Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13991 del 04/06/2013
Civile Sent. Sez. 6 Num. 13991 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BISOGNI GIACINTO
Ud. 14/11/12
Motivazione
semplificata
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Luigi Rocco Francesco Warcovecchio, Maria Lucia
Mistralini, Pier Valentino Pellarin elett.te dom.ti in
Roma, via Andrea Doria 48, c/o studio dell’avv.to
Ferdinando
Emilio
Abbate
(p.e.c.:
ferdinandoemilioabbate@pec.ordineavvocativiterbo.it fax
0690285591), che li rappresenta e difende per delega a
margine del ricorso;
– ricorrenti contro
ge4-2012
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro
tempore,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato e domiciliato presso i suoi uffici
Data pubblicazione: 04/06/2013
in Roma, via dei Portoghesi 12;
– controricorrente –
avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia
emesso in data 20 giugno 2011 e depositato il 4 agosto
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KA E RA (1.0-19 cisa, ott-Lee(Q
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sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Immacolata Zeno che ha concluso per la
sospensione del giudizio o in subordine l’accoglimento
del ricorso;
rilevato che la Corte ha deliberato di adottare la
motivazione semplificata della decisione;
Rilevato che:
l. Con ricorso del
2010 Luigi Rocco Francesco
Marcovecchio, Maria Lucia Mistralini, Pier
Valentino Pellarin hanno chiesto alla Corte di
appello di Perugia la condanna del Ministero
della Giustizia al risarcimento del danno ex
legge n.89/2001 subito per la durata eccessiva e
non ragionevole del giudizio di equa riparazione
ex legge n. 89/2001 svoltosi dal marzo 2005 al
dicembre 2009.
2. Si
è
il
costituito
Ministero
eccependo
l’inammissibilità e infondatezza del ricorso.
3.
La Corte di appello di Perugia ha dichiarato
inammissibile il ricorso ritenendo che i giudizi
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2011, R.G. n. 947/10;
promossi ai sensi della legge n. 89/2001 non
possono fondare una richiesta di indennizzo ai
sensi della stessa legge.
4. Ricorrono per cassazione Luigi Rocco Francesco
Marcovecchio, Maria Lucia Mistralini, Pier
Valentino Pellarin affidandosi ad un unico motivo
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2
della legge n. 89/2001 e degli articoli 6, 13 e
41 C.E.D.U. nonché dell’articolo 111 della
Costituzione. Secondo i ricorrenti, a differenza
di quanto ritenuto dalla Corte di appello, è
proponibile e ammissibile la domanda di equa
riparazione, ritualmente promossa ex legge n.
89/2001 con la quale la parte lamenta
l’irragionevole
durata
di
un
precedente
procedimento, già introdotto ai sensi della
medesima legge.
5. Si difende con controricorso il Ministero della
Giustizia.
Ritenuto che
6. Il ricorso è fondato. La giurisprudenza di questa
Corte ritiene unanimemente l’ammissibilità della
domanda di equa riparazione ex legge n. 89/2001
relativa a un processo instaurato anch’esso ai
sensi della c.d. legge Pinto per l’irragionevole
durata di un altro processo atteso che il
giudizio di equa riparazione, che si svolge
presso le Corti d’appello ed eventualmente, in
3
di impugnazione con il quale deducono la
sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è
un ordinario processo di cognizione, soggetto, in
quanto tale, alla esigenza di una definizione in
tempi ragionevoli, esigenza, questa, tanto più
pressante per tale tipologia di giudizi, in
quanto finalizzati proprio all’accertamento della
giudizio presupposto, la cui lesione genera di
per sè una condizione di sofferenza e un patema
d’animo che sarebbe eccentrico non riconoscere
anche per i procedimenti ex legge n. 89 del 2001.
La stessa giurisprudenza precisa che “ai fini
della determinazione della durata ragionevole di
un processo instaurato ai sensi della legge
Pinto, al fine di ottenere l’indennizzo previsto
dalla legge 24 marzo 2001 n. 89 per
l’irragionevole durata di un altro processo, la
durata complessiva dei due gradi di giudizio (in
corte di appello e in cassazione) dev’essere
ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di
due anni (nel quale è incluso quello di sessanta
giorni previsto per la proposizione del ricorso
per cassazione). Il suddetto termine è
compatibile con le indicazioni della Corte
europea dei diritti dell’uomo e risponde sia alla
natura meramente sollecitatoria del termine di
quattro mesi di cui all’art. 3, comma sesto,
della legge n. 89 del 2001, sia alla durata
ragionevole del giudizio di cassazione che, anche
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violazione di un diritto fondamentale nel
in un procedimento di equa riparazione, non è
suscettibile di compressione oltre il limite di
un anno (cfr.
Cass. Civ. VI-1 sezione, n. 5924
del 13 aprile 2012 e n. 8283 del 24 maggio 2012).
7. Il ricorso va pertanto accolto e la causa decisa
nel merito, stante la non necessità di ulteriori
sopra citato quanto alla durata del giudizio e
quello di 750 euro di indennità annua per i primi
tre anni di durata eccessiva. Ne deriva, nella
specie, un indennizzo di 2.060 euro e al
pagamento di tale somma, in favore di ciascun
ricorrente, va condannato il Ministero della
Giustizia.
8.
Le spese del giudizio di merito e di cassazione
vanno poste a carico del Ministero soccombente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto
impugnato e decidendo nel merito condanna il Ministero
della Giustizia al pagamento, in favore di ciascun
ricorrente e a titolo di equa riparazione ex legge n.
89/2001, della somma di euro 2.060, con interessi dalla
domanda al saldo. Condanna il Ministero al pagamento
delle spese del giudizio di merito liquidate in
complessivi 1.190 euro, di cui 100 per spese, 600 per
diritti e 490 per onorari, e del giudizio di cassazione
liquidate in euro 550, oltre oneri e accessori di legge
e oltre 200 euro per esborsi con distrazione a favore
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accertamenti istruttori, applicando il parametro
dell’avv.
Ferdinando Emilio Abbate dichiaratosi
antistatario.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
14 novembre 2012.