Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13988 del 06/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 06/06/2017, (ud. 24/01/2017, dep.06/06/2017),  n. 13988

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21657/2014 proposto da:

T.F., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA G. AVEZZANA 2, presso lo studio dell’avvocato SERAPIO

DEROMA, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CASSA EDILE DELLA PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA P.I. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA 29, presso lo studio

dell’avvocato GIORGIO PIRANI, rappresentata e difesa dagli avvocati

ANGELA CURATOLA, MARCO CURATOLA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 872/2014 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 30/05/2014 R.G.N. 258/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/01/2017 dal Consigliere Dott. LAURA CURCIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato LA VALLI GIUSEPPE per delega verbale Avvocato

SERAPIO DE ROMA;

udito l’Avvocato MARCO AURELIO CURATOLA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1) La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha accolto parzialmente l’appello principale promosso dalla Cassa Edile della Prov. di Calabria e respinto l’appello incidentale di T.F., dirigente della Cassa, avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto la domanda del T. condannando la Cassa al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e dell’indennità supplementare, previa declaratoria di illegittimità del recesso disposto dalla datrice di lavoro, qualificato dalla Cassa stessa come licenziamento.

2) La corte territoriale ha poi accolto quasi totalmente la domanda riconvenzionale della Cassa, condannando il dirigente al pagamento in favore di quest’ultima della somma di 35.794.00 Euro a titolo di somme percepite indebitamente, solo respingendo la richiesta di condanna ad ulteriore somma di 4.388,00 per somme percepite indebitamente dal T., a dire della datrice di lavoro.

3)E’ stato poi accolto il motivo di gravame della Cassa secondo cui non era consentito al dipendente, oramai 65 enne, di avvalersi dell’opzione prevista dal D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 16, di restare in servizio sino al compimento del 67^ anno di età, essendo detta norma applicabile soltanto ai dipendenti dello Stato e degli enti pubblici non economici ed è stato. quindi ritenuta la legittimità del recesso, con riconoscimento dell’indennità sostitutiva del preavviso. Secondo la Corte lo stesso ccnl dirigenti aziende industriali, applicato dalla datrice di lavoro, prevede quale ipotesi di recesso datoriale il raggiungimento dell’età pensionabile per gli uomini a 65 anni (art. 22) e comunque la corresponsione anche in tale caso dell’indennità sostitutiva del preavviso (art. 23), così escludendosi una nullità della risoluzione.

4) Ha però escluso la Corte che potesse incidere sulla decorrenza del preavviso la malattia verificatasi per circa 90 giorni, ciò in ragione della natura obbligatoria e non reale del preavviso stesso, come da oramai consolidata giurisprudenza della cassazione.

5) La sentenza ha quindi affermato la legittimità della risoluzione del rapporto comunicata all’appellato, solo respingendo l’ulteriore motivo di gravame della cassa relativo al mancato riconoscimento della restituzione della somma di Euro 4.388,85 e respingendo altresì l’appello incidentale del T. con cui lamentava che non fossero state riconosciute come anticipazioni di TFR somme erogate nel 2004 e nel 2007 per l’importo di Euro 35.000 e di Euro 36.540,65.

6) Ha proposto ricorso per cassazione il T., affidato a quattro motivi. Ha resistito la Cassa con controricorso, seguita dal deposito di memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

7) Con il primo motivo di ricorso il T. lamenta la violazione degli artt. 429, 161 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sostenendo la nullità della sentenza perchè il dispositivo letto in udienza non recherebbe l’indicazione e poi la firma del consigliere relatore che invece è presente nella sentenza. Il motivo è infondato. Il dispositivo letto in udienza pubblica reca solo l’indicazione dei giudici del collegio e quindi la firma del solo presidente, come prescritto dall’art. 276 c.p.c., u.c.;

la sentenza viene poi sottoscritta anche dal consigliere estensore, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 3. Tali regole generali vengono applicate anche al processo del lavoro, non essendo stato previsto diversamente per tale rito differenziato.

8) Con il secondo motivo il T. lamenta la violazione dell’art. 22 del CCNL dei dirigenti imprese industriali in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, per avere errato la corte calabrese nel ritenere sussumibile nella fattispecie di cui al citato articolo il recesso operato dalla Cassa. Secondo il ricorrente il ccnl dei dirigenti industria non prevederebbe espressamente, quale fattore estintivo del rapporto di lavoro, il raggiungimento dei requisiti contributivi o anagrafici, limitandosi a precisare che le procedure poste a carico del datore di lavoro nelle ipotesi di risoluzione, così come disciplinate nel citato art. 22, non vengono applicate allorquando il dirigente abbia compiuto il 65^ anno di età, fatto salvo l’obbligo di motivazione di cui al comma 1.

Pertanto pur ammettendosi che l’art. 22 contenga una clausola automatica di risoluzione del rapporto, la stessa sarebbe nulla, non potendo determinare di per sè la cessazione del rapporto, come da constante orientamento della cassazione.

9) Il motivo è infondato. Premesso che in tema di interpretazione dei contratti l’accertamento della volontà delle parti in relazione alle disposizioni contrattuali fatta dal giudice di merito può essere sindacata solo con riguardo alla violazione dei canoni interpretativi di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., la Corte territoriale ha correttamente interpretato il disposto di cui al comma 6 dell’art. 22 del ccnl del settore che regola la risoluzione del rapporto di lavoro del dirigente e che stabilisce che “le disposizioni del presente articolo, salva la comunicazione per iscritto di cui al comma 1, non si applicano in caso di risoluzione del rapporto di lavoro nei confronti del dirigente che sia in possesso dei requisiti di legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia o che abbia comunque superato il 65^° anno di età (60^ se donna). Il T. pacificamente rientrava in tale seconda categoria.

La norma infatti obbliga il datore di lavoro al rispetto della forma scritta per comunicare il recesso, ma non lo obbligata a comunicare contestualmente la motivazione del recesso, regola prevista dal comma 2 del citato art. 22 (“Nel caso di risoluzione ad iniziativa dell’azienda, quest’ultima è tenuta a specificarne contestualmente la motivazione).

10) Come ritenuto da questa Corte in fattispecie analoga (crf. Cass. n. 7899/2015), questo non significa che il licenziamento deve ritenersi comunque giustificato, ma che il motivo deve pur sempre sussistere. Ciò nel rispetto dei principi generali di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 1, sul lavoro privato per il quale, a differenza di quanto previsto per il lavoro pubblico “contrattualizzato” disciplinato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, è esclusa una risoluzione automatica del rapporto al raggiungimento di una determinata età o in caso di possesso di requisiti pensionistici, senza obbligo di preavviso e di erogazione di corrispondente indennità di preavviso, stante la tipicità e tassatività delle cause di estinzione del rapporto (così Cass. 7899/15 cit., Cass. n. 10713/2002).

13) Nel caso in esame si tratta quindi di un rapporto dirigenziale che si svolge in ambito di libera recedibilità ai sensi dell’art. 2118 c.c., quindi con recesso che deve essere preceduto dal preavviso e giustificato nei limiti riconosciuti dall’ordinamento, oltre che dalla contrattazione collettiva del settore (Cass. n. 26232/2009). Ma si tratta altresì di un licenziamento adottato nei confronti di un soggetto che ha superato il 65^ anno di età (circostanza non contestata in causa) o in possesso dei requisiti di legge per godere della pensione di vecchiaia, soggetti per i quali in alcun modo è pertanto richiesta una diversa e aggiuntiva ragione obiettiva a sostegno del recesso datoriale.

14) La Corte territoriale ha peraltro confermato la sentenza di primo grado in punto di accertamento del diritto del T. di percepire l’indennità sostitutiva del preavviso, al pagamento della quale la Cassa era stata condannata.

15)Con il terzo motivo di ricorso il T. lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2118 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la Corte, sul presupposto della natura obbligatoria e non reale del preavviso, considerato i periodi di malattia per assenze discontinue ai fini della decorrenza dell’esatto periodo di preavviso. Il ricorrente sembra sostenere che sebbene vi sia un orientamento recente di questa corte che, contrariamente a quello espresso da Cass. n. 17324/2004, ha affermato tale efficacia obbligatoria, la sospensione della decorrenza del termine si sarebbe comunque verificata in presenza di assenze non continuative, protrattesi per complessivi 90 giorni, come evincibile dalle certificazioni mediche, scadendo il termine il 12.04.2008.

16) Anche questo motivo è infondato. Ed infatti l’orientamento più recente di questa corte è nel senso di ritenere la natura obbligatoria del preavviso; ciò significa che qualora il datore di lavoro eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto cessa, restando la sola obbligazione della corresponsione dell’indennità sostitutiva e senza che da tale momento possano avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno che la parte recedente, nell’esercizio di un suo diritto potestativo, acconsenta, avendone interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo, protraendone l’efficacia sino al termine del periodo di preavviso (cfr. Cass. 22443 del 04/11/2010).

17) Nel caso in esame il periodo di preavviso non è stato lavorato, perchè il licenziamento ha avuto effetto solo dopo il compimento del 65^ anno di età e dunque alla data del 14.1.2008, sebbene comunicato dalla Cassa il 13 luglio 2007. Alla scadenza di tale data il T. non ha più lavorato, avendo la datrice di lavoro in realtà esercitato la facoltà di recedere con effetto immediato. Ciò ha comportato l’unico effetto dell’obbligo del pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso, senza che questa comportasse alcun effetto indiretto, neanche nella base di calcolo su altri istituti (Cass. n. 21216/2009), tantomeno potendo posticipare la scadenza del termine e quindi il periodo del preavviso, conteggiando i giorni corrispondenti a quelli di malattia.

18) Con il quarto motivo di ricorso il T. lamenta la violazione art. 360, comma 1, n. 5, per omesso esame da parte della Corte territoriale delle argomentazioni difensive spiegate con l’appello incidentale sulla domanda riconvenzionale, relativamente alle somme riconosciute come dovute in restituzione dal T.. Secondo il ricorrente la Corte avrebbe errato, al pari del primo giudice, nel configurare come indebita la percezione di Euro 35000,00, da parte del T., così che vi sarebbe stata un’errata detrazione di tale importo dal complessivo ammontare delle somme anticipate dalla Cassa e non recuperate dalla stessa in corso di rapporto, quindi richieste in via riconvenzionale ed erroneamente riconosciute sia dal primo giudice che dalla Corte.

19) Il motivo inammissibile non potendosi ravvisare alcune omesso esame di fatto decisivo in violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La Corte d’appello ha offerto adeguata motivazione del perchè il T. avesse percepito non solo la somma di Euro 35000,00 complessivamente per anticipazioni di TFR in due soluzioni, una nel 2Q04 e l’altra nel 2005, ma poi anche altra anticipazione di Euro 36.540,65, somma incassata in aggiunta nel 2007, sempre a titolo di TFR. Non ha dunque omesso la corte la valutazione di alcun fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

20) Il ricorrente, per contro, non ha chiaramente specificato il fatto controverso e le conseguenti ragioni della sua decisività e senza prendere in considerazione la argomentata motivazione fornita sul punto dalla corte territoriale, si è limito a dedurre che i 35.000.000 Euro percepiti nel 2004 e nel 2005 erano anticipazioni di TFR e che,come tali, non avrebbero dovuto essere incluse nel computo delle somme percepite in corso di rapporto, oltre la retribuzione.

21) Il ricorso non merita,pertanto, accoglimento.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 3, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13 , comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2017

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