Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1399 del 21/01/2011

Cassazione civile sez. III, 21/01/2011, (ud. 24/11/2010, dep. 21/01/2011), n.1399

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18799/2006 proposto da:

PARCO DE’ MEDICI DI AMBROSIO ANTONIO & C. S.A.S. (OMISSIS)

in

persona del socio accomandatario p.t. Sig. A.A.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDRO 52, presso lo studio

dell’avvocato RICCIO ANDREA, rappresentata e difesa dall’avvocato

VISONE Domenico giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.G.C. (OMISSIS), D.G.P.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIULIO

CESARE CORDARA 36, presso lo studio dell’avvocato MENNELLA MONICA,

rappresentati e difesi dall’avvocato CIANCI Stefano giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

D.G.G. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 759/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Sezione Terza Civile, emessa il 10/3/2006, depositata il 28/03/2006,

R.G.N. 2002/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

24/11/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito l’Avvocato DOMENICO VISONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 27.4.05 la s.a.s. Parco dè Medici di Iervolino Aniello & C. ha gravato d’appello la sentenza del Tribunale di Nola che aveva dichiarato la risoluzione per suo inadempimento del contratto di locazione stipulato con D.G.P., D. G.C. e D.G.G. relativamente ad un complesso immobiliare sito in (OMISSIS) e l’aveva condannata al pagamento della somma di Euro 204.000,47 per canoni scaduti e non pagati dal 1998 al luglio 2004, con gli interessi legali dalle singole scadenze al saldo, rigettando altresì le domande riconvenzionali da essa spiegate.

Si costituivano i soli D.G.P. e C., contestando la fondatezza del gravame e chiedendone il rigetto: con sentenza depositata il 28.3.06 la Corte d’appello di Napoli rigettava l’impugnazione.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la soc. Parco dè Medici, con due motivi, mentre D.G.P. e C. hanno resistito con controricorso.

La ricorrente ha depositato in atti anche una memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1803 c.c., e segg., art. 2702 c.c., e segg., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto come non perfezionatosi il contratto di comodato intercorso tra I.A., I.R. e S.G., da un lato, e la s.a.s. Parco dè Medici di Nunziata Giuseppe & C, dall’altro.

A conclusione dell’illustrazione del motivo risulta formulato il seguente quesito di diritto: “dica l’Ecc.ma Corte che nell’ipotesi in cui venga esibita in giudizio una scrittura avente ad oggetto un comodato di immobile da parte di un soggetto il quale ancorchè non l’abbia sottoscritta abbia interesse all’esecuzione del contratto risulta dimostrata la conclusione di un valido contratto di comodato e allorchè sia titolare una persona giuridica la predetta attività risulta valida ed efficace ancorchè effettuata dal legale rappresentante successivamente intervenuto”.

Con il secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 2721 c.c., e segg., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, non avendo la Corte di merito correttamente e specificamente indicato il procedimento logico per pervenire alla dichiarazione d’inammissibilità dei richiesti mezzi istruttori.

A conclusione dell’illustrazione del motivo risulta formulato il seguente quesito di diritto: “codesta Ecc.ma Corte dica che risulta ammissibile l’interrogatorio formale e comunque la prova per testi relativi a circostanze aventi natura e contenuti diretti esclusivamente all’accertamento di circostanze di fatto ricostruttive dei rapporti tra le parti”.

Il ricorso va dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., commi 1 e 2.

Va rilevato preliminarmente che entrambi i motivi del ricorso hanno introdotto in causa doglianze che si riportano sia alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, che ai vizi di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Per quanto riguarda le prime, questa S.C. ha sostenuto correttamente che il ricorrente debba necessariamente formulare il richiesto quesito di diritto enunciando un principio che sia diverso da quello posto a fondamento della decisione impugnata e, perciò, tale da implicare un ribaltamento di quest’ultima, in modo che la pronuncia del giudice di legittimità resti circoscritta nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito stesso (S.U. sent. n. 23732 del 16.11.2007).

Ma il quesito deve ritenersi inconferente allorchè la risposta ad esso, ancorchè positiva per l’istante, risulta comunque priva di rilevanza nel caso di specie, in quanto inidonea a risolvere la questione decisa con la sentenza impugnata.

Proprio perchè la risposta possa risolvere la questione, il quesito deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice; e) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Sez. 3^ ord. n. 19769 del 17.7.2008).

In altri termini, il quesito di diritto deve essere formulato in modo tale da consentire di comprendere dalla sua sola lettura l’errore di diritto asseritamene compiuto dal giudice di merito.

Ciò premesso, si rileva che entrambi i quesiti di diritto con cui si concludono le censure formulate ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, non permettono una risposta idonea a risolvere la questione decisa con la sentenza gravata, mancando nei quesiti in oggetto, quanto meno, ogni riferimento sia agli elementi di fatto valutati dal giudice di merito che soprattutto alla regola di diritto applicata da quest’ultimo; ciò che non consente al giudice di legittimità di comprendere dalla loro lettura gli errori di diritto denunciati e di procedere, quindi, ad una scelta pienamente consapevole tra accoglimento o rigetto dei quesiti medesimi.

Per quanto riguarda, invece, le censure aventi ad oggetto i vizi di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, manca del tutto in esse quel momento di sintesi (analogo al quesito di diritto), richiesto dall’art. 366 bis c.p.c., comma 2, che contenga la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per cui la dedotta insufficienza della motivazione la renderebbe inidonea a giustificare la decisione.

La dichiarazione d’inammissibilità del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento in favore di D.G.P. e D.G.C. delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione in favore di D.G.P. e D.G. C. delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano – per ciascuno di essi – in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2011

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