Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13994 del 06/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 06/06/2017, (ud. 02/03/2017, dep.06/06/2017),  n. 13994

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6458-2011 proposto da:

F.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CARLO POMA, 2, presso lo studio dell’avvocato SILVIA ASSENNATO,

che lo rappresenta e difende giusta procura speciale notarile in

atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA POLICLINICO UMBERTO I DI ROMA, C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DEL POLICLINICO 155, presso lo studio dell’avvocato

ANTONIO NARDELLA, che la rappresenta e difende giusta procura

speciale notartele in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8409/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/03/2010 R.G.N. 9959/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2017 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato SILVIA ASSENNATO; udito l’Avvocato ANTONIO NARDELLA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di appello di Roma, con sentenza del 6 novembre 2009, pronunziando sull’appello principale e sull’appello incidentale proposti rispettivamente da F.C. e dall’Azienda Policlinico Umberto I di Roma avverso la sentenza del Giudice del lavoro del Tribunale di Roma che aveva respinto la domanda di equo indennizzo proposta dal dipendente, ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Azienda convenuta, appellante incidentale, ed ha compensato le spese del doppio grado di giudizio.

2. La Corte di appello ha osservato che:

– l’Azienda Policlinico Umberto I di Roma era stata istituita con D.L. n. 341 del 1999, conv. in L. n. 453 del 1999, e quindi dal 1.11.99, in data successiva ai fatti di causa e all’insorgere della patologia oggetto della domanda del F.; la citata L. n. 453 del 1999, art. 2 ha elencato i rapporti nei quali l’Azienda Policlinico Umberto I sarebbe succeduta e tra questi non risultavano inclusi i rapporti di lavoro; la precedente omonima azienda, pur dotata autonomia organizzativa, gestionale e contabile, faceva capo all’Università La Sapienza di Roma;

– per quanto risultante agli atti del giudizio, il F. era dipendente della Asl Roma (OMISSIS) e in tale qualità prestava servizio presso il Policlinico universitario; pertanto, all’epoca dei fatti di causa, l’Azienda appellata non era datrice di lavoro del F., nè poteva rispondere, ai sensi della legge istitutiva, delle obbligazioni dell’omonima azienda universitaria sorte prima della sua istituzione; la citata legge aveva espressamente previsto che il nuovo ente rispondesse solo delle obbligazioni sorte e contratte in data successiva alla costituzione del 1 novembre 1999, rimanendo gli obblighi riferiti al periodo precedente solo a carico dell’Ente universitario, per il tramite l’apposita gestione liquidatoria;

– restava irrilevante il fatto che il provvedimento di rigetto della domanda di equo indennizzo fosse stato emanato dall’Azienda Policlinico Umberto I di Roma, dovendo considerarsi che oggetto della domanda non era l’annullamento di un atto emanato dalla Pubblica Amministrazione nel 2004, bensì l’accertamento del diritto all’equo indennizzo, rivendicato per patologie insorte nel 1996 e per il cui riconoscimento era stata proposta domanda amministrativa nel 1997.

3. Per la cassazione di tale sentenza il F. propone ricorso affidato a due motivi. Resiste l’Azienda Policlinico Umberto I di Roma con controricorso (tardivo).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente, denunciando omesso esame di un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), deduce che la Corte di appello aveva mancato di considerare il contenuto dei documenti provenienti dall’Azienda, che costituivano atti di riconoscimento della titolarità del rapporto di lavoro, ed in particolare del provvedimento di rigetto dell’istanza di equo indennizzo decisa nel 2004 dall’Azienda convenuta, la quale si era riconosciuta datrice di lavoro e per questo non poteva più negare la propria legittimazione passiva. Sostiene che il comportamento dell’Azienda integrava una confessione stragiudiziale sulla titolarità del rapporto obbligatorio, sulla quale il dipendente aveva fatto affidamento.

2. Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 2112 c.c. e del D.L. n. 341 del 1999, art. 2 deduce che con tale ultima disposizione il legislatore aveva inteso solo definire i rapporti nei quali la nuova Azienda sarebbe subentrata; tuttavia, per i rapporti di lavoro non occorreva una espressa previsione, in quanto sin dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 34 era stato previsto che, nel caso di trasferimento o conferimento di attività svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture ad altri soggetti pubblici o privati, al personale che passa dipendenze dai soggetti si applica l’art. 2112 c.c.; tale norma era stata confermata dal D.Lgs. n. 80 del 1998 (art. 19) e infine D.Lgs. n. 165 del 2001 (art. 31). Rileva che sull’applicabilità dell’art. 2112 c.c. anche prima del D.Lgs. 165 del 2001 la giurisprudenza era costante. Chiede dunque che si affermi il principio per cui, ai sensi del D.L. n. 341 del 1999, artt. 1 e 2 la disciplina dell’art. 2112 c.c. è applicabile nel caso di successione e/o trasferimento di aziende pubbliche per quanto riguarda il personale, anche prima del D.Lgs. n. 165 del 2001.

3. Il ricorso è fondato.

4. Va premesso che, sebbene la domanda di equo indennizzo sia stata respinta dall’attuale Azienda resistente con provvedimento adottato nel 2004, la stessa Azienda contesta di dovere rispondere di debiti risalenti a fatti facenti capo alla precedente gestione, poichè la L. n. 453 del 1999 non prevede la successione nelle situazioni debitorie scaturenti da fatti anteriori al 1.11.99.

5. Osserva il Collegio che il F. ha prestato servizio presso la preesistente Azienda universitaria Policlinico Umberto I come infermiere dal 1979 e quale addetto al servizio ambulanze dal 1991, con rapporto di impiego alle dipendenze della ASL RM (OMISSIS). Il lavoratore ha agito nei confronti della neo-istituita (dal 1.11.99) Azienda Policlinico Umberto I per l’accertamento della dipendenza da causa di servizio della cardiopatia e per il pagamento dell’equo indennizzo, in relazione a vicende risalenti al 1996 e la cui domanda amministrativa fu presentata il 20.2.1997 alla sua datrice di lavoro dell’epoca, ossia la ASL RM (OMISSIS), come ha dato atto la sentenza impugnata. In altri termini il F., all’epoca dei fatti (1996) prestava servizio presso il Policlinico universitario Umberto I di Roma in qualità di dipendente della ASL RM/(OMISSIS).

5.1. In proposito, per chiarezza, giova precisare che il ricorrente, per tutto quanto si è detto, non apparteneva alla categoria del “personale universitario strutturato nel Servizio sanitario nazionale”, in ordine al quale la sentenza n. 8521 del 2012 delle Sezioni Unite di questa Corte ha riconosciuto la legittimazione passiva delle Aziende ospedaliere rispetto a pretese avanzate da detto personale, che, pur trovandosi in rapporto di impiego con l’università, era in rapporto di servizio con l’azienda ospedaliera e tanto ha ritenuto in ragione (non di un rapporto di impiego, ma) del diretto coinvolgimento nella gestione del rapporto di lavoro entro l’assetto organizzativo delineato dal D.Lgs. n. 517 del 1999. L’attuale ricorrente apparteneva, invece, al personale dipendente del S.S.N. che prestava servizio presso il Policlinico universitario, all’epoca privo di personalità giuridica, ma munito di autonomia organizzativa, gestionale e contabile.

6. Al fine di stabilire il soggetto legittimato in ordine alle pretese relative ad un determinato rapporto di impiego, è determinate stabilire quale fosse la Pubblica Amministrazione che ha effettivamente preso in carico, in esito al fenomeno successorio, quel singolo dipendente, e presso cui il relativo rapporto di impiego è proseguito. Nella fattispecie in esame, il nuovo soggetto pubblico è subentrato nella gestione dell’azienda già facente capo al policlinico universitario e altresì nel rapporto di lavoro del F. che vi prestava, servizio quale dipendente della ASL, circostanza pacifica in giudizio e comunque desumibile dall’atto di gestione del rapporto di lavoro, quale deve ritenersi il provvedimento di rigetto dell’istanza di equo indennizzo, adottato nel 2004 dall’Azienda convenuta.

7. La disciplina di cui all’art. 2112 c.c. certamente si applica al rapporto di lavoro dei lavoratori del comparto sanità già impiegati presso il Policlinico universitario Umberto I e transitati alle dipendenze della nuova Azienda. Il fenomeno della successione fra enti con riferimento alle situazioni contrattuali trasferite è regolato dalle disposizioni generali dell’art. 2112 c.c., esteso dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 31 e ancor prima dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 19 (vigente al tempo della istituzione della Azienda ospedaliera convenuta), che così disponeva: “1. Il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 38 è sostituito dal seguente: “Art. 34 (Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività). – 1. Fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applica l’art. 2112 c.c. e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui alla L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 47, commi da 1 a 4.”

8. Costituisce, infatti, affermazione comune che, non interferendo i mutamenti della titolarità dell’azienda o delle attività trasferite con i rapporti contrattuali già intercorsi con il cedente, che continuano a tutti gli effetti con il cessionario, quest’ultimo subentra, salva diversa disposizione di legge, in tutte le posizioni attive e passive facenti capo al cedente. Il principio, di cui è espressione l’art. 2112 c.c., dell’inerenza del rapporto contrattuale al complesso aziendale (o all’attività di competenza di un soggetto pubblico), al quale rimane legato in tutti i casi in cui questo, pur cambiando la titolarità, resti immutato nella sua struttura organizzativa e nell’attitudine all’esercizio dell’impresa (o della funzione perseguita), fa sì che non risulti isolabile, quale debito preesistente, l’obbligazione contrattuale o extracontrattuale che trovi titolo in fatti antecedenti il trasferimento, in quanto ricompresa nel novero delle posizioni attive e passive nel quale il cessionario subentra per effetto del trasferimento. A tale conclusione, in realtà, si sarebbe potuto pervenire solo in presenza di una espressa disposizione in tal senso, ma non anche alterando la regola della continuità del rapporto contrattuale, con una artificiosa distinzione, all’interno dell’unitaria posizione lavorativa, fra rapporti giuridici che ineriscono o meno alle attività devolute alla nuova azienda, laddove la valutazione funzionale operata dal legislatore riguarda il rapporto contrattuale nella sua interezza, o, in altri termini, nel suo unitario status giuridico.

8.1. In tema di pubblico impiego, i due termini utilizzati dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 31 (disciplinante il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse) ai fini dell’applicazione dell’art. 2112 c.c., cioè quelli di trasferimento o di conferimento di attività, esprimono, attraverso la loro ampia valenza semantica, la volontà del legislatore di comprendere nello spettro applicativo della suddetta disposizione, in funzione della tutela dei dipendenti pubblici addetti all’attività trasferite, ogni vicenda traslativa riguardante un’attività svolta dal soggetto pubblico a prescindere dallo strumento tecnico adoperato (cfr. Cass. n. 2281 del 2013).

9. L’assetto dei rapporti di lavoro non è stato preso in considerazione dalla legge istitutiva dell’Azienda policlinico Umberto I, la quale – come risulta dal dettato legislativo – “insiste sulla omonima struttura ospedaliera” (v., in tal senso, D.L. n. 341 del 1999, art. 1), ma ha inteso regolare i rapporti di credito e debito facenti capo al preesistente policlinico universitario e i contratti in corso relativi alla fornitura di beni e servizi destinati alla assistenza sanitaria. I rapporti in tal senso regolati non sono quelli relativi ai rapporti di lavoro in corso con il personale delle ASL o delle Università, ma i contratti con “utenti, autorità competenti ed altre amministrazioni”.

9.1. Difatti, la costituzione in ente avente personalità giuridica di diritto pubblico dell’Azienda Policlinico Umberto I, operata con il D.L. n. 341 del 1999, conv. con modif. in L. n. 453 del 1999, ha disciplinato, all’art. 2, comma 1, la successione all'”omonima azienda universitaria dei rapporti in corso, relativi alla gestione dell’assistenza sanitaria, con utenti, autorità competenti e altre amministrazioni, nei contratti in corso per la costruzione di strutture destinate ad attività assistenziali, nonchè nei contratti in corso con la fornitura di beni e servizi destinati all’assistenza sanitaria, per un periodo massimo di dodici mesi; entro tale data il direttore generale risolve i predetti contratti con l’indizione di nuove procedure, ovvero procede alla loro conferma o, con l’accordo del contraente, alla revisione in tutto o in parte delle condizioni”. I commi 2 e 3 hanno previsto un divieto di intraprendere, nei confronti della nuova Azienda policlinico e dell’Università La Sapienza, nuove procedure esecutive; hanno disciplinato le procedure esecutive pendenti; hanno contemplato la nomina di un commissario con il compito di accertare la massa attiva e passiva relativa alla gestione dell’assistenza sanitaria da parte dell’Azienda universitaria Policlinico Umberto I determinatasi fino alla data di cessazione della medesima, e di istituire una apposita gestione separata nella quale fare confluire i crediti e i debiti maturati fino alla medesima data.

9.2. Dunque, il D.L. n. 341 del 1999 ha costituito l’Azienda Policlinico Umberto I quale ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, precisandone la successione all’omonima azienda universitaria: a) nei rapporti in corso relativi alla gestione dell’assistenza sanitaria con utenti, autorità competenti e altre amministrazioni; b) nei contratti in corso per la costruzione di strutture destinate ad attività assistenziali nonchè c) nei contratti in corso per la fornitura di beni o servizi destinati all’assistenza sanitaria (art. 2, comma 1) (v. Cass., 16/11/2010, n. 23098). Nulla è stato disposto quanto ai rapporti di lavoro in corso con il personale appartenente al comparto sanità in servizio presso il soppresso policlinico universitario e transitati alle dipendenze della nuova Azienda ospedaliera. Pertanto, nulla avendo disposto la legge istitutiva del nuovo ente, non può che operare la previsione generale di cui all’art. 2112 c.c., richiamata dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, nel testo all’epoca vigente (i cui principi sono peraltro stati confermati dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31).

10. In conclusione, l’Azienda convenuta è subentrata nel rapporto di lavoro del F., che già operava nelle strutture e nelle attività trasferite, non interferendo i mutamenti della titolarità dell’azienda o delle attività trasferite con i rapporti contrattuali già intercorsi con il cedente, che continuano a tutti gli effetti con il cessionario; quest’ultimo subentra, mancando una previsione diversa, in tutte le posizioni attive e passive facenti capo al cedente.

11. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte di appello di Roma, dovendo essere riconosciuta la legittimazione passiva dell’Azienda convenuta in primo grado, con conseguente infondatezza dell’appello incidentale avente ad oggetto tale eccezione. Il Giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2017

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