giusto processo, sotto un duplice aspetto.
Da un lato, infatti, dal punto di vista degli interessi in gioco, la parte che notifica la sentenza e non impugna offre la propria accettazione della decisione, offerta che viene fisiologicamente meno una volta proposto dalla controparte l’appello principale. Il consentire dunque alla parte che ha rifiutato l’offerta di vanificare l’iniziativa adottata dal ricorrente incidentale senza alcuna possibilità di difesa o interlocuzione sul punto sembra determinare uno squilibrio fra le posizioni ed i poteri delle parti.
Dall’altro, occorre poi considerare che l’impugnazione incidentale ha una funzione deterrente rispetto a chi intenda proporre l’impugnazione principale. E’ infatti del tutto evidente come nei confronti di chi abbia in animo di impugnare possa avere significativa incidenza la valutazione del rischio riconducibile ad una ipotetica proposizione di un’impugnazione incidentale.
Il fatto dunque che con la rinuncia al ricorso principale, riconducibile alla esclusiva volontà di una delle parti, si precluda all’altra il diritto a veder giudicata la sua impugnazione determina, anche per tale verso, uno squilibrio fra la posizione delle diverse parti.
5 – Oltre alle sentenze sopra citate, emesse specificamente in relazione alla tematica in oggetto, pare utile ricordare anche la decisione n. 3876 del 2010, emessa da questa Corte a sezioni unite, in tema di rinuncia al ricorso.
Con la detta statuizione è stato infatti stabilito che l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione deve essere notificato alle parti costituite o comunicato ai loro difensori e che, in difetto, esso non è idoneo a determinare l’estinzione del processo.
Il principio dunque che se ne trae è che la semplice manifestazione di volontà di una parte non è di per se sufficiente per una declaratoria di estinzione del giudizio.
Conclusivamente, gli esposti rilievi consigliano la trasmissione degli al Sig. Presidente della Corte per una valutazione circa l’opportunità dell’assegnazione della controversia alle Sezioni Unite.
P.Q.M.
Rimette i ricorsi alle Sezioni Unite di questa Corte.
Così deciso in Roma, il 16 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2010