Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13978 del 07/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/07/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 07/07/2020), n.13978

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23854-2018 proposto da:

D.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALADIER

53, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO ALLEGRA, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMO NAVACH;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati

CLEMENTINA PULLI, LUIGI CALIULO, NICOLA VALENTE, MANUELA MASSA,

EMANUELA CAPANNOLO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 312/2018 del TRIBUNALE di TRANI, depositata il

12/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott.

MARGHERITA MARIA LEONE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Il Tribunale di Trani, in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., con la sentenza n. 312/2018 aveva dichiarato il diritto di D.P. all’assegno ordinario di invalidità con decorrenza dal 23.5.2014 con condanna dell’Inps al pagamento dei ratei e delle spese di giudizio liquidate e distratte in complessivi Euro 2.100,00. Avverso tale statuizione, solo con riguardo alle spese di lite, la predetta ricorrente proponeva ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo cui resisteva con controricorso l’Inps.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con un solo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto quali il D.M. n. 55 del 2014, artt. 2,4 e 19, con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Rilevava il ricorrente che la assenza di motivazione sulla liquidazione delle spese non aveva consentito di comprendere quali fossero i parametri di riferimento utilizzati per la determinazione delle stesse. Rilevava comunque la incongruità della somma liquidata rispetto al valore della controversia, indicando in complessivi Euro 7.360,00 l’importo invece dovuto per le due fasi del giudizio.

Il motivo risulta fondato. Si osserva che, ai fini della individuazione degli scaglioni applicabili in ragione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali deve applicarsi il criterio previsto dall’art. 13 c.p.c., comma 1, di talchè, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni (Cass. S.U. n. 10455 del 2015). Applicando tali principi al caso in esame, il valore della causa va individuato tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l’ammontare di due annualità della prestazione richiesta, ed i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva e quattro per la causa di merito, vanno individuati in 911,00 per la fase di istruzione preventiva (risultanti dalla somma di Euro 270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4), e, trattandosi di causa inquadrabile nella tab. 4 (cause di previdenza), in Euro 2.251,00 per il giudizio di merito (risultanti dalla somma di Euro 442,50 per la fase di studio, Euro 370,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 475,50 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed Euro 962,00 per la fase decisionale, dovendosi ridurre le prime due e la fase decisionale del 50% e la fase istruttoria del 70%, ancora ai sensi del cit. D.M. n. 55 del 2014, art. 4).

Con riguardo alla fase istruttoria e/o di trattazione, la riduzione va operata sottraendo il 70% all’importo del parametro medio, dovendo così interpretarsi il disposto del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, che testualmente prevede una riduzione “fino al 70 per cento” dell’importo liquidato per tale fase. Avuto riguardo all’importo dianzi delineato, balza evidente come la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnata sentenza sia inferiore a detti minimi, nè risulta alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal citato D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali.

Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata per quanto di ragione e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito liquidando le spese in complessivi Euro 3.162,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Le spese del giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in Euro 3.162,00 per compensi professionali oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge con distrazione al procuratore antistatario. Condanna il controricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 1.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2020

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