Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13993 del 04/06/2013
Civile Sent. Sez. 6 Num. 13993 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BISOGNI GIACINTO
Ud. 14/11/12
Motivazione
semplificata
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Renato Santaniello, Maria Giuseppa Nardone, Anna Maria
Bellofatto, elett.te dom.ti in Roma, via Andrea Doria
48, c/o studio dell’avv.to Ferdinando Emilio Abbate
che li rappresenta e difende per delega a margine del
ricorso (comunicazioni richieste all’indirizzo p.e.c.:
ferdinandoemilioabbate@pec.ordineavvocativiterbo.it fax
0690285591);
– ricorrenti contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso
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2012
dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliato
presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi 12;
– controricorrente –
Data pubblicazione: 04/06/2013
avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia
emesso in data 7 febbraio 2011 e depositato il 9 agosto
2011, R.G. n. 1505/10;
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ATS
sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
sospensione del giudizio o in subordine l’accoglimento
del ricorso;
rilevato che la Corte ha deliberato di adottare la
motivazione semplificata della decisione;
Rilevato che:
l. Con ricorso del 24 giugno 2010 hanno chiesto alla
Corte di appello di Perugia la condanna del
Ministero della Giustizia al risarcimento del
danno ex legge n.89/2001 subito per la durata
eccessiva e non ragionevole del giudizio di equa
riparazione ex legge n. 89/2001 svoltosi
dall’ottobre 2005 al dicembre 2009.
2. Si
è
il Ministero
costituito
eccependo
l’inammissibilità e infondatezza del ricorso.
3.
La Corte di appello di Perugia ha dichiarato
inammissibile il ricorso ritenendo che i giudizi
promossi ai sensi della
legge
n. 89/2001 non
possono fondare una richiesta di indennizzo ai
sensi della stessa legge.
4. Ricorrono per cassazione affidandosi ad un unico
motivo di impugnazione con il quale deducono la
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Generale Dott. Immacolata Zeno che ha concluso per la
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2
della legge n. 89/2001 e degli articoli 6, 13 e
41 C.E.D.U. nonché dell’articolo 111 della
Costituzione. Secondo i ricorrenti, a differenza
di quanto ritenuto dalla Corte di appello, è
proponibile e ammissibile la domanda di equa
89/2001 con la quale la parte lamenta
l’irragionevole durata di un precedente
procedimento, già introdotto ai sensi della
medesima legge.
5. Si difende con controricorso il Ministero della
Giustizia.
Ritenuto che
6. Il ricorso è fondato. La giurisprudenza di questa
Corte ritiene unanimemente l’ammissibilità della
domanda di equa riparazione ex legge n. 89/2001
relativa a un processo instaurato anch’esso ai
sensi della c.d. legge Pinto per l’irragionevole
durata di un altro processo atteso che il
giudizio di equa riparazione, che si svolge
presso le Corti d’appello ed eventualmente, in
sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è
un ordinario processo di cognizione, soggetto, in
quanto tale, alla esigenza di una definizione in
tempi ragionevoli, esigenza, questa, tanto più
pressante per tale tipologia di giudizi, in
quanto finalizzati proprio all’accertamento della
violazione di un diritto fondamentale nel
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riparazione, ritualmente promossa ex legge n.
giudizio presupposto, la cui lesione genera di
per sè una condizione di sofferenza e un patema
d’animo
che
sarebbe eccentrico non riconoscere
anche per i procedimenti ex lege n. 89 del 2001.
La stessa giurisprudenza precisa che “ai fini
della determinazione della durata ragionevole di
Pinto, al fine di ottenere l’indennizzo previsto
dalla legge 24 marzo 2001 n. 89 per
l’irragionevole durata di un altro processo, la
durata complessiva dei due gradi di giudizio (in
corte di appello e in cessazione) dev’essere
ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di
due anni (nel quale è incluso quello di sessanta
giorni previsto per la proposizione del ricorso
per cessazione). Il suddetto termine è
compatibile con le indicazioni della Corte
europea dei diritti dell’uomo e risponde sia alla
natura meramente sollecitatoria del termine di
quattro mesi di cui all’art. 3, coma sesto,
della legge n. 89 del 2001, sia alla durata
ragionevole del giudizio di cessazione che, anche
in un procedimento di equa riparazione, non è
suscettibile di compressione oltre il limite di
un anno (cfr.
Cass. Civ. VI-1 sezione, n. 5924
del 13 aprile 2012 e n. 8283 del 24 maggio 2012).
7. Il ricorso va pertanto accolto e la causa decisa
nel merito, stante la non necessità di ulteriori
accertamenti istruttori, applicando il parametro
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un processo instaurato ai sensi della legge
sopra citato quanto alla durata del giudizio e
quello di 750 euro di indennità annua per i primi
tre anni di durata eccessiva. Ne deriva, nella
specie, un indennizzo di euro 1.650 e al
pagamento di tale somma, in favore di ciascun
ricorrente, va condannato il Ministero della
8. Le spese del giudizio di merito e di cassazione
vanno poste a carico del Ministero soccombente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto
impugnato e decidendo nel merito condanna il Ministero
della Giustizia al pagamento, in favore di ciascun
ricorrente e a titolo di equa riparazione ex legge n.
89/2001, della somma di euro 1.650 con interessi dalla
domanda al saldo. Condanna il Ministero al pagamento
delle spese del giudizio di merito liquidate in
complessivi 875 euro, di cui 100 per spese, 375 per
diritti e 400 per onorari, e del giudizio di cassazione
liquidate in euro 550, oltre oneri e accessori di legge
e oltre 200 euro per esborsi con distrazione a favore
dell’avv. Ferdinando Emilio Abbate dichiaratosi
antistatario.
Così deciso in Roma nella camera dà consiglio del
14 novembre 2012.
Giustizia.