Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13990 del 04/06/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 13990 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BISOGNI GIACINTO

Ud. 14/11/12
Motivazione
semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Giuseppe Paolone, Maria Di Nuzzo, Rodolfo Lucignano,
via Andrea Doria 48, c/o

elett.te dom.ti in Roma,

studio dell’avv.to Ferdinando Emilio Abbate (p.e.c.:
ferdinandoemilioabbate@pec.ordineavvocativiterbo.it fax
0690285591), che li rappresenta e difende per delega a
margine del ricorso;

– ricorrenti contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro

819,G
2012

tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura

generale dello Stato e domiciliato presso i suoi uffici
in Roma, via dei Portoghesi 12;

1

Data pubblicazione: 04/06/2013

- controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia
emesso in data 16 maggio 2011 e depositato il 8 agosto
2011 ! R.G. n. 687/10;

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Generale Dott. Immacolata Zeno che ha concluso per la
sospensione del giudizio o in subordine l’accoglimento
del ricorso;
rilevato che la Corte ha deliberato di adottare la
motivazione semplificata della decisione;

Rilevato che:
l. Con ricorso del 13 maggio 2010 Giuseppe Paolone,
Maria Di Nuzzo e Rodolfo Lucignano hanno chiesto
alla Corte di appello di Perugia la condanna del
Ministero della Giustizia al risarcimento del
danno ex legge n.89/2001 subìto per la durata
eccessiva e non ragionevole del giudizio di equa
riparazione ex legge n. 89/2001 svoltosi dal
luglio 2005 al dicembre 2009.
2. Si

è

il

costituito

Ministero

eccependo

l’inammissibilità e infondatezza del ricorso.
3.

La Corte di appello di Perugia ha dichiarato
inammissibile il ricorso ritenendo che i giudizi
promossi ai sensi della legge n. 89/2001 non
possono fondare una richiesta di indennizzo ai

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2

sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

sensi della stessa legge.
4. Ricorrono per cassazione Giuseppe Paolone, Maria
Di Nuzzo, Rodolfo Lucignano affidandosi ad un
unico motivo di impugnazione con il quale
deducono la violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 2 della legge n. 89/2001 e degli

111 della Costituzione. Secondo i ricorrenti, a
differenza di quanto ritenuto dalla Corte di
appello, è proponibile e ammissibile la domanda
di equa riparazione, ritualmente promossa ex
legge n. 89/2001 con la quale la parte lamenta
l’irragionevole

durata

di

un

precedente

procedimento, già introdotto ai sensi della
medesima legge.
5. Si difende con controricorso il Ministero della
Giustizia.
Ritenuto che
6. Il ricorso è fondato. La giurisprudenza di questa
Corte ritiene unanimamente l’ammissibilità della
domanda di equa riparazione ex legge n. 89/2001
relativa a un processo instaurato anch’esso ai
sensi della c.d. legge Pinto per l’irragionevole
durata di un altro processo atteso che il
giudizio di equa riparazione, che si svolge
presso le Corti d’appello ed eventualmente, in
sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è
un ordinario processo di cognizione, soggetto, in
quanto tale, alla esigenza di una definizione in

articoli 6, 13 e 41 C.E.D.U. nonché dell’articolo

tempi ragionevoli, esigenza, questa, tanto più
pressante per tale tipologia di giudizi, in
quanto finalizzati proprio all’accertamento della
violazione di un diritto fondamentale nel
giudizio presupposto, la cui lesione genera di
per sè una condizione di sofferenza e un patema

anche per i procedimenti ex lege n. 89 del 2001.
La stessa giurisprudenza precisa che “ai fini
della determinazione della durata ragionevole di
un processo instaurato ai sensi della legge
Pinto, al fine di ottenere l’indennizzo previsto
dalla legge 24 marzo 2001 n. 89 per
l’irragionevole durata di un altro processo, la
durata complessiva dei due gradi di giudizio (in
corte di appello e in cassazione) dev’essere
ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di
due anni (nel quale è incluso quello di sessanta
giorni previsto per la proposizione del ricorso
per cassazione). Il suddetto termine è
compatibile con le indicazioni della Corte
europea dei diritti dell’uomo e risponde sia alla
natura meramente sollecitatoria del termine di
quattro mesi di cui all’art. 3, comma sesto,
della legge n. 89 del 2001, sia alla durata
ragionevole del giudizio di cassazione che, anche
in un procedimento di equa riparazione, non è
suscettibile di compressione oltre il limite di
un anno (cfr.

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Cass. Civ. VI-1 sezione, n. 5924

4

d’animo che sarebbe eccentrico non riconoscere

de/ 13 aprile 2012 e n. 8283 del 24 maggio 2012).
7. Il ricorso va pertanto accolto e la causa decisa
nel merito, stante la non necessità di ulteriori
accertamenti istruttori, applicando il parametro
sopra citato quanto alla durata del giudizio e
quello di 750 euro di indennità annua per i primi

specie, un indennizzo di 1.750 euro e al
pagamento di tale somma, in favore di ciascun
ricorrente, va condannato il Ministero della
Giustizia.
8.

Le spese del giudizio di merito e di cassazione
vanno poste a carico del Ministero soccombente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto

impugnato e decidendo nel merito condanna il Ministero
della Giustizia al pagamento, in favore di ciascun
ricorrente e a titolo di equa riparazione ex legge n.
89/2001, della somma di 1.750 euro, con interessi dalla
domanda al saldo. Condanna il Ministero al pagamento
delle spese del giudizio di merito liquidate in
complessivi 815 euro, di cui 100 per spese, 315 per
diritti e 400 per onorari, e del giudizio di cassazione
liquidate in euro 550, oltre oneri e accessori di legge
e oltre 200 euro per esborsi con distrazione a favore
dell’avv. Ferdinando Emilio Abbate dichiaratosi
antistatario.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
14 novembre 2012.

tre anni di durata eccessiva. Ne deriva, nella

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