Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13991 del 07/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/07/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 07/07/2020), n.13991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25125-2018 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI)

SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,

presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso

dagli avvocati VITA SCIPLINO ESTER ADA, MARITATO LELIO, DE ROSE

EMANUELE, D’ALOISIO CARLA, MATANO GIUSEPPE, SGROI ANTONINO;

– ricorrente –

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZA

BARBERINI 12, presso lo studio dell’avvocato MALATESTA ALFONSO MARIA

PAPA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI)

SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,

presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso

dagli avvocati VITA SCIPLINO ESTER ADA, MARITATO LELIO, DE ROSE

EMANUELE, D’ALOISIO CARLA, MATANO GIUSEPPE, SGROI ANTONINO;

– resistente –

contro

I.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 73/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 26/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11 / 02/ 2020 dal Consigliere Relatore Dott.

MARCHESE GABRIELLA.

Fatto

RILEVATO

Che:

il Tribunale di Salerno, previo accertamento che le cartelle esattoriali opposte da I.C. erano state notificate, dichiarava inammissibile l’opposizione proposta nei confronti dell’INPS e di Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A., in assenza di qualsiasi pretesa, dai predetti enti, successivamente avanzata;

la Corte d’appello di Salerno, in parziale accoglimento del gravame interposto da I.C. e in riforma della decisione di primo grado, dichiarava estinti, per intervenuta prescrizione, i crediti indicati nelle cartelle di pagamento opposte;

la Corte di merito argomentava che, in base alla pronuncia, a sezioni unite, di questa Corte n. 2339/2016 (recte n. 23397/2016), la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione a ruolo produceva solo l’effetto della irretrattabilità del credito contributivo ma non anche la conversione del termine di prescrizione breve (quinquennale) in quello ordinario (decennale); nel caso di specie, pertanto, i crediti contributivi oggetto delle cartelle opposte erano prescritti, per decorso del termine quinquennale successivamente alla notifica delle stesse;

per la cassazione della sentenza, l’INPS ha proposto ricorso principale, affidato ad un unico motivo (con cui- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., degli artt. 2 e 111 Cost. nonchè degli artt. 2908, 2938 e 2939 c.c., per avere la Corte di appello ritenuto ammissibile, sotto il profilo dell’interesse ad agire, l’opposizione avverso l’estratto di ruolo, pur in presenza di una cartella esattoriale preventivamente notificata ed in assenza di atti esecutivi attivati da parte del creditore);

ha resistito, con controricorso, contenente ricorso incidentale, affidato a due motivi, l’Agenzia delle Entrate Riscossione (con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., comma 2, e dell’art. 111 Cost. nonchè violazione degli artt. 2908,2938 e 2939 c.c.; l’Agenzia ha reiterato le censure proposte dall’INPS; con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – ha dedotto la violazione dell’art. 2946 c.c. per avere la sentenza applicato il termine di prescrizione quinquennale piuttosto che quello decennale);

è rimasto intimato I.C.;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

l’Agenzia delle Entrate Riscossione ha depositato memoria con la quale ha chiesto dichiararsi la sopravvenuta cessazione della materia del contendere, in forza del D.L. n. 119 del 2018, art. 4, comma 1, conv. con modif. nella L. n. 136 del 2018, per l’intervenuto annullamento dei crediti oggetto delle cartelle per cui è giudizio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

è assorbente il rilievo dello ius superveniens;

nelle more del giudizio, è intervenuto il D.L. n. 119 del 2018, convertito in L. n. 136 del 2018, dispositivo, all’art. 4, dello stralcio dei debiti, sino a mille Euro, affidati agli agenti della riscossione tra gli anni 2000 e 2010;

i debiti oggetto delle cartelle di pagamento per cui è giudizio, come anche indicato in memoria dalla Agenzia delle Entrate-Riscossione, hanno un valore così contenuto e sono riferite al periodo considerato; pertanto, sono assoggettati allo stralcio disposto;

questa Corte ha chiarito che “allorchè, nel giudizio di legittimità, intervenga una transazione od altro fatto che determini la cessazione della materia del contendere, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, essendo venuto meno l’interesse alla definizione del giudizio e, quindi, ad una pronuncia nel merito dell’impugnazione (v. Cass., sez. un., n. 368 del 2000 ed ord., sez.un., n. 14059 del 2004; successivamente, ex multis, n. 13565 del 2005; n. 15113 del 2006; n. 6026 del 2007; n. 21122 del 2008; n. 16341 del 2009; n. 1344 del 2011; ancora, in motiv., n. 23623 del 2014 e, da ultimo, ord. VI sez. L., n. 28888 del 2019);

il ricorso principale e quello incidentale devono, quindi, essere dichiarati inammissibili;

le ragioni della decisione, che prescindono dall’accertamento della fondatezza delle impugnazioni, giustificano la compensazione delle spese processuali fra le parti;

non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato; a tale riguardo, vale il principio per cui “in tema di impugnazioni, la “ratio” del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicchè tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame (nella specie, ricorso per cassazione) ma non per quella sopravvenuta (nella specie, per sopravvenuto difetto di interesse alla decisione)” (Cass. n. 19464 del 2014; Cass. n. 13636 del 2015).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2020

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