Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13996 del 24/06/2011

Cassazione civile sez. II, 24/06/2011, (ud. 15/04/2011, dep. 24/06/2011), n.13996

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.G. e B.L., rappresentati e difesi, in

forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv. Circosta

Iolanda e Vittorino Santia, elettivamente domiciliati nello studio di

quest’ultimo in Roma, colle Prenestino, via Alife, n. 18;

– ricorrenti –

contro

D.G., Z.L., L.L., S.S.,

L.P., C.L., B.M.,

rappresentati e difesi, in forza di procura speciale in calce al

controricorso, dagli Avv. Cassini Piero Paolo e Francesca Luisa

Revelli, elettivamente domiciliati nello studio di quest’ultimo in

Roma, piazza del Paradiso, n. 55;

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Torino n.

110 in data 26 gennaio 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15 aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito l’Avv. Francesca Luisa Revelli;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso: “previa

delibazione della non manifesta infondatezza e della rilevanza della

questione, la Suprema Corte sospenda il giudizio e trasmetta gli atti

alla Corte costituzionale perchè verifichi la compatibilita, con

riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., dell’art. 366-bis cod. proc.

civ. (applicabile ratione temporis), nella parte in cui, secondo il

diritto vivente , pretende a pena di inammissibilità un momento di

sintesi, in relazione al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 1 febbraio 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: “Con sentenza depositata il 26 gennaio 2009, la Corte d’appello di Torino, nel confermare la sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda di negratoria servitutis proposta da P.G. ed altra nei confronti di D.G. ed altri, proprietari dei fondi limitrofi, ed ha accertato l’intervenuto acquisto della servitù per usucapione.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello Giuliano P. e B.L. hanno proposto ricorso, sulla base di due motivi.

Hanno resistito, con controricorso, gli intimati D. G., Z.L., L.L., S.S., L.P., C.L., B.M.. Il primo motivo deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 1158 c.c., e art. 1146 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il secondo mezzo prospetta omessa, insufficiente e con- traddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Entrambe le censure sono inammissibili perchè il primo motivo non si conclude con la formulazione di idoneo quesito di diritto ed il secondo difetta del quesito di sintesi, l’uno e l’altro prescritti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366-bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile.

Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”.

Letta la memoria dei controricorrenti.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra;

che questa Corte (Sez. 3, 30 dicembre 2009, n. 27680) ha già dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal pubblico ministero con riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., relativa all’art. 366-bis cod. proc. civ., nella parte in cui sancisce l’obbligo, a pena di inammissibilità, in ordine alla proposizione di ciascun motivo riconducibile all’art. 360 c.p.c., n. 5, di indicare (in modo sintetico, evidente ed autonomo, secondo l’univoca interpretazione della S.C.) chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, poichè la suddetta norma di cui all’art. 366-bis (applicabile, nel caso esaminato, ratione temporis) – come interpretata costantemente dalla stessa giurisprudenza di legittimità – non discrimina, in alcun modo, i cittadini, non lede il loro diritto di agire in giudizio (peraltro esercitato mediante la difesa tecnica di avvocati iscritti nell’apposito albo dei cassazionisti e, perciò, dotati di particolare competenza professionale) e, infine, non impedisce (nè rende estremamente difficile) il ricorso per cassazione;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna, i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, liquidate in complessivi Euro 2.700, di cui Euro 2.500 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 15 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2011

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