Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13987 del 04/06/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 13987 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BISOGNI GIACINTO

Ud. 14/11/12
Motivazione
semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Maria Cristina Iaccarino, Gabriella Iacoponi, Giovanna
Spisso, elett.te dom.ti in Roma, via Andrea Doria 48,
c/o studio dell’avv.to Ferdinando Emilio Abbate, che li
rappresenta e difende per delega a margine del
ricorso(comunicazioni richieste ai seguenti recapiti:
ferdinandoemilioabbate@pec.ordineavvocativiterbo.it fax
0690285591);

– ricorrenti contro
Ministero della Giustizia;

cRi(V5
2012

-lintimatol-

1

Data pubblicazione: 04/06/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia
emesso in data 16 maggio 2011 e depositato il 5 agosto

INma
2011, R.G. n. 694/10; 52-4L I
goott.ACRsca. ole_a f
sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Immacolata Zeno che ha concluso per la

del ricorso;
rilevato che la Corte ha deliberato di adottare la
motivazione semplificata della decisione;

Rilevato che:
1. Con ricorso del 2010 Maria Cristina Iaccarino,
Gabriella Iacoponi, Giovanna Spisso hanno chiesto
alla Corte di appello di Perugia la condanna del
Ministero della Giustizia al risarcimento del
danno ex legge n.89/2001 subito per la durata
eccessiva e non ragionevole del giudizio di equa
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riparazione ex legge n. 89/2001 svoltosi dal 2005
al 2009.
Si è costituito il Ministero eccependo
l’inammissibilità e infondatezza del ricorso.
3.

La Corte di appello di Perugia ha dichiarato
inammissibile il ricorso ritenendo che i giudizi
promossi ai sensi della legge n. 89/2001 non
possono fondare una richiesta di indennizzo ai

sensi della stessa legge.
4. Ricorrono

per

cassazione

Maria

Cristina

Iaccarino, Gabriella Iacoponi, Giovanna Spisso

sospensione del giudizio o in subordine l’accoglimento

affidandosi ad un unico motivo di impugnazione
con il quale deducono la violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 2 della legge n. 89/2001 e
degli articoli 6, 13 e 41 C.E.D.U. nonché
dell’articolo 111 della Costituzione. Secondo i
ricorrenti, a differenza di quanto ritenuto dalla

domanda di equa riparazione, ritualmente promossa
ex legge n. 89/2001 con la quale la parte lamenta
l’irragionevole durata di un precedente
procedimento, già introdotto ai sensi della
medesima legge.
5. Si difende con controricorso il Ministero della
Giustizia.
Ritenuto che
6. Il ricorso è fondato. La giurisprudenza di questa
Corte ritiene unanimemente l’ammissibilità della
domanda di equa riparazione ex legge n. 89/2001
relativa a un processo instaurato anch’esso ai
sensi della c.d. legge Pinto per l’irragionevole
durata di un altro processo atteso che il
giudizio di equa riparazione, che si svolge
presso le Corti d’appello ed eventualmente, in
sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è
un ordinario processo di cognizione, soggetto, in
quanto tale, alla esigenza di una definizione in
tempi ragionevoli, esigenza, questa, tanto più
pressante per tale tipologia di giudizi, in
quanto finalizzati proprio all’accertamento della

A?-J

3

Corte di appello, è proponibile e ammissibile la

violazione di un diritto fondamentale nel
giudizio presupposto, la cui lesione genera di
per sè una condizione di sofferenza e un patema
d’animo che sarebbe eccentrico non riconoscere
anche per i procedimenti ex lege n. 89 del 2001.
La stessa giurisprudenza precisa che “ai fini

un processo instaurato ai sensi della legge
Pinto, al fine di ottenere l’indennizzo previsto
dalla legge 24 marzo 2001 n. 89 per
l’irragionevole durata di un altro processo, la
durata complessiva dei due gradi di giudizio (in
corte di appello e in cassazione) dev’essere
ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di
due anni (nel quale è incluso quello di sessanta
giorni previsto per la proposizione del ricorso
per cassazione). Il suddetto termine è
compatibile con le indicazioni della Corte
europea dei diritti dell’uomo e risponde sia alla
natura meramente sollecitatoria del termine di
quattro mesi di cui all’art. 3, comma sesto,
della legge n. 89 del 2001, sia alla durata
ragionevole del giudizio di cassazione che, anche
in un procedimento di equa riparazione, non è
suscettibile di compressione oltre il limite di
un anno (cfr.

Cass.

Civ.

V1-1 sezione, n. 5924

del 13 aprile 2012 e n. 8283 del 24 maggio 2012).
7. Il ricorso va pertanto accolto e la causa decisa
nel merito, stante la non necessità di ulteriori

4

della determinazione della durata ragionevole di

accertamenti istruttori, applicando il parametro
sopra citato quanto alla durata del giudizio e
quello di 750 euro di indennità annua per i primi
tre anni di durata eccessiva. Ne deriva nella
specie un indennizzo di 1.875 euro e al pagamento
di tale somma, in favore di ciascun ricorrente,

8. Le spese del giudizio di merito e di cassazione
vanno poste a carico del Ministero soccombente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto
impugnato e decidendo nel merito condanna il Ministero
della Giustizia al pagamento, in favore di ciascun
ricorrente e a titolo di equa riparazione ex legge n.
89/2001, della somma di euro 1.875 con interessi dalla
domanda al saldo. Condanna il Ministero al pagamento
delle spese del giudizio di merito liquidate in
complessivi 1.190 euro, di cui 100 per spese, 600 per
diritti e 490 per onorari, e del giudizio di cassazione
liquidate in euro 550, oltre oneri e accessori di legge
e oltre 200 euro per esborsi con distrazione a favore
dell’avv. Ferdinando Emilio Abbate dichiaratosi
antistatario.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
14 novembre 2012.

va condannato il Ministero della Giustizia.

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